Entriamo nel “regno” del popolare cantante pugliese

 

UN VILLAGGIO DI NOME “ALBANO”

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Foto di Nicola ALLEGRI

Al Bano non è solo musica e canzoni. Voce e chitarra.  In genere lo si vede con il microfono in mano, su un palcoscenico o alla televisione, impegnato nelle sue melodie solari,  intessute sugli acuti difficili da raggiungere anche per un tenore di fama. Ma quello è solo un aspetto della vita di questo singolare e popolarissimo artista. Al Bano Carrisi ha una doppia vita, una doppia attività. E’ un cantante e anche un grosso imprenditore. Canta da quarant’anni e con il canto si è fatto conoscere e apprezzare in tutto il mondo. Ma da quarant’anni si dedica anche anima e corpo a coltivare la terra, a costruire case, a fare l’imprenditore agricolo.

<<Sono pugliese, sono nato in questa terra, sono sempre vissuto in questa terra e in questa terrà mi  è sempre piaciuto lavorare per costruire qualche cosa di nuovo>>, dice con orgoglio.

Mi trovo in compagnia del cantante, sulla cima della torretta che sovrasta la sua grande tenuta. Si eleva alta nel cielo, al di sopra di tutte le altre costruzioni. Da quassù, Al Bano domina con lo sguardo la sua terra e gli occhi gli brillano come gocce di rugiada. Brillano di soddisfazione ma forse più ancora di commozione. La terra, gli olivi, i vigneti, il grande bosco, il villaggio di case bianche con il ristorante, l’albergo, la cantina, il laghetto, la piccola chiesa: è tutto opera sua. Tutto realizzato da lui, frutto di idee e di grande lavoro. Ogni edificio della tenuta ha l’impronta della creatività di Al Bano. E in ogni costruzione egli ha lasciato qualche briciolo di pelle delle sue mani perchè da sempre, quando è a Cellino, si alza all’alba per lavorare, a fare l’architetto, il contadino o il muratore accanto agli operai impegnati nella sua terra.

<<Non cambierei questo posto per nessun altro al mondo>>, dice. <<Qui ci sono le mie radici, qui sento che il mio spirito è al suo posto.

<<Quando avevo 16 anni, andai via da Cellino e abbandonai la vita del contadino.  Quel lavoro era durissimo e gli sforzi non venivano mai ripagati abbastanza. Desideravo un futuro diverso. Me ne andai, ma promisi a mio padre che un giorno sarei tornato e gli avrei regalato una bella cantina. Così ho fatto. Il primo vino prodotto lo dedicai a lui, lo chiamai “Don Carmelo”. Conservo ancora la prima bottiglia ed è un ricordo speciale perché da allora è stata fatta tanta strada.>>

Oggi le proprietà di Al Bano rappresentano una vera e solida realtà imprenditoriale. La holding, cioè l’azienda madre, si chiama “Tenute Al Bano Carrisi”. Al suo interno ci sono 4 società; l’azienda agricola, l’azienda vinicola, l’azienda “Casa Carrisi” e la casa discografica. Oltre cento persone, durante l’anno, vengono coinvolte nel lavoro dell’azienda. Complessivamente viene gestito un territorio di 130 ettari, di cui 70 di terra coltivata prevalentemente a vigneti e ulivi, e i rimanenti 60 ettari sono un’area boschiva preziosissima. Si tratta dell’unica traccia rimasta della famosa “foresta oritana” di antica memoria. Questo polmone verde, il più vasto della Puglia, è sacro per Al Bano. Non solo lo ha salvato dalla distruzione, ma lo accudisce con amore, lo cura con perizia, tanto che è diventato una autentica oasi dove sono protette numerose specie vegetali e animali.

<<Fu nel 1969 che mi proposero di comparare il bosco>>, racconta Al Bano. <<Avevo cominciato a guadagnare bene, la canzone “Nel sole” girava il mondo. Mio padre mi aveva raccontato che in quel bosco lui vi era cresciuto e che il mio bisnonno vi aveva lavorato facendo il carbonaio. Mi ha detto che, durante il periodo del brigantaggio, il bisnonno era costretto a comprare vettovaglie non solo per la sua famiglia ma anche per una quarantina di briganti scappati dall’esercito di Francesco I, che si erano rifugiati proprio nel bosco. Se non li avesse accontentati, gli avrebbero tagliato la gola.

