Ecco la donna che ha fatto rivivere la meravigliosa storia di Ellen Keller: cieca, sordo e muta, ha frequentato l’università e, grazie al computer, comunica con chiunque come una persona normale.

PINUCCIA DEI MIRACOLI

di Renzo Allegri - Foto di Nicola Allegri

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Questa è una delle storie più straordinarie che mi sia capitato di incontrare nella mia lunga carriera di giornalista. Storia di una persona che ha combattuto per tutta la vita contro difficoltà enormi, e che in parte le ha vinte, dominando un crudele destino che le era totalmente avverso. Ed ha condotto la sua battaglia nel silenzio, nell’umiltà, con il sorriso sulle labbra, ringraziando Dio di quello che ogni giorno riusciva a fare. Cieca sordo e muta, ha superato il totale isolamento cui era condannata,  servendosi solo del tatto. E’ la Ellen Keller italiana, la cui storia, raccontata nel 1960  nel film “Anna dei miracoli”, vincitore di due Oscar,  ha commosso il mondo.

La protagonista di questa straordinaria vicenda si chiama Pinuccia Manenti. Ha 66 anni e il 23 di settembre si sposerà.

Nata in una famiglia molto povera, all’età di 13 mesi  venne colpita una forte febbre infettiva che lesionò irreparabilmente i suoi nervi ottici e quelli auditivi rendendola totalmente cieca e sorda, e di conseguenza muta. Un handicap spaventoso che la condannava a un isolamento assoluto.

Senza vedere e senza sentire, infatti, è impossibile imparare, apprendere. Per l’essere umano, la conoscenza si realizza attraverso la vista e l’udito. Mancando questi due canali,  non c’è possibilità di relazione con il mondo esterno. Un cieco, può conoscere attraverso l’udito. Il sordo può apprendere attraverso la vita. Ma chi è sordo e cieco, è tagliato fuori.  Se la malattia lo colpisce quando ha già esperienza del mondo ed ha già appreso i meccanismi della comunicazione, allora l’handicap, pur restando gravissimo, non lo condannerà all’isolamento assoluto. Ma se la malattia lo colpisce alla nascita o nei primi mesi di vita, come è stato per Pinuccia, allora l’handicap è il più grave che si possa immaginare. In genere, questi bambini vengono abbandonati in Istituti per irrecuperabili, dove vegetano per il resto della loro esistenza.

Infatti, all’età di quattro anni, Pinuccia venne portata al Piccolo Cottolengo  di Don Orione di Milano, dove avrebbe dovuto restare per sempre.

La bambina era molto intelligente e, da sola, cominciò a prendere contatto con il mondo esterno attraverso il tatto, cercando di farsi un’idea delle cose che riusciva a toccare.

Quando aveva 6 anni, fu notata da una giovane insegnante, Cherubina Bancolini,  che si recava in quell’Istituto per compiere del volontariato. Prese a cuore il problema della bambina. E cominciò a portarsela a casa, nei fine settimana, cercando di comunicare con lei attraverso il tatto.

Cherubina aveva letto che un simile problema si era già verificato in America alla fine dell’Ottocento, con una bambina di nome  Ellen Keller. Caso straordinario, che, in seguito, negli Anni Sessanta, raggiunse fama mondiale, attraverso il film “Anna dei miracoli”, vincitore di due Premi Oscar. Nel 1946, però, pochi sapevano della vicenda di Ellen Keller.  Cherubina scrisse in America, agli Istituti dove Ellen Keller aveva vissuto, ottenendo scarsissime informazioni, che tuttavia le servirono molto per sperare di dare qualche aiuto alla piccola Pinuccia.

Cherubina iniziò la sua battaglia. Si inventò un metodo di lavoro per cercare di raggiungere, attraverso il tatto, l’intelligenza della bambina  e poter così comunicare con lei.

Il lavoro fu difficilissimo. Attraverso quella piccola fessura, il tatto, Cherubina arrivò a stabilire  un primo contatto con Pinuccia,  contatto che a poco a poco divenne un vero e proprio canale comunicativo. A questo punto partì il titanico lavoro di costruzione dal niente della conoscenza, dei meccanismi  complessi della conoscenza, dal nome delle cose che Pinuccia toccava, ai concetti,  alle idee, ai ragionamenti, alle deduzioni, alle valutazioni.

All’età di dieci anni, Pinuccia aveva fatto progressi tali da poter essere iscritta alla prima elementare all’Istituto dei ciechi di Milano. Pinuccia era in grado di apprendere solo attraverso il tatto. Per comunicare con lei, bisognava scrivere con il dito sul palmo della sua mano e lei rispondeva parlando, sia pure a fatica, come fanno le persone sorde dalla nascita. Ma il canale di comunicazione funzionava.

Pinuccia superò tutte e cinque le classi elementari, poi affrontò le medie,  quindi le magistrali, dando sempre gli esami presso una scuola pubblica. Dopo aver ottenuto il diploma di  abilitazione magistrale,  si iscrisse alla facoltà di Magistero linguistico (inglese e francese) presso l'università  cattolica del Sacro Cuore. Ma dopo due anni fu  costretta a rinunciare perché non c’erano testi in braille che le permettessero di studiare, e la sua benefattrice si era ammalata e non poteva più accompagnarla all’università trascrivendo sulla sua mano le lezioni che i professori tenevano. Da studentessa universitaria, Pinuccia si trasformò in “badante” e assistette la sua benefattrice finchè morì.

Ma continuò a studiare. Imparò tutte le varie scritture per ciechi. Seguì corsi di esperanto. Si rese utile trascrivendo libri in braille. E soprattutto volle apprendere tutte le tecniche del computer. E fu il computer a darle quella autonomia di comunicazione che cancella quasi completamente il suo handicap. Pinuccia, infatti, usando un particolare strumento che trasforma la scrittura normale in scrittura braille, può comunicare, via  posta elettronica, con chiunque. Le sue e-mail, scritte  in uno stile elegante e spiritoso, sono perfette e divertenti.  Seduta nella sua stanzetta all’Istituto dei Ciechi a Milano, può raggiungere chiunque, in qualunque parte del mondo, perché conosce bene anche il francese e l’inglese.

Attraverso la posta elettronica, Pinuccia Manenti ha conosciuto Rodolfo, un coetaneo anch’egli cieco e sordo. Si sono innamorati e il 23 settembre si sposano all’Istituto dei ciechi di Milano.

Questa storia è l’esaltazione della persona, dalla forza intellettuale e spirituale della persona. Ma anche del progresso. Attraverso il computer e Internet, Pinuccia ha quasi cancellato il suo handicap, che è il più terribile che si possa immaginare.

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