Caro
Tony e cari amici dell’Angolo di Renzo Allegri.
Domenica 3 ottobre, Giovanni Paolo II ha proclamato beato Carlo
d’Asburgo, ultimo imperatore d’Austria e ultimo Re d’Ungheria,
morto nel 1922, a soli 34 anni. Era
sposato con Zita, figlia di Roberto di Borbone Parma, ultimo
titolare del Ducato di Parma e Piacenza, dalla quale ebbe 8 figli.
Che
venga elevato alla gloria degli altari un imperatore, è una notizia
che fa un certo effetto. Si pensa che chi ha la ricchezza e il
potere non trovi tempo per pensare a Dio. Sono numerosi, invece, i
santi che appartennero a famiglie regnanti. Re Stefano d’Ungheria,
Sant’Agnese di Praga, Sant’Elisabetta d’Ungheria,
Sant’Enrico II imperatore, Santa
Brigida di Svezia, San Luigi IX re di Francia, San Ferdinando re del
Portogallo eccetera. Certo, erano uomini di tanto tempo fa, dirà
qualcuno. Ma sovrani, governanti e uomini
politici santi ce ne sono sempre stati e ce ne sono anche nella
nostra epoca. Presso la
Congregazione per le cause dei santi sono in corso processi di
beatificazione che riguardano, per esempio, Re Baldovino del Belgio,
Alcide De Gasperi, grande uomo di Stato italiano, Robert
Schumann, statista francese considerato il “padre” dell’Europa
unita, Konrad Adenauer, cancelliere della Germania Federale, Giorgio
La Pira, sindaco di Firenze e deputato al Parlamento italiano, solo
per citare qualche nome. E sono personaggi
del Novecento. Uomini santi ce ne sono sempre stati, presenti
in tutte le categorie sociali. Carlo d’Asburgo, anche lui uomo del
Novecento, ne è un esempio fulgido. Ecco in sintesi la sua storia.
Carlo
apparteneva a una delle più importanti case regnanti dell’Europa,
gli Asburgo, appunto. Una dinastia che ha avuto Imperatori del Sacro
Romano Impero per molti secoli. Era il figlio primogenito
dell’Arciduca d’Austria Ottone Francesco (nipote di sua altezza
imperiale e reale Francesco Giuseppe), e di Maria Giuseppina, nata
principessa di Sassonia.
Milioni
e milioni di persone nel mondo conoscono la storia dell’Imperatore
Francesco Giuseppe e di sua moglie, l’imperatrice Sissi, per
averla vista al cinema o alla televisione nei quattro commoventi
film che hanno come straordinaria interprete una giovanissima e
indimenticabile Romy
Schneider. Storia
romanzata, naturalmente, ma, affascinante e, benchè girati a metà
degli Anni Cinquanta, quei film continuano ad essere messi in onda
nelle varie TV e circolano anche in DVD con un indice di gradimento
sempre molto elevato.
Pochi,
invece, anzi pochissimi conoscono la storia della coppia imperiale
che succedette a Francesco Giuseppe e a Sissi sul trono
Austro-Ungarico, e cioè Carlo I° d’Asburgo e l’imperatrice
Zita. Eppure, Carlo e Zita, che al momento dell’ascesa al trono,
nel novembre 1916, avevano
rispettivamente 29 e 24 anni ed erano sposati da cinque, vissero
“realmente” come Francesco Giuseppe e Sissi appaiono nella
finzione filmica. La loro storia d’amore aveva proprio tutte le
caratteristiche di quella raccontata nel film. Carlo e Zita erano giovani, belli, innamoratissimi,
fedelissimi, la loro unione era pervasa da un romanticismo
tenerissimo e vero che incantava. Ma fu una storia brevissima con un
finale drammatico. Salirono al trono nel 1916, in piena guerra
mondiale, e dopo due anni, alla fine della guerra, furono costretti
all’esilio.
Vissero altri quattro anni insieme, sempre inseparabili e felici nonostante la povertà
e le ristrettezze economiche che rasentarono l’indigenza, poi
Carlo, colpito da una broncopolmonite, morì a soli 34 anni.
Zita
aveva 29 anni ed era bellissima, ma non si risposò più, anche se
molti furono i pretendenti alla sua mano. Non volle mai dimenticare
il marito, l’uomo dal quale aveva avuto otto figli. Visse ancora
per 67 anni, conducendo un esistenza ritirata, riservata, sempre nel
ricordo del suo Carlo.
