TUTTI INSIEME PER PADRE KIZITO

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Foto di Emanuela Gambazza

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Il 28 maggio, a Milano, ci sarà un grande concerto che si intitola “Quattro stagioni per l’Africa”. Sul palcoscenico del Teatro Dal Verme saliranno, a interpretare i loro più popolari successi, Lucio Dalla, Mimmo Locasciulli, Gianna Nannini, Gino Paoli, Ornella Vanoni, Roberto Vecchioni e Alessandro Cerino con la “Crescendo Jazz Band”: una squadra di artisti eccezionale, difficile da mettere insieme per tante comprensibili ragioni, ma tutto diventa facile quando c’è di mezzo il desiderio di essere utili, di fare qualche cosa per gli altri. Si tratta, infatti, di un concerto per beneficenza, a favore delle opere di un missionario italiano, Padre Renato “Kizito” Sesana, che da quasi trent’anni svolge la sua missione in Africa, soprattutto a favore dei bambini di strada, e gli artisti hanno risposto subito.

Padre Kizito in questi giorni è in Italia. Sta girando per il nostro Paese per sensibilizzare l’opinione pubblica sui problemi di milioni di persone che, nel grande continente africano, muoiono per malattie e fame. Ogni giorno parla in un posto diverso della nostra penisola, a volte lontano anche mille chilometri: un “tour de force” spaventoso, che il missionario sta affrontando da infaticabile comunicatore.

Chi lo incontra, anche una sola volta, ne resta affascinato. Volto segnato, sorriso irresistibile, sguardo sereno, cappelli e barba al vento. E’ gentile, disponibile, per tutti ha una parola. Non ama essere al centro dell’attenzione, non ama fare fotografie o calamitare l’interesse. Di natura è timido, quasi schivo. <<Faccio tutto questo per i miei bambini, solo per loro>>, ripete spesso quasi a chiedere scusa per aver portato via spazio sui giornali ad attori e soubrette.

Di fatto, padre Kizito sui giornali ci dovrebbe stare ogni giorno. In Africa il suo nome è quasi una leggenda e la sua figura richiama alla mente il mitico dottor Schweitzer, il missionario protestante tedesco che fu Premio Nobel per la pace nel 1953. Filosofo, teologo, organista di fama mondiale, Schweitzer, quando aveva trent’anni, decise di andare ad aiutare i poveri ammalati africani. Si laureò in medicina, si specializzò in malattie tropicali e andò a Lambaréné, nell’Africa equatoriale, dove fondò il suo ospedale che, per decenni, fu provvidenziale fonte di salvezza per migliaia di esseri umani dimenticati dal mondo civile.

Padre Kizito è un nuovo Schweitzer. Nato a Lecco, da giovane ha lavorato come perito meccanico alla Moto Guzzi di Mandello. In fabbrica ha maturato la vocazione religiosa, è diventato comboniano, assumendo il soprannome di "Kizito", lo stesso di uno dei martiri ugandesi del 1886. Ordinato sacerdote, si è poi laureato in Scienze politiche all’Università di Padova. Quando i Superiori lo incaricarono di dirigere la rivista  missionaria “Nigrizia”, mise in evidenza eccezionali doti di giornalista e scrittore. Una brillante carriera lo attendeva, ma nel 1977 lasciò la vita tranquilla nel nostro Paese per andare in Africa. Prima in Zambia, poi in Sudan quindi in Kenya. Nelle baraccopoli, tra i diseredati, i perseguitati, gli affamati, i moribondi, condividendo la loro sorte quotidiana e denunciando fame, miseria, sfruttamenti, guerre, ingiustizie.

Per la sua missione, insieme alla condivisione evangelica dell’esistenza dei più poveri, ha scelto l’arma dell’informazione. Ha fondato giornali, agenzie di notizie, radio, comunità, cooperative, associazioni: è un bulldozer inarrestabile di attività. E anche lui, come faceva il dottor Schweitzer, ogni tanto torna in patria, affronta massacranti tournée per raccogliere aiuti. E allora studenti, operai, imprenditori, professionisti, chiunque lo incontra resta conquistato. Soprattutto i giovani.

Il concerto del 28 maggio è stato organizzato proprio da un gruppo di giovani. In particolare, da Arnoldo Mosca Mondadori, un giovanotto pieno di ottimismo, che sprizza energie positive e dedica gran parte del suo tempo agli ideali di Padre Kizito. Stanno bene insieme. Sembrano due fratelli: uno giovane, l’altro attempato, ma legati dallo stesso fervore. Due mondi lontani che si fondono nell’anelito di essere utili al prossimo.

Arnoldino, come lo chiamano gli amici, sorprende per i cognomi che porta: Mondadori e Mosca, appartenenti a due famiglie che hanno segnato la cultura italiana degli ultimi sessant’anni. Con questi due illustri cognomi, Arnoldino potrebbe concedersi un’esistenza mondana dorata, ma è stato contaminato da quel “furore” che emana da Padre Kizito e così è diventato anche lui un inquieto, sempre indaffarato, sempre impegnato in operazioni culturali e benefiche: collane di libri per far conoscere i valori dello spirito che non tramontano mai e iniziative di solidarietà, come l’Associazione “Educatori senza frontiere”, con Don Mazzi, e “African Nyumba Association” con Daria Colombo, la moglie di Roberto Vecchioni.

Insieme al concerto del 28 maggio, Arnoldino ha realizzato a favore di Padre Kizito anche un bel volume, “Quaderno Africano”, pubblicato da Frassinelli, riuscendo a raccogliere ben 120 testimonianze sull’Africa, regalate da scrittori, giornalisti, personalità della cultura e dell’arte. Ha messo insieme una “Lotteria d’arte”, con opere di celebri pittori, e anche una “Asta benefica” da Sotheby’s: tutto a favore di Padre Kizito. Ma la cosa più straordinaria in tutta questa vicenda sta nel fatto che Arnoldino, a sua volta, ha attaccato il “virus” della solidarietà preso da Padre Kizito agli amici. Così, altri noti personaggi lavorano con lui: giovani manager, pubblicitari, politici, imprenditori, artisti, tutti coinvolti dallo stesso anelito altruistico. E’ commovente conoscere i risvolti di queste “epidemie” di volontariato, perchè fanno capire come nel cuore delle persone vi sia sempre tanta generosità. E quando qualcuno, con il bernoccolo dell’organizzatore, la solletica, esce allo scoperto e produce autentici prodigi.