Cari Lettori, Fabio Lombardi è un ragazzo speciale. Vent’anni,  nato con la sindrome di Down, ha conseguito lo scorso anno la maturità con il massimo dei voti e fa il giornalista. “Il Faustino” si è già occupato di lui nel numero di dicembre del 2005, con un bell’articolo di Emanuela Gambazza. (Puoi leggerlo cliccando qui).

Ora siamo felici di pubblicare questo lungo articolo di Fabio. Più che un articolo, è uno studio, un saggio su un tema di grandissima attualità. Fabio lo ha scritto nel marzo scorso, prendendo spunto da un deciso intervento contro l'eutanasia dell’onorevole Carlo Giovanardi che era allora Ministro per i rapporti con il Parlamento. Ma anche se sono passati sette mesi, il contenuto dell’articolo non ha perso niente della sua drammatica attualità e straordinaria importanza. E’ un articolo molto lungo, e oggi non ci sono organi di stampa disposti a pubblicare articoli lunghi. Ma noi lo facciamo, quando l’argomento, come in questo caso, lo merita ampiamente. E ne raccomandiamo vivamente la lettura. Questo è un articolo da leggere.  Anzi da meditare. Buona lettura  da Tony ASSANTE


 

Sconvolgenti ombre di omicidi legalizzati si allungano sull’Europa

 

<<MAMMA NON VOGLIO MORIRE>>

 

Di Fabio Lombardi

Foto di Emanuela Gambazza

 

 Copyright © 2004  editorialegliolmi.it   tonyassante.com

 

 

Lunedì 20 marzo, mentre stavo sfogliando un giornale, alla ricerca di classifiche e commenti relativi alle partite di calcio disputate domenica, mi sono imbattuto in un articolo che ha istintivamente attratto la mia attenzione. E, devo anche dire, che ha subito suscitato in me una certa dose d’emozione. Brutta emozione.

Le leggi naziste e le idee di Adolf Hitler stanno rinascendo in Europa, nei Paesi Bassi, attraverso l’eutanasia e il dibattito su come uccidere i bambini affetti da malformazioni.” Parola di Carlo Giovanardi.

«Grazie, ministro! Grazie!» Neanch’io so bene perché, ma questo immediato moto di gratitudine è stata la mia prima intima reazione. Poi ho continuato la lettura e, desideroso di altre notizie in merito, ho cercato articoli sull’argomento anche su tutti gli altri giornali acquistati da mio papà.

Io non mi devo scusare con nessuno, ho il diritto di dire quello che penso (dovrebbe essere diritto di chiunque, vero ministro?): sono contrario a quella legislazione e, semmai, sono gli olandesi che devono spiegarla all’Europa (e magari anche a noi direttamente. A noi, chiamati down. Ma, se questi olandesi fossero esseri umani capaci di dare spiegazioni ragionevoli, lasciandosi guidare dalla sensibilità naturale, e di chiedere scusa per aver commesso un errore orribile, se fossero per l’appunto esseri veramente “umani”, io credo che non sarebbe nemmeno passato per le teste loro l’idea di fare delle leggi obbrobriose, così tanto disumane.).Io sono contro l’uccisione di persone non perfette.

«Grazie, ministro! Grazie davvero!» La ringrazio con sgomento, per il sol fatto di trovarmi ad esprimerle la mia gratitudine in relazione ad un argomento che non dovrebbe nemmeno suscitare discussioni e prese di posizione, tant’è giusto, naturale e assolutamente condivisibile il sentimento che suscita nei sani di mente e di spirito e che le sue parole hanno ottimamente espresso, ministro. Io non sono ancora ben attrezzato per valutare compiutamente i vari colori della politica, e perciò non mi permetto di esprimere giudizi sugli uomini soppesando la loro fede partitica, ma la sincera umanità di un animo umano, quando c’è, io l’avverto naturalmente, più per via epidermica che per quella cerebrale.