Ora,
però, quella loro favola, finita in fretta e che gli sconvolgimenti
politici europei degli Anni Venti
avevano fatto dimenticare, è tornata alla ribalta. Ed è
tornata perchè la Chiesa
ha elevato alla gloria degli altari l’Imperatore
Carlo I. Si viene così a scoprire che quel giovane monarca, bello,
ricco, simpatico, generoso, romantico, era anche un santo. Il suo
amore per Zita aveva quelle misteriose caratteristiche di tenerezza
profonda, di fedeltà e di dono totali, come richiede appunto
l’amore assoluto.
Zita,
accanto a Carlo, aveva vissuto
un’esperienza sentimentale
altissima, per questo, nonostante le occasioni poi incontrate, non
aveva più voluto risposarsi.
<<Certo,
sembra incredibile, ma l’amore tra Carlo e Zita fu veramente
bellissimo>>, dice l’avvocato Andrea Ambrosi, postulatore
della causa di beatificazione dell’Imperatore Carlo d’Asburgo.
<<Studiando migliaia di pagine per preparare il
processo, ho trovato testimonianze straordinarie e leggendole io
stesso mi commuovevo>>.
Laureto
in Diritto Civile ed ecclesiastico e in teologia, patrocinante
presso la Sacra Rota e la Congregazione delle Cause dei Santi,
l’avvocato Andrea Ambrosi ha curato un poderoso volume sulle virtù
eroiche cristiane esercitate dall’Imperatore Carlo d’Austria in
vita, volume affascinante, che ad ogni pagina sorprende, rivelando
un mondo di spiritualità impensabile in un ambiente come quello
della grande corte imperiale austriaca del primo Novecento.
<<Non
è proprio possibile rimanere indifferenti di fronte all’esistenza
di questo giovane imperatore>>, dice ancora l’avvocato
Ambrosi. <<Carlo
condusse un’esistenza integerrima, pur vivendo in un ambiente
difficile e pieno di insidie. Fu un
fervente cattolico, un marito e padre esemplare ed amatissimo, un
figlio fedele della Chiesa e un pugnace avversario dei molti nemici
del Papa e della Chiesa stessa>>.
Carlo
nacque nel 1887. Sul trono Austro-Ungarico regnava, fin dal 1848, Francesco
Giuseppe e l’Imperatrice Sissi. Carlo era un loro pronipote. Era il primogenito dell’Arciduca
d’Austria Ottone Francesco, nipote di Francesco Giuseppe. Nella
linea di successione al trono
imperiale austriaco, Carlo occupava il quinto posto. Nessuno poteva
immaginare, allora, che sarebbe toccato a lui prendere il posto del
mitico Francesco Giuseppe. Ma
una serie di drammatiche circostanze sovvertirono tutte le logiche
previsioni. L’unico figlio maschio dell’Imperatore Francesco
Giuseppe e dell’Imperatrice Sissi, Rodolfo, morì misteriosamente
nel 1889 a Mayerling,
insieme alla sua giovane amante Mary Vetsera, senza lasciare figli
maschi. Il fratello minore di Francesco Giuseppe, Massimiliano, era diventato
imperatore del Messico e era stato fucilato
dai rivoluzionari già nel 1867. L'arciduca Carlo Ludovico, secondo
fratello di
Francesco Giuseppe, morì nel 1896. Allora divenne
principe ereditario l'arciduca Francesco Ferdinando, figlio di Carlo
Ludovico; ma, a causa del suo matrimonio morganatico con una
semplice contessa, fu costretto a rinunciare ai diritti al trono per
gli eventuali figli, e ad accettare, come erede presuntivo,
il proprio fratello,
Otto,
padre di Carlo.
Ma prima morì Otto, a soli quarant’anni;
poi, nel 1914, Francesco Ferdinando fu assassinato a Serajevo. Una
serie di lutti e di tragedie quindi aveva portato Carlo ad essere
erede al trono.
Carlo
ricevette la normale educazione che gli Asburgo riservavano
ai loro rampolli: l’apprendimento
delle varie lingue parlate nell’Impero, corsi ginnasiali e liceali
presso l’abbazia benedettina degli “Schotten” a Vienna, e poi
studi universitari a
indirizzo giuridico a Praga.
