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Il
5 luglio, nell’udienza pubblica del mercoledì in Piazza San Pietro.
Benedetto XVI ha voluto ricordare l’esempio dell beato Pier Giorgio
Frassati, di cui si era celebrata la festa liturgica il giorni
precedente. . <<Il suo esempio di fedeltà a Cristo susciti in voi,
cari giovani, propositi di coraggiosa testimonianza evangelica>>, ha
affermato Papa Ratzinger, rivolgendosi ai numerosi giovani
presenti. E poi rivolto agli ammalati ha detto: <<Aiuti voi, cari
malati, ad offrire le quotidiane sofferenze, perché nel mondo si
realizzi la civiltà dell’amore>>.
Benedetto XVI ha
dimostrato con questo intervento di avere una grande ammirazione per
questo giovane torinese, morto nel 1925, a soli 24 anni, beatificato
da Giovanni Paolo II il 20 maggio 1990. Anche Papa Wojtyla lo
ammirava molto. Nel 1989, visitandone la tomba, a Pollone, in
provincia di Ivrea, disse: <<Anch’io nella mia giovinezza, ho
sentito il benefico influsso del suo esempio e, da studente, sono
rimasto impressionato dalla forza della sua testimonianza
cristiana>>. E in un’altra occasione affermò: <<Egli è stato un
giovane ‘moderno’, aperto ai problemi della cultura dello sport,
alle questioni sociali, ai valori veri della vita, ed insieme un
uomo profondamente credente, nutrito del messaggio evangelico>>.
Piergiorgio
Frassati è una figura straordinaria, che ha infiammato il cuore di
generazioni di giovani cattolici. E suscita ancora grande fascino.
Soprattutto tra coloro che si dedicano al Volontariato, all’aiuto
dei poveri, di cui egli fu un esempio luminoso.
Apparteneva
ad una delle famiglie piemontesi
più note di quel tempo. Suo padre, Alfredo Frassati, avvocato, era
proprietario e direttore del quotidiano “La Stampa”. Nel 1913,
Giolitti lo volle senatore del Regno e nel 1920 fu nominato
ambasciatore d'Italia a Berlino. La madre, discendente da una nobile
famiglia, era una pittrice di valore. Pier Giorgio, bellissimo,
intelligente, simpatico, unico erede maschio della potente famiglia
Frassati, aveva tutte le carte per essere l’idolo del jet set
torinese e per condurre un’esistenza brillante e spensierata.
Invece, tra la meraviglia e il disappunto di familiari, parenti e
amici,
egli scelse
la strada dell'umiltà, del sacrificio, della preghiera, dell'impegno
nelle associazione cattoliche e nell'aiuto ai poveri e ai
diseredati.
Come giornalista
mi sono interessato parecchie volte di Pier Giorgio Frassati ed ho
letto perciò diversi dei libri che sono stati scritti su di lui.
Tutti lavori interessanti. Ma chi ha raccontato la vita interiore di
questo giovane con una capacità intuitiva sconvolgente è stata sua
sorella, Luciana Frassati. Scrittrice, poetessa, pittrice, donna
straordinaria, madre del giornalista e uomo politico Jas Gawronski .
Pier Giorgio aveva
solo diciassette mesi più di lei. Nella loro ricca e grande
famiglia, dove i genitori avevano mille impegni e mille distrazioni
mondane, Luciana è vissuta quasi in simbiosi con Pier Giorgio ed è
stata la sua confidente, la sua consigliera. Ho avuto modo di
incontrarla alcune volte, riportando sempre un’impressione
eccezionale e ricevendo ogni volta da lei confidenza straordinarie
per conoscere la vera personalità di Pier Giorgio.
<<Quando leggo le biografie scritte su di lui>>, mi disse un giorno
<<spesso mi arrabbio perché lo dipingono come lui non era. Pier
Giorgio non aveva niente a che fare con l'immagine del "santarello"
taciturno e remissivo. Era un vulcano energia e di attività. Aveva
un carattere forte e deciso. Era temerario, burlone, sempre pronto a
combinare scherzi atroci e se era necessario anche a menare le mani.
La sue “scazzottate” per le strade di Torino, per difendere le sue
idee e le sue scelte sociali, sono rimaste famose. Aveva pugni
pesanti. E più volte, dopo gli scontri di piazza tra opposte
fazioni, venne fermato dalla polizia e portato in questura. Era
insomma un uomo vivo, combattente, un grande uomo.
