Con il suo stile inconfondibile di vero gentiluomo, il popolare attore comico da poco scomparso, conquistava l’affetto e la fiducia anche dei bambini che, lo consideravano uno della loro famiglia.

RAIMONDO VIANELLO,

UN NONNO LONTANO

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di Roberto Allegri  - Acquista i libri di Roberto Allegri

 

Raimondo Via nello se n’è andato. E’ una perdita. Era una persona con la “P” maiuscola.

Subito dopo la sua morte, abbiamo assistito al concerto degli articoli sui vari giornali che lo celebravano. Ci sono stati gli amici e i colleghi che ricordavano. In TV abbiamo visto degli “speciali” ricavati dai suoi innumerevoli spettacoli, e anche scene di qualche suo vecchio film.

E’ la prassi ed è giusto. Si deve onorare chi è stato parte della storia del nostro costume per così tanti anni. E’ doveroso.

Mentre osservavo e leggevo, pensavo a me stesso. Io sono un giornalista, mi sono interessato anche di spettacoli, ho conosciuto attori, cantanti, presentatori, ma non ho mai incontrato Raimondo Vianello.

Solo una volta, diversi anni fa, ho parlato al telefono con la signora Sandra. Stavo raccogliendo materiale per un libro su Giovannino Guareschi, e il padre di Sandra, Giacinto Mondaini, detto “Giaci”, famoso umorista, aveva fatto parte della storica redazione del Bertoldo, la celeberrima rivista satirica di Guareschi. Chiedevo alla signora Sandra un ricordo di Guareschi, se ne aveva. Lei fu con me molto, molto gentile.

Non ho mai conosciuto Raimondo, dicevo. Eppure, è lo stesso un punto fermo nella mia infanzia. Raimondo Vianello era una persona tale da lasciare segni indelebili anche in un bambino. Ed è questo forse il suo miglior pregio. E’ stato un comico amato da tutti. Un nobile e intelligente comico.

E’ per me impossibile pensare a lui senza ricordare la soffice atmosfera, nitidissima nella mia memoria, delle serate passate a guardare le sue trasmissioni in TV.

Avevo tre o quattro anni. Sono ricordi che si mischiano alle sensazioni: la stoffa del divano marrone scuro sotto le mie dita, il lampadario sferico sopra di me, il profumo della camomilla che mia madre mi preparava tutte le sere. Quel piccolo televisore in bianco e nero, con un minuscolo pulsante in basso a destra che serviva per cambiare sul “secondo canale”. Il televisore stava su un muretto di mattoni che divideva in due la sala. Io mi sento ancora adesso appoggiato a mia madre, su quel divano, avvolto nell’alone azzurrino e lunare che l’immagine spandeva per la casa. Ricordo le risate. Non il loro suono. Ma il “bene” che entrava in me e che si è fissato in fondo, da qualche parte. Non è cambiato con gli anni. E’ servito a darmi spesso indicazioni sul cammino da prendere. Voce nelle scelte.

Erano spettacoli come “Sai che ti dico?” oppure “Tante scuse”. Erano appuntamenti con il calore dell’affetto, la musica dello stare insieme. Erano l’abbraccio che mi portava al sonno di bambino, ai sogni che senza saperlo, erano le pietre per l’edificio dell’essere adulto.

Il passato è sempre intriso di poesia o malinconica armonia. Ma il mondo è talmente cambiato negli ultimi 35-40 anni che risulta impossibile immaginare di ricreare, oggi, il calore di quei momenti. Di certo, impossibile farlo di fronte alla TV, così piena di inutilità. Verrebbe voglia di bruciare tutti i televisori oggi, capaci solo di proiettare il vuoto. Allora, quando ero un bambino, dalla “scatola magica” uscivano parole che insegnavano il linguaggio e che davano direzioni. Ma così va il mondo.

Devo allora ingegnarmi per escogitare qualcosa per mio figlio, qualcosa che gli dia tepore e poesia, come quelle lontane sere nel piccolo salotto di casa. Lo farò portandolo nei boschi, lungo il fiume, nei campi e tra le colline. Lo terrò per mano e gli indicherò le strade delle stelle, i nomi delle piante, il profumo dell’erba e il suono dell’acqua. E gli racconterò anche di Raimondo Vianello, di come portava sollievo al cuore della gente. Era un nonno lontano, gli dirò. Senza di lui siamo diventati tutti più poveri.