Ma fin da quando era un ragazzo, mostrò
una grande attenzione e un profondo interesse per i valori
religiosi. L’ambiente non era certo favorevole a questi valori.
Suo padre, uomo affascinante ma libertino, non gli diede buoni
esempi. Ma è difficile
conoscere i rapporti che si instaurano nell’animo tra la persona e
Dio, quando la persona risponde alla chiamata divina. E’ il
mistero della vita spirituale e della santità.
A
16 anni, Carlo entrò
nell’esercito e vi rimase fino alla fine della guerra, fino a
quando dovette andare in esilio.
Gli piaceva la vita militare. Tra i soldati si trovava
perfettamente a suo agio. Era molto buono e disponibile con i suoi
camerati, ai quali non solo non fece mai pesare il suo rango, bensì
faceva di tutto per farsi sentire uno di loro. La
vita militare è dura, a volte crudele e anche rozza. Ma come
succede sempre con le persone che tendono alla perfezione, Carlo
trasformava gli ambienti e le persone con i quali veniva in
contatto. Non si
lasciava influenzare, ma era lui che influenzava, cambiava,
migliorava con la sua bontà e la sua condotta.
I
suoi interventi a favore dei commilitoni erano esempi che
conquistavano i soldati. Subito
dopo le nozze, prestava servizio militare a Vienna. Alla vigilia di
Natale seppe che un camerata desiderava tanto poter andare a casa a
festeggiare con la famiglia, ma era ufficiale di picchetto e non
poteva muoversi. Carlo prese il suo posto permettendo al soldato di
correre a casa.
Durante
la guerra era generale comandante di corpo d'armata. Il suo posto
preferito era la prima linea da dove né i pezzi d'artiglieria che
gli piovevano accanto, né i bombardamenti aerei nemici
lo fecero mai indietreggiare. Era temprato
ad ogni fatica, dormiva su un ruvido
letto da campo insieme alla truppa. Anche se era successore al trono
imperiale, non voleva mai niente di speciale per sé. Quando
c’erano dei feriti, si inginocchiava accanto a loro e li medicava.
Se qualcuno moriva tra le sue braccia, piangeva senza vergognarsi.
Una volta, per salvare la vita di un soldato ferito, si gettò nelle
acque gelide dell’Isonzo in piena rischiando egli stesso di venire
travolto. Divenuto Imperatore, continuò a comportarsi come aveva
sempre fatto, visitando le truppe al fronte, sfidando i
bombardamenti nemici, fermandosi a parlare con i soldati,
inginocchiandosi accanto ai feriti.
Era
un soldato, ma non un sostenitore della guerra. Come soldato faceva
il suo dovere da soldato. Ma quando si trovò sul trono, fece di
tutto per raggiungere la pace. Non era stato lui a iniziare la
guerra, però si impegnò con tutte le sue forze per fermarla. Su
questo non ci sono dubbi e sono innumerevoli le testimonianze che lo
documentano. In uno dei suoi primi discorsi da Imperatore disse: “Grandi
compiti stanno davanti a noi. Il compito principale, che deve aver
presente colui che è responsabile delle sorti della monarchia è
di avviare il
più presto possibile una buona pace”.
Per
raggiungere questo scopo, mise subito in atto varie iniziative che
da molti vennero ritenute temerarie. Esonerò l'arciduca Federico
dalla sua carica di comandante in capo dell'esercito perchè
riteneva che non fosse un uomo di pace; trasferì la sede del
comando supremo da Teschen a Baden presso Vienna, per poter essere
sempre presente alle riunioni; allontanò i fanatici della guerra
dai posti di comando, alcuni li destituì; si oppose all’uso di
gas letali. contro il nemico, già usati dai tedeschi; rifiutò il ricorso ai sottomarini
per colpire le città nemiche che si affacciavano sull'Adriatico, ed in primo luogo
Venezia: per lui la popolazione civile era assolutamente
intoccabile. Per sostenere queste sue iniziative, si urtò con gli
alleati che lo accusarono di essere un debole e un vile. I suoi
tentativi di fermare la guerra furono definiti “un tradimento
nei confronti dell'alleato tedesco”.