 <<Dopo l’acquisto del bosco, mi sposai e costruii la mia casa tra queste piante. Comperai altra terra intorno e poco per volta mi ritrovai ad essere quel contadino che avevo smesso di essere anni prima, quando me ne ero andato via>>.

Tra il bosco e la distesa agricola, Al Bano ha costruito anche un centro turistico che si snoda intorno alla sua villa, fatto da piccole case, appartamenti condominiali, un albergo, un ristorante e una chiesetta. Un piccolo borgo che può ospitare chi è alla ricerca dei sapori antichi della Puglia, della tradizione, dei colori e di un tipo di vita quasi dimenticato e lontano dal caos. Un progetto ambizioso e unico nel suo genere in quanto Al Bano è il solo artista di grandissimo successo che abbia investito i suoi guadagni nella terra dove è nato. Tutti gli altri, nati in provincia, con il successo si sono trasferiti nelle grandi città. Al Bano non lo ha fatto. Cellino San Marco, centro rurale nel più profondo sud Italia, è una località difficile da raggiungere. Eppure oggi, grazie a lui, è conosciuta ovunque.

Al Bano, con le sue iniziative edilizie e agricole, ha dato lavoro a decine di persone. Ha trasmesso la sua esperienza imprenditoriale a molti suoi coetanei che, a loro volta, hanno fatto fortuna, portando lavoro e benessere a Cellino. Basta seguirlo quando cammina per il paese. Stringe mani, riceve abbracci, pacche sulle spalle, risponde a saluti che gli vengono gridati da lontano. Tutti gli vogliono bene, lo stimano. Ma quell’affetto non è solo dovuto alla sua popolarità. Molte di quelle persone gli sono riconoscenti per aver avuto da lui lavoro, consigli e aiuti concreti.

Ora si addensano nubi scure sopra il bosco. Il vento che viene dal mare porta odore di pioggia e di alghe. Dalla torretta, Albano mi indica alcune nuove costruzioni. <<Ogni edificio, ogni appartamento, ogni pietra è plasmata secondo il mio gusto>>, dice. <<E’ tutto frutto di idee, di pensieri, di ricordi, di emozioni e di viaggi in giro per il mondo. Sono adattamenti, trasformazioni che seguono i miei stati d’animo. Diciamo che è come se il mio estro artistico, che esisteva solo nel campo della musica leggera, sia venuto fuori anche nel campo dell’architettura. E così dal fascino delle torri saracene di queste zone o dai castelli spagnoli sono nate le ispirazioni per combinare la pietra di tufo e di carpano con quella leccese. Sono idee che nascono dalla semplicità. Mi capita di essere in mezzo alla campagna e di vedere una pietra che la maggior parte delle persone riterrebbe inutile. E invece magari è vicino ad un ulivo secolare e ne ha preso l’energia. Allora la raccolgo e la faccio diventare protagonista di una mia idea creativa, inserendola magari in una parete. In questo modo, alla fine, ogni cosa che ti circonda può raccontare una storia. E’ come vivere una magia bellissima, è musica. E le persone che vengono qui lo avvertono.

<<Per il momento, tutto questo è finanziato dalla mia attività di cantante. La tenuta non è ancora in grado di badare a se stessa, è quasi un investimento a perdere. Sono testardo e voglio perseverare in questa avventura che può sembrare una pazzia dal punto di vista finanziario. Ma se avessi voluto guadagnare avrei investito altrove, a Montecarlo per esempio. Accumulare non è lo scopo della mia vita, e non lo diventerà mai. L’arte che è in me, quella che mi dà emozioni e mi fa scrivere canzoni, mi impedisce di ragionare solo con la testa. Mi fa agire invece col cuore. E nel mondo degli affari, il cuore è spesso un limite. Ma non ho rimpianti. Perché quando cammino tra i miei olivi e i vigneti, li sento tutti cantare insieme a me.>>

 

Nicola ALLEGRI