A colloquio con il figlio e la nipote del beato Carlo d’Asburgo Lorena. Episodi inediti e ricordi commoventi.

IMPERATORE E PADRE

PER I SUOI SUDDITI

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DI Renzo Allegri - Foto di Nicola Allegri

Il primo di aprile di 87 anni fa moriva Carlo d’Asburgo Lorena, ultimo imperatore d’Austria proclamato beato nell’ottobre del 2004. Alla morte aveva soltanto 34 anni ed era in esilio a Madeira, cacciato dal trono dalle nuove forze politiche che si erano rafforzate nel Paese dopo la prima guerra mondiale e che si opponevano a Carlo perché cattolico osservante e rappresentante di quell’antico Sacro romano impero che difendeva la Chiesa.

Il 2 aprile, invece,  ricorre il quarto anniversario della morte di un altro grande, grandissimo uomo: Carlo Wojtyla e cioè Papa Giovanni Paolo II.

In due giorni si ricordano gli anniversari di un imperatore già beato e di un Papa, che dovrebbe essere proclamato beato a breve. Austriaco il primo, polacco il secondo. Due eccezionali protagonisti della storia del secolo Ventesimo. Due persone che non si sono mai conosciute su questa terra, ma che erano legate dalla fede cristiana, dalla pratica eroica  delle virtù evangeliche nella vita quotidiana e anche da un sottile e misterioso dettaglio affettivo: avevano avuto al battesimo lo stesso nome, Carlo.

In genere, nei libri biografici di Papa Giovanni Paolo II non si trova alcun cenno a questo dettaglio. Dai registri parrocchiali si sa che venne battezzato con due nomi: Karol Jozef (Carlo Giuseppe). Tutti i biografi hanno sempre scritto che il primo nome ricordava il padre del futuro Papa, che si chiamava appunto Karol (Carlo), mentre il secondo, Jozef,  gli era stato dato in omaggio al generale Pilsudski, l’eroe fondatore della Repubblica Polacca.

Ma recentemente su questo argomento ho raccolto una testimonianza nuova e inedita. Uno dei tre figli viventi dell’Imperatore Carlo I Suoi altezza imperiale reale Arciduca Rodolfo, mi ha raccontato che lo stesso Giovanni Paolo II gli raccontò perché al battesimo fu chiamato Carlo. <<Fu durante un’udienza privata che Papa Wojtyla concesse alla mia famiglia>>, mi ha raccontato l’Arciduca Rodolfo. <<C’erano i miei figli, con le loro famiglie e c’era anche mia madre, l’Imperatrice Zita. Il Papa ci accolse con grande cordialità. Parlò con grande entusiasmo di mio padre, l’imperatore Carlo. E rivolgendosi a mia madre, la chiamava “la mia Imperatrice” e ogni volta che ne pronunciava il nome si inchinava verso di lei. Ad un certo momento disse: “Sapete perché al battesimo io fui chiamato Carlo? Proprio perché mio padre aveva una grande ammirazione per l’Imperatore Carlo I, di cui era stato un soldato>>.

Testimonianza molto significativa che spiega la costante ammirazione manifestata sempre da Giovanni Paolo II per l’Imperatore austriaco. Aveva imparato a conoscerlo dal proprio genitore, Karol Wojtyla senior, che era stato sottufficiale del 56° reggimento di fanteria dell’esercito austroungarico, quindi soldato dell’Imperatore Carlo I°. Fin da allora, Karol Wojtyla senior aveva intuito la grandezza morale e spirituale del suo imperatore e se ne era  entusiasmato al punto da dare al proprio figlio quel nome. E, mano a mano che il  figlio cresceva, gli trasmetteva la vera storia di quell’imperatore, confutando le dicerie e le calunnie diffuse da coloro che lo avevano cacciato dal trono. Così, anche il futuro Papa imparò ad apprezzare il giovane e sfortunato imperatore austriaco,  vedendo in lui una rara e fulgida figura di sovrano giusto e leale, generoso e amorevole, pronto a qualsiasi sacrificio personale per il bene del popolo.  Per questo, da Papa, ne sostenne apertamente e con entusiasmo il processo di beatificazione e quando potè celebrare la solenne cerimonia lo fece con gioia, indicando il sovrano austriaco come modello per tutti gli uomini politici.

