L’ULTIMO SALUTO A  GIOVANNI PAOLO II

di Stefania Scarpulla

Dopo la morte,  la salma del Santo Padre è stata esposta domenica 3 e lunedì 4 aprile nella Sala Clementina, per ricevere l’omaggio dei dipendenti Vaticani e del corpo diplomatico presso la Santa Sede.

 

Giovanni Paolo II, vestito di rosso, (il colore del lutto papale), con la mitra bianca e le scarpe di pelle rossa, giace su un catafalco dorato. Il volto appare leggermente rivolto verso destra, le mani  incrociate sull’addome. Fra le dita è stato inserito un rosario.

Prima di benedire la salma, il cardinale Camerlengo sfila dall’anulare destro del Papa l’anello del suo pontificato, “l’anello del pescatore”. Verrà successivamente distrutto insieme al sigillo, affinché nessuno possa, nel periodo di sede vacante, produrre documenti con lo stemma papale.

Due svizzeri, il cero pasquale ed un grande crocifisso vegliano il corpo senza vita del sommo Pontefice!

Sin dalla giornata di domenica, piazza S. Pietro appare gremita di gente che aspetta con ansia la traslazione della salma del Papa dalla Sala Clementina alla Basilica Vaticana, dove sarà esposta per tre giorni all’omaggio dei fedeli. L’ultima processione di Karol Vojtyla in piazza S. Pietro, lunedì pomeriggio, avviene fra i cori, le preghiere ed i canti delle tante persone presenti. Alle 19,45, in anticipo sull’orario previsto, la porta della Basilica viene aperta, per consentire a chi lo desidera di entrare, e rendere omaggio al Pontefice.

La prima sera la fila dei fedeli arriva a Castel S. Angelo; procede composta e tranquilla nella notte romana. Dopo una breve chiusura, la porta d’accesso alla Basilica viene riaperta alle cinque del mattino, mentre altri fedeli si mettono in fila.

Anche io, insieme ad un gruppo di cari amici, la mattina di martedì 5 aprile, mi sono incamminata verso piazza S. Pietro, con il desiderio di pregare davanti alla salma del Santo Padre.

Mi sono ritrovata a fare amicizia con persone mai viste, a condividere canti e preghiere con tanti giovani venuti da tutto il mondo.

La fila si snoda per Borgo S. Angelo, silenziosa e composta. Tutti sono lì per un cammino di fede, uniti in  pellegrinaggio, per dare l’ultimo saluto ad un Papa che ha segnato la storia del mondo; ma anche la storia di ognuno di noi. Non c’è tristezza nei volti della gente, non c’è disperazione, ma le lacrime che segnano il viso di tutti sono di emozione e commozione, nell’incontrare, per l’ultima volta, questo grande uomo.

C’è chi  racconta storie di incontri con Karol Vojtyla  a Lourdes, nelle parrocchie romane, in udienza. La maggior parte dei ragazzi ricorda con affetto e nostalgia il “Giubileo dei Giovani”: esperienza indimenticabile per tutti coloro che vi hanno partecipato. C’è già chi pensa alla “Giornata dei giovani” a Colonia la prossima estate; senza questo Papa!

Dopo qualche ora di fila la stanchezza si fa sentire; ma i canti intonati da Via della Conciliazione ci spronano a continuare. Preghiamo e cantiamo tutti insieme, in un’unica voce. Ci si fa coraggio a vicenda. C’è chi offre il caffè portato da casa ai vicini di fila, chi passa l’acqua offerta dai volontari della Protezione Civile, chi porta i bambini in braccio, chi, stanco per la lunga attesa, si appoggia alle transenne.

Nessuno litiga, tutti sono impegnati a pregare e cantare, a ricordare il vecchio amato Vojtyla, ad asciugare qualche lacrima che scende.

I giovani suonano le chitarre e cantano ad alta voce! Gli anziani camminano con un rosario in mano e  pregano a bassa voce!

 C’è gente da tutte le parti d’Italia, ma anche d’Europa e del mondo. Ci sono gruppi religiosi, organizzazioni come il GAM, CL, Azione Cattolica, riconoscibili dalle innumerevoli bandiere, e poi gli scout, con le loro divise, gli zaini pesanti ed i grandi cappelli.

Ognuno prega come può e come sa, e non tutti sono cattolici. Ho visto atei che hanno conosciuto Giovanni Paolo II come l’uomo che ha cambiato la storia e, rispettandolo come un grande, fanno ore ed ore di fila per salutarlo, per rendergli omaggio. Ma ci sono anche fedeli di altri culti, che pregano secondo i loro riti e ricordano quanto  questo Papa ha fatto per dar vita ad un dialogo aperto e sincero fra tutte  le religioni del mondo

Non ho sentito un lamento, un commento stonato! Non ho assistito a liti!

Ho visto un parroco giovanissimo chiamare a sé tutti i giovani della sua parrocchia, così come Carol Vojtyla faceva a Cracovia. L’ho visto incoraggiare i più stanchi,  sostenere i più deboli, intonare canti con i ragazzi del coro, raccontare storie allegre per aiutarli a sopportare l’attesa.

I fedeli in fila hanno un unico desiderio, quello di non lasciare il Papa solo. E così é stato, visto il grande afflusso di pellegrini a Roma in questi giorni.