Durante
la guerra, non si preoccupava solo dei soldati, ma anche della
popolazione. In tutto l’impero erano drammatiche le
difficoltà di approvvigionamento di generi di prima necessità,
vettovaglie e perfino il carbone per riscaldarsi. Tutti i cittadini
dovevano affrontare la dura realtà dell'economia di guerra e lo
faceva anche l’imperatore. Visse con la sua famiglia adottando le
razioni di cibo stabilite per la popolazione. Organizzò
cucine di guerra per dar da mangiare a chi non ne aveva. Impiegò i
cavalli di corte per l'approvvigionamento di carbone dei viennesi.
Lottò contro usura e corruzione, regalò ed elargì più di quanto
permettessero i suoi mezzi. Al Comando supremo a Baden rifiutava il pane bianco che veniva passato, e sotto gli occhi degli
ufficiali profondamente confusi, mangiava il pane di guerra nero.
In
piena Prima guerra mondiale, fu il sovrano che fece di tutto per
convincere gli altri Capi di Stato a firmare la pace senza
condizioni. Il suo sogno era il raggiungimento di una pace mondiale.
Mirava a superare i nazionalismi per formare una Grande Comunità
Europea basata sulla cooperazione, sul rispetto delle minoranze,
delle autonomie, delle culture, e delle singole persone, consapevole
che ogni persona è
unica, irrepetibile, con un progetto da realizzare che solo Dio
conosce. Ma nessuno dei Capi di Stato di allora lo comprese.
Giudicavano le sue teorie “utopiche”. Fecero di tutto per
isolarlo. Lo calunniarono, lo tradirono,
costringendolo all’esilio dopo solo due anni di regno. Se
lo avessero ascoltato, l’Europa unita sarebbe nata molto prima,
avrebbe avuto una Carta costituzionale più giusta e certamente non
avrebbe patito gli orrori della
terribile seconda guerra mondiale.
Grande
importanza ebbe nella sua
vita la moglie Zita. Si erano conosciuti da ragazzi. Zita,
che era nata in Italia, a Pianoro, in provincia di Bologna,
apparteneva ai Borboni-Parma. Era la diciassettesima dei ventiquattro figli di Roberto di
Borbone Parma, ultimo titolare del Ducato di Parma e Piacenza.
Quando aveva sette anni, fu compagna di giochi di Carlo nella
tenuta di famiglia di Schwarzau, vicino a Vienna, dove, con la
famiglia, trascorreva i mesi estivi. Poi si persero di vista perchè
lei andò a studiare prima in Inghilterra e poi in un collegio di
suore in Baviera. Si rividero nel 1910. Zita era molto carina e
Carlo ne fu subito conquistato. Quando poi seppe che doveva essere
promessa a don Jaime duca di Madrid, si affrettò a chiederla in
moglie. Si fidanzarono il 13 giugno 1911 e si sposarono pochi mesi
dopo, il 21 ottobre, con una cerimonia naturalmente molto sfarzosa
alla presenza anche del vecchio imperatore Francesco Giuseppe.
<<Al
processo di beatificazione Zita fu una delle principali testimoni e
le sue deposizioni giurate sono state straordinarie e preziose perchè
hanno permesso di poter conoscere a fondo la vita interiore di
Carlo>>, racconta l’avvocato Ambrosi, <<Lei raccontò
che solo a poco a poco si rese conto della bontà e della fede
dell’uomo che amava. Riferendosi ai primi tempi della loro
conoscenza, disse: “Già allora mi pareva un
cattolico veramente buono, ma non potevo completamente capire quanto
grande e profonda fossero la sua bontà e la sua fede. Sotto l'influsso
della santa Comunione dapprima frequente, poi quotidiana, si
svilupparono le virtù, che erano nel suo carattere e gli erano
concesse dalla grazia di Dio. Questo crescere era così poco
appariscente e così naturale, che mi riusciva difficile
percepirlo. Non vi era nulla a metà in lui. La mancanza d'ogni
presunzione, la sua refrigerante naturalezza e semplicità, si
approfondivano in sempre maggiore umiltà. La sua affettuosità di
cuore ed il suo desiderio di far felice tutta la gente ricevevano
sempre più una impronta paterna ed una profonda, consapevole
prontezza al sacrificio. La sua fortezza ed il suo senso del dovere
divennero totale dedizione al dovere datogli da Dio”>>.
