Stasera, abbracciato dall’affetto del mondo intero, alle ore 21,37, si è spento Giovanni Paolo II.

Piazza San Pietro, gremita di fedeli, ha accolto con commozione la notizia della morte del Papa e, dopo un momento di silenzio e di raccoglimento, i giovani presenti in piazza hanno intonato i canti religiosi, per poi recitare con il Cardinale Sodano il De Profundis.

Dopo l’annuncio alla folla, la luce della stanza del Papa é stata accesa in senso di gloria, per indicare che la morte del Pontefice era avvenuta, e la campana di S. Andrea ha suonato a morto, mentre le campane della parrocchie di Roma le facevano eco.

 

Ma chi era questo Papa, che ha guidato la Chiesa Cattolica per più di ventisei anni?

Karol Wojtyla nasce in Polonia a Wadowice il 18 maggio 1920. Dopo aver portato a termine gli studi superiori e conseguito la laurea in Lettere, dal 1942 segue i corsi clandestini di teologia e promuove, sempre clandestinamente, la nascita di un teatro. Lavora come operaio in miniera e successivamente presso l’azienda chimica Solvay. Si laurea in Scienze Teologiche nel 1945 e viene ordinato sacerdote nel novembre dell’anno successivo.

Dopo l’ordinazione sacerdotale, trascorre un anno a Roma e, nel 1948, torna in Polonia, come parroco di San Floriano. Dopo aver ottenuto la cattedra di Teologia, nel 1958 viene nominato Vescovo Ausiliare di Cracovia. Nel 1967, mentre era in barca con i giovani del suo gruppo di preghiera, riceve la notizia di essere stato nominato cardinale.

Nel 1978, dopo 15 anni di pontificato, il 6 agosto, a Castelgandolfo, muore Paolo VI e tutti i cardinali si recano a Roma per il conclave; fra questi, anche Karol Wojtyla. Il 26 agosto viene eletto Papa Albino Luciani con il nome di Giovanni Paolo I, ma, dopo soli trentatre giorni, il Pontefice muore improvvisamente, rendendo necessaria la convocazione di un nuovo Conclave.

Dopo cinque scrutini e tre fumate nere, con 99 voti su 111, il 16 ottobre, alle ore 18.18, viene eletto il nuovo Papa, Karol Wojtyla: un nome sconosciuto alla maggior parte dei fedeli; un Papa straniero dopo 455 anni, il primo Papa polacco. Giovanni Paolo II conquista subito tutti con semplici parole: “Se mi sbaglio, mi corrigerete”, così si presenta al mondo intero. Il giorno dell’insediamento, invece di rivolgersi ai diplomatici presenti, come da tradizione, scende e si avvicina ai disabili che si trovavano nella Basilica Vaticana, facendo intuire a tutti che sarebbe stato un Pontefice innovativo e, sicuramente, non rispettoso del rigido protocollo ecclesiastico.

Incomincia così il suo lungo e straordinario Pontificato, in cui il Papa ci ha sorpreso con oltre 216 viaggi tra l’Italia e l’estero, per raggiungere le genti di tutto il mondo, con 14 encicliche pubblicate, con l’alto numero di beatificazioni, 1314, e santificazioni, 477.

Tra i suoi viaggi, quello a Cuba, nel gennaio del 1998, è sicuramente uno dei più emozionanti e memorabili, certamente fino ad allora assolutamente impensabile. Soltanto in quella occasione, Fidel Castro non ha indossato la divisa militare, ma, in abiti civili, ha ringraziato pubblicamente il Santo Padre per quella prima visita nel suo paese.

Giovanni Paolo II è il Papa che ha compiuto visite, viaggi, incontri che nessun altro Papa aveva mai fatto:

a dicembre del 1983 entra in una chiesa protestante, per la prima volta dalla Riforma di Lutero. Nel 1985, in Marocco, parla ad una comunità islamica e l’anno successivo visita, primo papa nella storia, la Sinagoga di Roma, dove trova il rabbino capo di Roma, Elio Toaff, entusiasta di accoglierlo. In tutti questi anni di Pontificato ha cercato, riuscendo pienamente nel suo intento, di trasmettere ai credenti delle tre religioni monoteiste, l’ebraica, la cristiana e la musulmana, il proprio messaggio di pace. Nel 2000, già affaticato dal morbo di Parkinson, che lo affligge da una decina di anni, si reca a Gerusalemme e, nella stessa giornata, prega davanti al Muro del Pianto, dove lascia un biglietto in cui chiede perdono agli ebrei per tutte le persecuzioni dei Cristiani e si reca sulla Spianata delle Moschee, dove incontra i rappresentanti della religione musulmana e, successivamente, si inginocchia e prega davanti al Santo Sepolcro. Il confronto con gli Ebrei non è stato solo ampliato sul lato dei rapporti tra religioni, ma anche a carattere politico: infatti, durante il pontificato di Karol Wojtyla, per la prima volta, la Santa Sede ha allacciato relazioni diplomatiche con lo Stato di Israele.

Riunire tutte le religioni del mondo in un unico luogo, pregando per la pace, era da sempre un desiderio del Papa. Lo ha realizzato ben sette volte ad Assisi. Sul sagrato della Basilica di San Francesco i rappresentanti di tutte le religioni, non solo quelle monoteiste, si sono riuniti in preghiera, ognuno con i propri riti.