Le mie prime terribili intuizioni sull’essenza dell’argomento affrontato dal ministro Giovanardi sono state confermate, con momenti di grande sconforto, dalle notizie che ho scovato proseguendo la mia allibita ricerca giornalistica e dalle prolungate spiegazioni fornitemi da mio papà. E così, pur scartando l’idea di approfondire la conoscenza di termini come “nazismo” e consimili, ho capito, con tanto orrore che mi usciva dagli occhi durante la lettura, che in Olanda c’è, fin dall’aprile del 2002, una norma che autorizza l’applicazione dell’eutanasia, detta anche “dolce morte”, a esseri umani di età compresa tra i dodici e i sedici anni. Esseri umani, individuati come “malati incurabili” da una commissione di “esperti”, che col consenso dei genitori possono essere condannati a morte senza facoltà di appello. Mi sia scusato il seguente ghiribizzo del mio pensiero, che forse è ancora un po’ infantile, ma, leggendo, ho sentito rimbombare nella mia testa un dialogo drammatico di questo tipo: «Mamma! Non voglio morire!»

«Amore mio! I medici hanno deciso così per il tuo bene, per non farti soffrire. Io e tuo papà siamo d’accordo con loro. Vedrai che sarai contento anche tu.»

«Ma, mamma! Io sono contento di vivere così come sono! Tanto contento! Non voglio essere ucciso!»

«Caro, tu adesso non te ne rendi conto, ma i medici hanno stabilito che hai un difetto non eliminabile, che in seguito ti farebbe soffrire molto, se loro non intervenissero ora. Per amor tuo, non per pietà, noi abbiamo dato il nostro consenso. Stai tranquillo. Non ti accorgerai di nulla.»

Sì, lo so, questa è soltanto una mia brutta fantasia e perciò mi sono scusato in anticipo. In effetti, io penso che la realtà sia parecchio simile a quanto raccontato dal Papa in un suo libro di memorie e riportato in sunto dal quotidiano Libero. “Il futuro Papa aveva un cuginetto, il quale soffriva della sindrome di Down (“soffriva”?! Che dice mai, signor Ratzinger?! Oppure si tratta di una grave sbadataggine del giornalista che ha scritto il sunto?). Fu preso dai medici di Stato. Spiegarono hai genitori che lo avrebbero curato. Non tornò. Tutti capirono. Il nazismo aveva deciso che non sarebbe stato libero e felice, dunque la sua vita sarebbe stata inutile, meglio la morte. Ne fecero fuori oltre settantamila in questa maniera. In Olanda la media è un po’ più bassa, ma dipende solo dai progressi della medicina. Il principio resta quello nazista.” Un micidiale principio, definirlo di stampo “nazista” oppure no poco importa, che, strisciando silenziosamente (grazie ancora, ministro, per aver fatto un appropriato rumore d’avvertimento!), sta espandendosi anche in Belgio, Danimarca, Spagna e più gradualmente in Gran Bretagna e Germania.

Alla luce di questa brutta realtà sociale dilagante in Europa, io ora mi chiedo se un gran numero di bambini dovrà incominciare a guardare i propri genitori come dei nemici mortali. Mi pongo questo interrogativo perché io non sarei stato affatto contento di “sparire”, come successe al cuginetto down del Papa. Io, oggi, mi rivolgo con gioia sia alla vita sia ai miei genitori e, data la mia età (vent’anni), vivo questa brutta faccenda dell’eutanasia infantile senza paura vera, ma con tanto disgusto. Doloroso disgusto. Eh già, mi sembra che l’età raggiunta mi metta al sicuro, ma non posso fare a meno di pensare che, allorché certe idee prendo piede, non si può mai dire cosa ci possa riservare il futuro. Intanto, quel ch’è certo ce lo dice chiaramente il ministro Giovanardi, e io lo ascolto per la sua qualità di uomo e non di personaggio politico: “Nei Paesi Bassi, su mille casi di mortalità infantile, sono seicento i bambini soppressi perché affetti da patologie che li costringerebbero a una vita, secondo loro, non degna.” E sì, perché, nell’agitazione che mi scuote in questi giorni, mi sono scordato di riferire un “dettaglio”, un incredibile derivato della legge olandese sull’eutanasia. Stando alla legge del 2002, i bimbi di età inferiore ai dodici anni non potevano essere soppressi. Una manciata di anni di vita, compensativa della fatica di essere venuti al mondo involontariamente, andava pur concessa. Che diamine! Ma per qualche autorevole olandese questa concessione rendeva brutta, non perfetta la legge e perciò hanno posto un rimedio all’imperfezione. “Si è definito un protocollo tra autorità giudiziaria e una clinica di alto livello (mortuario) della città di Groninghen.”, informa il giornalista Renato Farina, “L’accordo ha stabilito che, se un neonato è afflitto da deformazioni o difetti ritenuti insopportabili per diventare decentemente uomini, si possa e debba procedere alla soppressione. I genitori non possono dir nulla, è il medico, d’accordo con tre esperti, a prendere su di sé l’onere di questa scelta.