<<Negli anni Venti, a Torino>>, mi disse ancora la signora Luciana
Frassati <<era difficile mostrarsi cattolici in pubblico.
L'università, che Pier Giorgio frequentava, era impastata di
positivismo; nelle fabbriche proliferava il comunismo ateo; in
politica si stavano affermando le camice nere. Tutti guardavano con
disprezzo la religione. Ma Pier Giorgio non aveva paura di nessuno.
E con la sua sicurezza e la sua baldanza fu un esempio per tutti i
cattolici.
<<Noi, in casa,
non eravamo al corrente di quanto faceva. Odiava le esteriorità.
Sapendo che papà e mamma non condividevano i suoi ideali, non ne
parlava. Perfino a me, che gli ero sempre accanto, non disse mai che
era iscritto all'Azione Cattolica e ad altre numerose associazioni
di ispirazione cristiana. Agiva, si sacrificava fino allo spasimo,
pagava di persona, viveva in prima linea le scelte che aveva fatto,
ma con grande discrezione>>
L’amore
per i poveri è stata la caratteristica specifica di Pier Giorgio
Frassati. Un amore concreto, come quello insegnato da Gesù. <<Ero
affamato e mi avete dato da mangiare, ero carcerato e siete venuti a
trovarmi, ero nudo e mi avete vestito>>.
<<Ogni
giorno>>, mi ha raccontato Luciana Frassati <<Pier Giorgio andava
nei vicoli più miseri, nelle zone della città più malfamate. Entrava
nelle case di ex carcerati, di prostitute, di ladri. Non chiedeva
mai a nessuno quali fossero le loro idee politiche o religiose o
quale condotta tenessero. Erano poveri, e questo bastava.
<<Diceva: “Gesù mi fa visita con la Comunione ogni mattina ed io
gliela restituisco visitando i suoi poveri”. Dopo la sua morte, un
suo amico mi disse: “I poveri erano i suoi padroni ed egli faceva
per loro letteralmente il servo, fino a portare ingombranti pesi, a
trascinare carretti, persuaso di godere di un privilegio, Nelle
sofferenze dei poveri, onorava la Passione di Cristo”. Quasi nessuno
delle persone che abitualmente soccorreva, sapevano che Pier Giorgio
era il figlio del senatore Frassati.
<<Questo suo amore per i poveri era grandissimo e delicatissimo. Era
quasi innato in lui. Ricordo che un giorno, quando eravamo ancora
ragazzi, una povera donna venne a bussare alla porta della nostra
casa. Disse che era senza lavoro e chiedeva la carità per i suoi
bambini. In casa non c'era la mamma. La servitù non poteva prendere
iniziative. Pier Giorgio, ragazzo, non aveva una lira. Guardava
quella povera donna con occhi velati di lacrime. Improvvisamente si
tolse le scarpe e le diede alla poveretta dicendo: “Per i tuoi
bambini”.
<<Una volta, quando era già grande, gli rubarono la bicicletta.
Rimase male. Ma dopo un attimo di riflessione disse: “Forse era uno
che ne aveva più bisogno di me”.
<<Era molto attento anche ai sentimenti e alle sofferenze delle
persone più umili. Antonio Fassone, il bidello del liceo, mi
raccontò che fra tutti gli studenti solo Pier Giorgio si accorse
del suo dolore quando perse l'unico suo figlio di 14 anni. “Che
succede Fassone?”, chiese Pier Giorgio. E il povero uomo gli
raccontò la disgrazia. Pier Giorgio abbassò lo sguardo e rimase in
silenzio accanto a lui. Un anno dopo, quello stesso giorno, Pier
Giorgio andò da Fassone e gli disse: "Oggi è l'anniversario della
morte di suo figlio. Lo ricorderò nella Comunione”.
<<Ai poveri che lo
ringraziavano perché si disturbava per loro, rispondeva: “Non si
preoccupi, io faccio solo il mio dovere”. Alle persone bisognose
dava tutto quello che aveva. 1 soldi che nostra madre gli passava
per vestirsi, per mangiare quando era in giro, per andare in
montagna, finivano tutti ai poveri. Era capace di attraversare
Torino a piedi per risparmiare i soldi dei tran e darli ai poveri.
Tutti i mesi andava dalle suore Immacolatine, un Istituto per
orfanelli, per pagare la retta di alcune bambine che manteneva in
quel luogo a sue spese. Alla domenica spesso si fermava nella
bottega di una fioraia, Vittoria Asinari, e comperava mazzetti di
fiori da portare nelle soffitte per rallegrare, in quel giorno di
festa, le famiglie più povere>>.