Il tema della pace ha sempre occupato i pensieri di Karol Wojtyla. Egli si è trovato a gridare al mondo intero il proprio dolore per tutte le guerre, ma, in modo particolare, si è battuto contro le due guerre in Iraq, che tanta morte e distruzione hanno provocato, Proprio per evitare tali conflitti, oltre alla predicazione per la pace, ha cercato di avviare trattative diplomatiche fra Baghdad e Washington, senza però riuscire nel suo intento.

Questo Papa ha sempre negato, con tutte le forze, che siano stati i suoi viaggi ed i suoi interventi a far cadere il muro di Berlino, sottolineando che la fede e la mano di Dio avevano fatto sì che ciò avvenisse. Resta comunque evidente che, proprio sotto il suo Pontificato, i paesi dell’Europa dell’est si sono aperti al resto del mondo. Le dittature comuniste sono state combattute e sostituite da governi democratici. Anche l’Unione Sovietica ha moderatamente cambiato indirizzo politico, eleggendo presidente il cattolico Gorbaciov. Karol Vojtyla avrebbe tanto desiderato visitare la Russia, ma l’ostilità della Chiesa ortodossa ha sempre impedito la realizzazione di questo viaggio. Anche la Cina era una meta sognata, ma il governo non ha mai invitato Giovanni Paolo II.

Il Papa è sempre stato molto attratto dai bambini e dai giovani. Ricordiamo tutti le immagini del Papa che bacia i bimbi durante le udienze e l’emozione dei giovani riuniti a Tor Vergata nel 2000. In quella occasione il Pontefice, con sua nota simpatia, ha raccontato di un detto polacco, in cui si asseriva che “a star con i giovani si diventa giovani” e poi lo abbiamo visto cantare e muovere le braccia a suon di musica, come un ragazzo, insieme ai tanti presenti.

Karol Wojtyla, riconosciuto da tutti come un grande Pontefice, ha combattuto, sin dal 1981, con una salute precaria. Il 13 maggio di quell’anno, durante l’udienza del mercoledì in Piazza San Pietro, nella festa della Madonna di Fatima, alle ore 11,19, un colpo di pistola lo colpisce all’addome. L’attentatore, Mehmet Alì Agca, è un turco di 23 anni, un terrorista professionista già condannato a morte per omicidio ed evaso dal carcere di Istanbul. Il Papa viene trasportato immediatamente all’Ospedale Gemelli, dove il prof. Crucitti e la sua equipe, in un intervento che dura oltre cinque ore, estrae il proiettile che lo ha colpito. Il colpo, nella sua traiettoria, non lede alcun organo vitale ed il Pontefice, devoto della Madonna, ritiene di essere stato miracolato e, per sua espressa decisione, il proiettile viene inserito all’interno della corona della Madonna di Fatima.

Le motivazioni che hanno portato Alì Agca a sparare al Papa non sono mai apparse chiare, nonostante un lungo processo: si è parlato di attentato firmato da parte dei Turchi - l’attentatore apparteneva al gruppo terroristico detto dei Lupi Grigi - ma si è anche detto che il mandante fosse il KGB (servizio segreto sovietico), con l’aiuto dei Bulgari e la copertura della STASI (polizia politica della Germania dell’Est).

A tutt’oggi non abbiamo notizie certe su quanto effettivamente ha portato l’attentatore a sparare al Papa, ma il Pontefice, nella sua grande misericordia, ha perdonato costui, e si è anche recato a visitarlo in carcere,il 27 dicembre 1983: occasione in cui i due hanno parlato a lungo e si sono confidati. Quello che Agca abbia detto al Papa non ci è dato sapere, ma il dialogo fra i due appare, dalle immagini, rilassato e cordiale.

Rimane il mistero su questa vicenda, che Agca vuole, nelle sue farneticanti confessioni, ricollegare al caso Emanuela Orlandi, la giovane cittadina vaticana, rapita nel 1982, in circostanze oscure.

Abbiamo ripercorso rapidamente la vicenda dell’attentato ma il Pontefice ha avuto, a partire dagli anni 80, una serie di problemi che hanno minato il suo corpo atletico da grande nuotatore e sciatore, ma non la sua anima ed il suo spirito.

La sua grande battaglia è stata contro il Morbo di Parkinson, una malattia neurologica che deteriora i muscoli, portando ad un progressivo stato di paralisi. Lo abbiamo visto camminare con difficoltà, tremare e curvarsi, fino a non potersi più muovere.

Ma Giovanni Paolo II è stato per tutti esempio di grande fede: ha accettato il peso della malattia, ha continuato, incessantemente, a proseguire nel suo ministero, senza mai esitare, con la testardaggine che lo ha sempre contraddistinto e l’infinita fiducia in Dio e nella Chiesa.

Il giorno prima di morire, le sue ultime parole sono state per i suoi giovani, per coloro che lui ha sempre amato al di sopra di tutti: alla presenza di Joaquin Navarro Valls, il suo portavoce, ha detto: “Vi ho chiamato, voi siete venuti. Vi ringrazio”, rivolgendosi idealmente ai tanti giovani presenti da due giorni in Piazza San Pietro.

Stasera, dicendo con un filo di voce “Amen”, il Pontefice si è abbandonato al volere divino ed è andato incontro alla vita eterna, volgendo lo sguardo verso la finestra della sua stanza che si affaccia su Piazza San Pietro.

Sarà sempre nei nostri cuori e nei nostri pensieri. Carol Vojtyla è stato un grande uomo, un grande uomo di Chiesa. É stato colui che ci ha insegnato ad amare chiunque, i disabili, i poveri, i meno fortunati di noi.

Ricordiamo il suo grande insegnamento, affinché Giovanni Paolo II possa sempre essere orgoglioso dei suoi tanti “giovani” di tutto il mondo.