Seicento bambini, ogni mille che periscono precocemente, devono il loro destino ad una scelta fatta da alcuni  uomini. Soltanto da uomini! Follia lucida! Viene perfino il dubbio che i numeri terribili di questa funerea statistica non siano attendibili. Ma che importanza possono avere? I numeri non hanno mai un’importanza determinante nelle questioni esistenziali. Anche si trattasse di un solo bimbo ogni mille, di uno ogni centomila!, è l’applicazione di un concetto folle ciò che sgomenta, indigna e provoca reazione. Un concetto che esplicita con arroganza infinita una visione piuttosto distorta, decisamente innaturale, dell’Esistenza.

“Vita degna o no di essere vissuta”! “Uomini decenti o indecenti”! Gran bella quantità e varietà di punti di vista, si presenta alla mia mente, pensando a questi giudizi! Quanti e quali pareri sono simili a quello del medico che si trova d’accordo con i tre esperti di morte precoce inflitta?! Seguendo il corso di questa mia riflessione, mi vien fatto di pensare che, forse, taluni giudicano vita non degna di un uomo vero, sano e libero, quella del metalmeccanico perennemente vincolato a una catena di montaggio, quella dell’operaio che lavora nell’industria chimica e si porta a casa gli agenti di una brutta morte, quella della cucitrice quotidianamente ricurva per ore sulla sua macchina da cucire. E quella di tanti altri: di tutti quelli che, nati da donna, trascorrono la loro esistenza come dipendenti di altri uomini, ugualmente nati da donna, e affidano a questi padroni innaturali il proprio destino e anche quello dei loro cari. Basta la chiusura di una fabbrica e, flop!, la vita di questi dipendenti si disintegra. Spero di capire in seguito quali diritti naturali possa accampare il “capitale”, poiché mio papà m’ha spiegato che c’entra molto nella brutta questione delle “vite umane disintegrate”, ma io, in verità, non ho capito un granché. Per consolarmi, credo, mio papà mi ha citato le parole di un certo Gadda: “Non tutti sono condannati a essere intelligenti.”, ma io non ne ho tratto beneficio. Anche perché nemmeno la faccenda delle “classi sociali” mi è chiara. Sono riuscito soltanto a formarmi la vaga immagine di una scala, dove, chi staziona sui gradini più bassi, viene ripetutamente calpestato da tutti quelli che salgono fino ai gradini più alti. Tuttavia, mi ritengo abbastanza fortunato per il fatto di essere dotato, come mi assicura mio papà, di un’istintiva capacità d’intuire quali siano le cose e le azioni naturalmente buone e quali quelle cattive, innaturali.

