LA POESIA DEL MESE

IL CERVO di Gabriele D'Annunzio

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a cura di Roberto Allegri

Mi ha sempre affascinato questa poesia di rara potenza composta dal poeta nel 1902, e in grado di evocare non solo immagini ma persino i profumi della foresta nebbiosa, colma del bramito del cervo maschio che rivendica il territorio e le femmine. Leggendola, si è là, nascosti tra i cespugli, a spiare ammirati l’incedere del “re del bosco”. R.A.

 

 

IL CERVO

di Gabriele D'Annunzio

Non odi cupi bramiti interrotti

di là dal Serchio? Il cervo d’unghia nera

si separa dal branco delle femmine

e si rinselva. Dormirà fra breve

nel letto verde, entro la macchia folta,

soffiando dalle crespe froge il fiato

violento che di mentastro odora.

Le vestigia ch’ei lascia hanno la forma,

sai tu?, del cor purpureo balzante.

Ei di tal forma stampa il terren grasso;

e la stampata zolla, ch’ei solleva

con ciascun piede, lascia poi cadere.

Ben questa chiama “gran sigillo” il cauto

cacciatore che lèggevi per entro

i segni; e mai giudizio non gli falla,

oh beato che capo di gran sangue

persegue al tramontare delle stelle,

e l’uccide in sul nascere del sole,

e vede palpitare il vasto corpo

azzannato dai cani e gli alti palchi

della fronte agitare l’estrema lite!

 

Ma invano invano udiamo i cupi bramiti

noi tra le canne fluviali assisi.

Tu non ti scaglierai nel Serchio a nuoto

per seguitar la pesta, o Derbe; e il freddo

fiume non solcherà duplice il solco

del tuo braccio e del tuo predace riso,

fieri guizzando i muscoli nel gelo.

Inermi siamo e sazii di bellezza,

chini a spiare il cuor nostro ove rugge,

più lontano che il bramito del cervo,

l’antico desiderio delle prede.

Or lascia quello il branco e si rinselva.

Forse è d’insigni lombi, e assai ramoso.

Ei più non vessa col nascente corno

le scorze. Già la sua corona è dura;

e il suo collo s’infosca e mette barba,

e fra breve sarà gonfio dal molto

bramire. Udremo a notte le sue lunghe

muglia, udremo la voce sua di toro;

sorgere il grido della sua lussuria

udremo nei silenzii della Luna.

 

(da “Alcyone”, Mondadori Editore 1960)