Quando, nel 2004, venne diffusa la notizia che l’Imperatore Carlo I° d’Austria sarebbe stato beatificato, molti, anche in ambito cattolico, si meravigliarono. Trovavano strano che un imperatore, cioè un uomo appartenente  al mondo  dei nobili, dei ricchi, dei potenti della terra potesse diventare santo. I giornali ricordarono figure del passato: Re Stefano d’Ungheria, Sant’Agnese di Praga, Sant’Elisabetta d’Ungheria, Sant’Enrico II imperatore,  Santa Brigida di Svezia, San Luigi IX re di Francia, San Ferdinando re del Portogallo eccetera,  sottolineando, però, che si trattava di “regnanti” vissuti in tempi molto lontani, quando i processi di beatificazione non erano rigorosi come lo sono ora, mentre  Carlo I d’Austria era morto nel 1922, all’inizio del secolo scorso, meno di cento anni prima. Era un uomo giovane, intelligente, colto,  bello, marito di una principessa bellissima, Zita dei Borboni Parma, dalla quale aveva avuto otto figli. Per la mentalità moderna, sembrava impossibile che una persona del genere avesse esercitato  le virtù  evangeliche in maniera eroica  al punto da meritare la gloria degli altari.

Su di lui inoltre circolavano molti pregiudizi. Gli storici laici lo avevano sempre definito  “un debole e un incapace”.  Salito al trono nel 1916, quando era in pieno svolgimento la Prima guerra mondiale,  lo incolpavano di non essere stato capace di vincere la guerra. Per questo, dopo il conflitto era stato esiliato dal suo Paese.  Ma, poi, alla luce di una grande mole di documenti emersi al processo di beatificazione e di altri studi pubblicati dopo quel processo,  si è scoperto invece che l’imperatore  Carlo I fu  un politico lungimirante, che voleva il “bene vero” dei suoi sudditi, che aveva grandi idee d’avanguardia per l’Europa.

<<Sì, il processo di beatificazione ha molto contribuito a cambiare il giudizio che gli storici avevano sempre dato su mio padre>>, dice Sua Altezza Imperiale l’arciduca Rodolfo D’Austria. . <<Finalmente, molti studiosi hanno cominciato a mettere da parte i pregiudizi  derivanti dal fatto che mio padre era un  cattolico praticante, e hanno iniziato a valutarne obbiettivamente le idee politiche,  trovando che erano geniali.

<<Mio padre, proprio perché cristiano praticante,  quando salì al trono nel 1916, iniziò subito una frenetica attività diplomatica per fermare la guerra in corso>>, dice ancora l’arciduca Rodolfo. <<Condivideva in pieno le parole di Papa  Benedetto XV che aveva definito quella guerra “un’inutile strage”, e ricorse a tutti i mezzi per convincere gli altri regnanti a deporre le armi. Nel suo primo discorso da Imperatore dichiarò apertamente che il suo obiettivo era la pace dei popoli. Condannò e avversò l’uso delle nuove devastanti armi di allora in particolare i micidiali gas asfissianti.  Ma i suoi sforzi furono osteggiati da tutti. E al termine del conflitto, dovette pagare con l’esilio. Oggi per fortuna, molti gli rendono giustizia, riconoscendo che mio padre fu un illuminato pacifista, uno dei primi convinti sostenitori di una Grande  Europa Unita, basata non sui conflitti armati ma sulla cooperazione, sul rispetto delle minoranze, delle autonomie, delle culture e delle singole persone. Se fosse stato ascoltato, l’Europa unita sarebbe nata molto prima,  e certamente non ci sarebbero stati gli orrori della  terribile Seconda guerra mondiale. Ma, come ho detto, queste idee e iniziative, conseguenza di una cultura profondamente cristiana, erano lontane dalla mentalità degli altri  regnanti e delle lobby  massoniche sempre più potenti allora in politica>>.

