Cari lettori,

 

   è passato un mese dalla scomparsa di Papa Wojtyla e la cicatrice per quella perdita è lì, sotto le dita di ciascuno di noi. La si avverte, pulsante.

   Anche se è reale la consapevolezza di sapere Giovanni Paolo II in Paradiso, e anche se c’è la gioia per l’elezione di Papa Benedetto, qualcosa dentro di noi si è incrinato e tale resterà per sempre. Ma è giusto che sia così, perché un dolore mai sopito diventa col tempo accettazione della vita e soprattutto insegnamento. La morte di Papa Wojtyla ha portato un forte vento che ha pulito i cuori di tutti, credenti e non. Tutti si sono fermati per almeno un istante ad ascoltare le campane del mondo a lutto. Tutti ora toccano quella cicatrice rimasta: per alcuni è solo un ricordo di commozione, per altri il punto di partenza di un nuovo sentiero.

 

   Proprio una poesia sul Papa vorrei segnalare, tra quelle arrivate in redazione. E’ opera di Claudia Palermo, si intitola “Comm ne faje a n’ato?” ed è scritta in italiano e in lingua napoletana. E’ piena di emozione, ripercorre la vita di Wojtyla, dà immagini che rimangono nell’aria e si possono quasi toccare. Claudia si rivolge al Papa con quella ironia affettuosa che si usa con le persone di famiglia e ci fa capire, ancora una volta, quanto Giovanni Paolo II sia entrato a fondo nel nostro cuore. Alcuni versi della poesia in particolare sanno far sorridere e muovere le lacrime al tempo stesso:

 

“Preferisco immaginarti nei pensieri miei

in bianco, come l’angelo che sei

che lasci qui tutti i terreni mali

e ti allontani lento, con le ali……

benedicendoci e guardando indietro

ti metti sotto il braccio di San Pietro

ed entri col tuo solito sorriso

miezz ali applausi e’ tutt o’ paradiso.”

 

                        

 

                         Roberto Allegri