Tutta questa
continua incessante dedizione la compiva senza trascurare mai il suo
dovere di studente e senza neppure tralasciare gli altri impegni del
suo stato sociale.
<<Al mattino>>, mi
raccontò Luciana Frassati <<Pier Giorgio si alzava prestissimo
perché, prima di andare all'università, voleva ascoltare la Messa e
fare la Comunione. Alla sera studiava fino a tardi e prima di andare
a letto si inginocchiava per terra e recitava il rosario. A volte la
stanchezza era tale che si addormentava. Spesso mio padre e mia
madre lo trovarono addormentato ai piedi del letto. Lo svegliavano
perché si mettesse sotto le coperte. Mio padre scrollava la testa
dispiaciuto: pensava che Pier Giorgio fosse vittima di qualche
fissazione religiosa e ne soffriva moltissimo.
<<Ma Pier Giorgio non era un "fissato", era un giovane sanissimo.
Amava la vita. Praticava lo sport. Era appassionato di cavalli, di
automobili. Guidava come un campione. Era uno sciatore provetto.
Scalava le montagne da professionista Si tuffava nei fiumi
ghiacciati a duemila metri. Aveva una cultura vasta. Conosceva i
musei di tutte le città europee dove si era recato. Era appassionato
di lirica, amava soprattutto Verdi e Wagner, seguiva il teatro di
prosa e leggeva molto>>.
Un giovane
straordinario e anche bellissimo. <<Aveva un fisico perfetto>>, mi
disse con orgoglio la sorella. <<La sua figura era classica,
scultorea. Alto, spalle quadrate, occhi grandi, profondi, pensosi,
sopracciglia e capelli folti. Quando passava per la strada, la gente
si girava per guardarlo>>.
La
sua esistenza su questa terra fu breve. Aveva appena 24 anni quando
venne colpito dalla poliomielite fulminante, contratta visitando una
delle famiglie povere che soccorreva. Rimase in piedi, continuando
il suo impegno a servizio degli altri fino all’ultimo. Quando i
medici scoprirono il male, era troppo tardi. <<Non c’è più niente da
fare>>, dissero. Pier Giorgio era già paralizzato. Il suo ultimo
gesto fu di scrivere, con mano tremante e con scrittura quasi
illeggibile, l’indirizzo di una famiglia povera cui doveva portare
delle iniezioni.
<<Appena si
sparse la notizia che Pier Giorgio era morto>>, mi raccontò la
signora Luciana Frassati <<cominciarono ad arrivare nella nostra
casa persone sconosciute. La mamma diede ordine di cacciarle via. Le
dissi che erano amici di Pier Giorgio, allora ritirò l'ordine e la
nostra casa fu invasa da una fiumana di gente di ogni ceto. Con i
volti induriti e rigati di lacrime, questi sconosciuti salivano
nella camera di Pier Giorgio, si inginocchiavano e piangevano,
lasciandoci stupiti. La ressa
continuò fino al
giorno del funerale. La bara uscì dalla casa tra due ali di persone.
Le strade adiacenti erano piene di una folla costituita in gran
parte dalle persone più povere di Torino, emarginati, disoccupati,
ex carcerati con le loro famiglie, tutta gente per la quale Pier
Giorgio per anni era stato l'unico sostegno fisico e morale.
Piangevano, pregavano, volevano toccare la bara, sì comportavano
come se avessero perduto il congiunto più caro. Sono ricordi
vivissimi in me. Fu in quel triste giorno che io, mia madre, mio
padre capimmo chi era veramente stato Pier Giorgio>>.
La signora Luciana mi ha anche confidato che il corpo di suo
fratello è rimasto prodigiosamente incorrotto.
<<Al termine dei lavori del processo di beatificazione, nel 1982,
venne fatta una ricognizione della salma. Erano presenti i giudici
del tribunale ecclesiastico ed ero presente anch'io. Il corpo di
Pier Giorgio è apparso ai nostri occhi perfettamente intatto.
<<Il volto era uguale, identico a come lo avevo visto il giorno
della sua morte. I capelli perfettamente a posto, le orecchie, il
naso intatti. Le labbra, leggermente socchiuse, quasi in un dolce
sorriso, lasciavano vedere i denti bianchissimi. Il vestito, scuro,
con le righine grigie, come si usava allora, sembrava appena
indossato. Ho provato una felicità immensa a vederlo. Mi veniva
voglia di dire: “Pier Giorgio, svegliati, è ora di alzarsi">>.