Quali sono, secondo lei, gli insegnamenti più importanti che il Beato Carlo I imperatore d’Austria  potrebbe dare ai politici e ai governanti del nostro tempo?

<<Moltissimi. Ma soprattutto tre: il coraggio delle proprie idee e convinzioni, l’amore “vero” per il popolo e l’amore per la famiglia.

<<Mio padre fu un cristiano che professava con orgoglio la propria fede. Mai, in nessun momento della sua vita, si presentò al pubblico nascondendo o mascherando le proprie convinzioni religiose. Con l’investitura a Imperatore d’Austria e a Re di Ungheria, si sentiva “l’unto del Signore”, cioè la persona scelta da Dio con un compito specifico, la guida del suo popolo. Una vera “missione”, come lo era per i Re della Bibbia. Amava profondamente il suo popolo. Mia madre mi diceva che dopo l’incoronazione a re di Ungheria, aveva offerto la sua vita a Dio per il bene del suo popolo.

Per questo, quando fu esiliato,  non diede mai le dimissioni. Non poteva farlo: Dio gli aveva affidato quei popoli. E, in esilio, tra sofferenze fisiche e ristrettezze economiche, non si lamentava mai: offriva a Dio le sue sofferenze per il bene dei suoi sudditi.

<<Pur avendo impegni pubblici gravosi e pressanti, non trascurò mai la famiglia. Fu un marito e un padre affettuosissimo. Diceva che la famiglia è il bene più prezioso. Proprio dal suo grande amore  per la famiglia, nasceva il suo grande amore per i sudditi, che egli considerava come suoi familiari.

<<Anche se mio padre è scomparso da tanti anni, io avverto in continuazione la sua presenza. Sono convinto che è sempre vicino alla sua famiglia. Ci guida e ci protegge anche dal cielo. La mamma mi raccontava che, in vita,  papà, guardando i suoi figli piccoli, diceva che bisognava pregare ogni giorno per le loro future famiglie e quelle dei loro figli.  Sembrava intuisse la grave crisi che l’istituto della famiglia sta incontrando nel nostro tempo.  E quando vedo intorno a me i miei figli e i miei nipoti con le loro famiglie unite e  affiatate, penso a lui, a mio padre, alle preghiere che diceva per le famiglie future. E invito anch’io figli e nipoti a pregare ogni giorno per le future famiglie dei loro figli e nipoti.

<<Il coraggio della propria fede, l’amore per il popolo, l’amore per la famiglia, cellula fondamentale della società, sono i tre grandi insegnamenti che mio padre potrebbe dare non solo ai politici d’oggi, ma a tutti>>.

<<Oggi per fortuna, molti riconoscono che mio nonno fu un illuminato pacifista>>, dice l’arciduchessa Catharina, figlia dell’arciduca Rodolfo. <<E fu uno dei primi convinti sostenitori di una moderna Grande Europa Unita, basata non sui conflitti armati ma sulla cooperazione, sul rispetto delle minoranze, delle autonomie, delle culture e delle singole persone. Se fosse stato ascoltato, l’Europa unita sarebbe nata molto prima,  e certamente non ci sarebbero stati gli orrori della  terribile Seconda guerra mondiale>>.

Trentasei anni,  Laureata in Giurisprudenza e specializzata in Scienze politiche, Catharina d’Austria è autrice di vari saggi storici sui personaggi della propria famiglia e, naturalmente, anche lei grande appassionata della storia del suo illustre nonno.

L’arciduchessa Catharina, che vive spesso a Brescia, per aver sposato il conte Massimiliano Secco d’Aragona, cittadino bresciano, è promotrice di varie iniziative a favore della conoscenza vera dell’Imperatore Carlo I d’Austria. A Brescia ha patrocinato un centro culturale e religioso che ha lo scopo di far conoscere ed apprezzare la vita, l’opera e la santità del Beato Imperatore Carlo d’Austria.  Questo centro ha sede nella parrocchia di San Gottardo, dove si conservano alcune reliquie dell’Imperatore. Al movimento hanno aderito importanti personalità del mondo cattolico, uomini politici, professori universitari, vescovi e prelati illustri. In quel centro, gestito dal parroco monsignor Arnaldo Morandi, si tengono convegni, conferenze, dibattiti per approfondire la conoscenza della politica cristiana di Carlo I Imperatore.