Comunque, non credo che nella testa dei legislatori olandesi, e non soltanto di quelli olandesi, si sviluppino pensieri così profondi e naturali a riguardo delle tante esistenze sciupate nella persistente indegnità delle classi sociali. Io credo che loro mirino principalmente a formare una popolazione adatta ad essere sfruttata appieno, che non comporti l’onere di dover provvedere a certuni elementi di essa, che vengono considerati come un peso da sopportare in maniera inutilmente dispendiosa. E a talune menti ristrette può davvero sembrare che le cose stiano realmente così e che certi provvedimenti drastici debbano essere presi per il bene, per il miglioramento, della società. Nelle loro teste s’instaurano certi pensieri per il sol fatto che, essendosi staccati in maniera netta dalla Natura, e quindi dai suoi Valori e dalle sue Regole, non riescono a capire con la loro mentalità degenere che le modalità stesse della nascita involontaria di ogni essere umano dovrebbero essere per ognuno garanzia sufficiente a poter disporre liberamente di aria pulita, di acqua pura e di terra per il sostentamento. L’eventuale sofferenza, poi, è un fatto assolutamente privato. Lo stato parassitario, che loro vorrebbero eliminare con vari pretesti falsamente giustificati con la preoccupazione per la sofferenza e l’inabilità, è una conseguenza maligna delle modalità con cui si sono formate le aggregazioni sociali e non è affatto presente  in natura. Ma i prenditutto non hanno lasciato posti liberi ove la vita si possa svolgere in maniera naturale ed ora vorrebbero continuare a far funzionare l’errore primo, fondamentale, con accorgimenti inumani e, magari, proprio in nome dell’umanità. In nome di un sentimento di pietà, che col trascorrere dei giorni appare sempre più come un freddo moto di razionalità ipocrita, metodico e cinico calcolatore delle effimere convenienze mondane. Coloro, i quali hanno dismesso l’abito umano in nome di un vago concetto di civiltà gaudente, non vogliono saperne di sopportare, neanche pietosamente, le conseguenze del loro errore e così, in un delirio crescente di onnipotenza, e pur non essendo né onnipotenti né onniscienti, si sono arrogati il diritto di sopprimere delle vite che la Natura, questa sì onnisciente e onnipotente, ha permesso che siano parte integrante e necessaria di questo nostro mondo. Mondo nostro?! Oppure, oggi più che mai prima, è diventato un mondo di proprietà esclusiva dei prenditutto?!

Bah! Ora non so più quanto valgano, e a che cosa servano, le tante parole profuse sugli argomenti della solidarietà e della diversità necessaria che arricchisce comunque. Parole udite a ripetizione nelle aule scolastiche, anno dopo anno. Forse che sono fumo negli occhi dei socialmente imbrigliati dai civilissimi prenditutto che stringono saldamente nelle loro mani le briglie? Fumo con le medesime finalità della “dolce morte”? «Non soffrire, popolo! Ti vogliamo tranquillo! Non preoccuparti, decidiamo noi per te. Ogni cosa, anche la tua morte.» E, standosene tranquilli, e distratti nei riguardi dell’accettazione consapevole del ruolo della sofferenza, per quanto dura essa sia, ecco che, “zacchete!”, l’eliminazione ordita dietro il paravento delle parole belle e confortevoli avviene di botto e di sorpresa, così annullando completamente il valore esistenziale di ogni vita. Sia di quella dei soppressi, sia di quella dei carnefici.

Dopo aver letto parecchi articoli, io persevero nel tentativo di orientarmi come meglio posso in un groviglio di meditazioni difficili e il mio pensiero non può fare a meno di andare alle tante famiglie che si sono riunite sotto il simbolo “+ 1 vale uno (un cromosoma in più non annulla la realtà naturale di un individuo), logo dell’associazione CoorDown Onlus. Famiglie che, si sono strette le une alle altre nell’estenuante impegno di allacciare un dialogo vitale con i “normodotati”, che intanto parlano di morte con leggerezza spaventosa. Famiglie che, forti della loro sicura esperienza illuminante, tentano di far capire che l’arte di vivere non consiste nello sforzo di essere “normali”, seguendo canoni artificiali molto discutibili, bensì nell’essere soltanto se stessi. Se stessi, magari con una personale concezione del tempo che, come ha asserito il vicepresidente nazionale Unidown Cesare Murica, può essere quella di “un tempo lento, a misura d’uomo, che comporta anche il saper aspettare, saper tacere, saper prendere tempo per riflettere. E allora ci si accorge come d’incanto che la lentezza può essere una risorsa e una medicina che consente alla famiglia di vivere una dimensione più umana e meno schizofrenica della vita.” Un’idea di tempo, sostanzialmente differente da quella concepita da taluni “normodotati”, che si ritiene conducano una vita “degna di essere vissuta”, che non concede spazio sufficiente nemmeno per i bisogni corporali, tanto meno per le necessità fisiologiche dei dipendenti.