La
caratteristiche fondamentali della spiritualità di
questo imperatore, furono quelle tradizionali di ogni
santo: la fede fervente, la
speranza instancabile, la
carità, il suo amore
infinito per i poveri, per i meno fortunati, e anche per i suoi
nemici. E poi, l'umiltà, la pietà, la modestia. La consapevolezza
del proprio essere figlio di Dio, che vive in mezzo agli uomini,
figli di Dio, tutti, indistintamente. La grande venerazione per
l'Eucaristia e la filiale devozione alla Madonna. Come ha dimostrato
il processo di beatificazione, egli esercitò le virtù cristiane
sempre, e in forma eroica. Le esercitò in particolar modo negli
anni dell’esilio.
Sofferenze,
umiliazioni le più cocenti, disinganni, mortificazioni: sopportò
tutto senza mai lamentarsi.
Il capo di una dinastia tanto prestigiosa e
gloriosa, come la Casa d'Asburgo, era trattato e perseguitato in
modo indegno dalle potenze nemiche. Eppure, dalla sua bocca non uscì
mai la minima parola di biasimo verso i nemici.
In
esilio si trovò abbandonato da tutti. E non aveva più niente. Gli
erano stati rubati anche i gioielli di famiglia che pensava di
vendere per dare da mangiare ai suoi figli. Non è esagerato dire
che patì la fame. Ma tutto questo lo visse in serenità e pazienza.
Si stabilì
dapprima in Svizzera a alla fine a Funchal, nell’isola
portoghese di Madeira.
Monsignor
Ernesto Seydl, che gli fu
vicino nel periodo dell’esilio, ha scritto:
<<Assisteva quotidianamente alla santa Messa, faceva la Comunione e restavo sempre colpito dal profondo
raccoglimento con cui l'imperatore faceva il ringraziamento dopo la
Comunione. Si vedeva come, chiuso a tutte le impressioni del mondo
esterno, fosse completamente immerso in Dio. La sera tardi tornava
sempre ancora una volta con l’Imperatrice per una visita al
Santissimo. Ero spesso commosso nel più profondo dell'anima,
vedendo inginocchiati davanti all'Eucaristico Dio nel silenzio
notturno i due duramente provati, illuminati solo delicatamente dal
chiarore della lampada eucaristica>>.
Nella
primavera del 1922, per il freddo e l’umidità della casa dove
abitava in gravissime ristrettezze economiche, fu colpito da una
forte influenza che si trasformò in broncopolmonite e lo portò
alla morte il primo aprile di quell’anno.
Nel corso della sua ultima notte su questa terra, alla moglie
che lo assisteva piangente, fece questa bellissima confidenza che
sintetizza la sua vita e anche la sua santità: <<Tutta la mia
aspirazione è sempre stata quella di conoscere il più chiaramente
possibile, in ogni
cosa, la volontà di Dio, e di eseguirla nella maniera più
perfetta>>.
Anatole
France, premio Nobel per la Letteratura nel 1921, scrisse di lui:
<<L'imperatore Carlo è l'unico uomo decente, emerso durante
la guerra, ad un posto direttivo; ma non lo si ascoltò. Egli ha
desiderato sinceramente la pace, e perciò viene disprezzato da
tutto il mondo. Si è trascurata una splendida occasione”.
E
lo scrittore inglese Herbert Vivian, che lo aveva conosciuto:
<<Carlo era un grande capo, un principe della pace, che voleva
risparmiare al mondo un anno di guerra; un uomo di Stato con idee
salvatrici per i complicati problemi dei suoi paesi; un monarca che
amava i popoli, un uomo senza paura, d'animo nobile, di prestigio,
un santo, dalla cui tomba si diffonde benedizione>>.
A
82 anni dalla morte, la Chiesa gli ha reso giustizia. Lo ha elevato
alla gloria degli altari, indicandolo al popolo di Dio come esempio
di vero cristiano. Per alcuni storici resta una figura
discussa da un punto di vista politico. Gli rimproverano ingenuità
politiche ed errori di governo. Ma non ci sono punti oscuri sulla
sua figura morale. L’avvocato Andrea Ambrosi, postulatore della
causa del beato Carlo d’Austria, ci ha detto: . <<Studiando
la vita del beato, leggendo le migliaia di pagine di testimonianze
delle persone che lo hanno conosciuto e che hanno esposto le loro
impressioni sotto giuramento, mi
sono reso conto che Carlo d’Austria è un grande santo e fu un
governante saggio e illuminato>>.
|