<<Io sono la più piccola dei nipoti dell’Imperatore Carlo I>>, dice l’arciduchessa Catharina. <<Ho imparato a conoscerlo soprattutto attraverso i racconti di mia nonna, l’Imperatrice Zita dei Borboni Parma.  Passava molto tempo nella nostra casa a Bruxelles e io, essendo la più piccola, ero un po’ la sua coccola. Era religiosissima. Fu lei a insegnarmi il catechismo e a prepararmi per la Prima Comunione. Parlava sempre del nonno. Ne parlava con tale trasporto che era impossibile non rimanere affascinati.  E, dai suoi racconti, mi sono fatta l’idea che il nonno non fu un santo solo da adulto, da imperatore, ma da sempre, da ragazzo, da giovane, da fidanzato. Un grande santo.

<<Quando mio nonno morì, la nonna aveva 29 anni. Era giovane e bellissima, e molti volevano sposarla. Ma rifiutò tutte le proposte per essere fedele al nonno. Vestiva sempre di scuro perché, mi disse, alla morte del marito aveva fatto voto di non indossare mai più niente di colorato, che portasse un segno di gioia o di allegria. Quando parlava di lui si capiva che ne era sempre innamorata. La incontrai l’ultima volta pochi giorni prima che morisse. Aveva quasi 97 anni, ma era lucida e serena. Mi disse:  “E’ giunto il momento di partire. Non puoi immaginare che gioia: vado a trovare il tuo nonno. Non lo vedo da 67 anni”. I suoi occhi luccicavano di commozione come quelli di una ragazzina innamorata>>.

A Roma,  intanto, l’avvocato Andrea Ambrosi, postulatore della causa di beatificazione dell’imperatore Carlo I d’Austria, sta lavorando per l’ultima tappa del processo: la “canonizzazione”, cioè la proclamazione della santità.  Per raggiungere questo traguardo, la Chiesa  richiede l’approvazione di un nuovo miracolo, avvenuto dopo che il soggetto era stato proclamato beato. E questo miracolo per l’imperatore d’Austria Carlo I c’è già. Riguarda una signora americana, Tamara Staggs, di Orlando, in Florida.  Nel 2002 fu colpita da tumore maligno alla mammella. Fu operata e sottoposta a chemioterapia, ma nel 2004 il male si ripresentò più grave, con metastasi anche al fegato. Medicine e terapie risultarono inutili. La situazione precipitava. I medici dissero che all’ammalata restavano pochi mesi di vita.

I coniugi Melancon, amici della signora Tamara, ma amici anche della famiglia del beato Carlo, dalla quale avevano ricevuto in dono una reliquia, cominciarono a pregare l’imperatore per la guarigione della signora Tamara. La cosa sembrava un po’ “difficile” perchè la signora Tamara non era di religione cattolica, ma riuscirono egualmente a coinvolgerla nelle preghiere e, all’improvviso, arrivò la guarigione.

Il 19 gennaio 2005, una TAC evidenziava, in modo del tutto inatteso, la completa scomparsa delle metastasi epatiche. Successivi controlli, ripetuti periodicamente – l’ultimo nell’ottobre 2008 -  hanno dimostrato che del male non c’è più alcuna traccia.

A Orlando è già stato fatto il processo diocesano per questa guarigione con le deposizioni giurate di tutti i testimoni e dei medici. L’incartamento è già a Roma.  <<Sono trascorsi tre anni dalla guarigione, quindi va ritenuta inconfutabile>>, dice il postulatore  avvocato Ambrosi. <<Ho già fatto esaminare il caso anche a un famoso oncologo dell’Università “La Sapienza” di Roma, che lo ha ritenuto validissimo. Però, per avere la certezza assoluta, ho deciso di aspettare fino al 2010, cioè cinque anni dopo la guarigione. E sono certo che questo miracolo farà diventare presto Santo l’imperatore d’Austria>>.