Penso anche a quale valore di una certa importanza possa essere espresso dalla “giornata mondiale della persona con sindrome di Down” (21 marzo – come 21a è la coppia cromosomica da cui dipende la trisomia del soggetto down, trisomia simboleggiata da “marzo”, il terzo mese dell’anno), oppure dalla “giornata nazionale”, che si festeggia ogni seconda domenica di ottobre, se nessuno dei media si cura di dare a questi momenti un po’ di risalto, che non pretenderei fosse pari a quello annualmente concesso alla festa di halloween. Un silenzio preoccupante, specialmente se lo si abbina ai discorsi di morte che si stanno espandendo in Europa. Nonostante il silenzio, dell’indifferenza o peggio, le famiglie che soffrono per aver conosciuto delle diversità, che quantunque personifichino delle qualità esistenzialmente pregevoli, infastidiscono taluni “normodotati”, non abbandonano la speranza di far comprendere l’aspetto meraviglioso della loro esperienza e nel loro appassionato desiderio di comunicare s’inventano perfino una tavoletta di cioccolato a forma di busta, a simboleggiare l’invio al mondo intero di un messaggio di fruttuosa conciliazione sostanziale. Che sorprendenti messaggi contengono le confezioni di queste appassionate buste di cioccolato! Verranno letti? Verranno compresi? Una dignitosa speranza può essere ancora coltivata? Io lo spero. Tanto!

Nel mio lungo meditare, ho pensato anche a Ginevra, la bambina down da poco partorita dalla duchessa Kyara van Ellinkhuizen, che ho avuto il piacere d’incontrare a Milano mentre era in dolce attesa. Con un improvviso e strano batticuore mi sono ricordato che Kyara è olandese. Kyara, che durante il nostro incontro mi aveva dimostrato di avere il cuore già colmo d’amore per la sua creatura in arrivo e che con tante parole sincere mi aveva dato la certezza di trovarmi al cospetto di una mamma che sarebbe stata capace di essere affettuosa in maniera dolcissima, senza lasciarsi impoverire dalle brutte ed errate opinioni sulla diversità, che si odono risuonare nel mondo con note che gelano il sangue. «Una mamma olandese!», mi son detto, e subito dopo m’è apparso ancor più chiaro che tutto il mondo è paese e che dappertutto, non solo in Olanda, c’è sia il Bene che il Male. Ciò che non riesco a capire, però, è questo: a quale delle due entità il mondo consegnerà la palma della vittoria definitiva?

Non sapendo in che altro modo concludere questo scritto, che per l’argomento trattato abbisognerebbe di uno spazio maggiore, mi è parso conveniente servirmi delle parole pronunciate di recente dal cardinale Angelo Sodano. Io credo che, oltre a contenere delle verità necessarie all’Uomo, queste parole possano suscitare anche delle convenienti meditazioni sull’Europa Unita. “Le relazioni fra gli Stati e negli Stati sono giuste nella misura in cui esse rispettano la verità. Quando, invece, la verità è oltraggiata, la pace è minacciata, il diritto naturale viene compromesso, allora, con logica conseguenza, si scatenano le ingiustizie, che assumono anche molti volti. Il volto del disinteresse o del disordine, che giunge a ledere la struttura di quella cellula originaria e originante della società, che è la famiglia; oppure il volto della prepotenza o dell’arroganza, che può arrivare fino all’arbitrio più infido, mettendo a tacere chi non ha voce o non ha forza per farla udire, come avviene nel caso dell’ingiustizia che, oggi, è forse la più grave, ossia quella che sopprime la vita umana nascente.”

Ingiustizia, aggiungo io, in cui incorre di sovente chi, pur nella sua completa ignoranza, si permette di giudicare quale esistenza sia degna di essere vissuta e determina i parametri innaturali e spietati di questo giudizio oltremodo arbitrario. Un atto di svalutazione dell’esistenza terrena che ricade su l’Umanità tutta.

Grazie, ministro Giovanardi, anche per avermi fatto meditare a lungo. Le invio un commosso saluto che sta partendo direttamente dal mio cuore.

Fabio Lombardi