Il ministero dell’Interno parla di oltre tre milioni di persone giunte da ogni parte del mondo, molte dalla Polonia, ma anche dalla Francia e dal resto d’Europa!

Alcuni polacchi, venuti da Wadovice, terra natale di Karol Vojtyla, hanno portato un cofanetto con la terra di Polonia: da seppellire assieme al Papa.

L’organizzazione era impeccabile; il sostegno offerto dalla Protezione Civile molto ben coordinato. L’impegno dei volontari  ha aiutato tutti a sopportare le tante ore passate al sole o al freddo. Il personale della Croce Rossa ha offerto un servizio puntuale, ed è stato di grande aiuto per coloro che, provati dalla lunga attesa, hanno accusato malori.

Via della Conciliazione e piazza S. Pietro sono stati il teatro della devozione popolare verso il Pontefice, fino al giorno dei solenni funerali, celebrati sul sagrato della Basilica Vaticana dal cardinale Joseph Ratzinger 

 

LE  ESEQUIE

Giovedì 7 aprile la Basilica chiude molto in ritardo. Era stato previsto che i fedeli, giunti a Roma per rendere l’ultimo saluto al Papa, sarebbero potuti entrare solo fino alle 22, per consentire al personale vaticano di preparare il funerale del giorno dopo. Ma, visto il grande afflusso, la porta della Basilica è stata chiusa a notte fonda, lasciando ai volontari della Protezione Civile il privilegio di salutare, per ultimi, il Santo Padre.

Poi, in un attimo, il  portone si chiude, lasciando i pellegrini ancora in fila, ad attendere un’altra notte, a cantare e pregare senza sosta, per stringere Karol Wojtyla in un grande abbraccio, per fargli ancora compagnia, per non lasciarlo solo.

Ed ecco venerdì mattina: gli uomini dei governi del mondo si avvicinano al sagrato, l’uno dietro l’altro, piccoli uomini insignificanti di fronte all’onnipotenza della fede. Sono solo semplici spettatori di un evento più grande.

Sono nulla davanti alla magnificenza di un credo che sopravvive da oltre duemila anni.

Ed il Santo Padre, chiuso in una semplice bara di cipresso, è il più grande di tutti, nella semplicità di una morte che è il passaggio dalla vita terrena a quella eterna.

 

Quel feretro, al  centro del sagrato della Basilica Vaticana, deposto su un tappeto dai sediari, domina la scena. I cardinali, nei loro solenni paramenti rossi, si preparano a rendere omaggio ad un uomo che non solo ha cambiato la storia, ma che è riuscito ad avvicinare alla Chiesa mondi lontani, ad evangelizzare popoli, accettando tutte le culture  e rispettando le religioni diverse da quella cattolica.

 

Karol Vojtyla non si è scoraggiato davanti alle difficoltà. È sempre andato avanti, con la forza della fede e la caparbietà del suo carattere. Oggi, nel giorno del funerale, le televisioni di tutto il mondo  trasmettono l’immagine della sua dimora terrena, i fedeli di tutta la terra, di tutte le confessioni religiose, pregano insieme.

Un vento allegro sfoglia il Vangelo posto sulla bara del Pontefice, mentre il cardinale

decano celebra la S. Messa, tutti i cardinali pregano uniti ed  alcuni  fedeli in  piazza

 invocano la santificazione di Giovanni Paolo II.

Alla fine della funzione, di fronte al feretro, i rappresentanti delle diverse confessioni cristiane, dagli ortodossi agli anglicani, pregano insieme per l’anima del Papa, al quale danno l’ultimo estremo saluto.

Un’apoteosi di cori, canti e preghiere, ed il feretro viene sollevato dai sediari, rivolto verso la piazza, quasi a voler salutare tutti coloro che sono stati accanto al Papa, che lo hanno seguito ed amato.

Dopo quest’ultimo saluto, il corpo di Giovanni Paolo II viene riportato in Basilica, per essere tumulato nelle grotte vaticane, in quella che era la tomba di Giovanni XXIII.

Così come aveva chiesto nel suo testamento, il Papa viene seppellito nella nuda terra, in una nicchia bianca verniciata di fresco.

A chiudere la sua tomba viene posta una semplice lapide in marmo bianco, sulla quale è stato inciso il suo nome “Ioannes Paulus PP. II” e le date del suo pontificato “16.X.1978 * 2.IV.2005”. Sullo sfondo, appesa al muro, l’immagine della Madonna, della quale Karol Vojtyla è sempre stato devoto e alla quale  ha donato completamente la sua vita con queste semplici parole “Totus Tuus ego sum”.

Ora è tutto finito

Il Pontefice riposa nella terra che ha accolto il suo corpo senza vita, mentre, come ha detto il cardinale Ratzinger, egli è accanto a Dio, da dove ci guarda e ci benedice.

I fedeli in Piazza S. Pietro non vogliono andare via, guardano la finestra dalla quale il Papa si affacciava. Continuano a cantare e pregare, mentre coloro che hanno seguito le esequie in televisione, non staccano gli occhi dallo schermo.

In questo venerdì di aprile il mondo si è fermato, per rendere omaggio a colui che, grande nella fede, grande nel coraggio, è stato soprattutto grande nell’essere l’umile piccolo servo di Dio.