E’ STATO UN POVERO SARTO, LAICO, A INSEGNARE A KAROL WOJTYLA LA DEVOZIONE ALLA MADONNA
Caro Tony, è diverso tempo che non ti scrivo. La ragione di questo mio silenzio sta nel fatto che sono stato molto impegnato nella stesura di un libro. Per fortuna ho finito di scriverlo proprio ieri e ora posso riposarmi un po’. E’ un libro particolare, che sarà pronto in libreria per la fine di aprile. Si intitola “Papa Wojtyla, pellegrino di Maria”. Riguarda proprio questa particolare caratterista della vita di questo nostro grande Papa: la sua condizione di “pellegrino”.
Mentre scrivevo questo libro, mi sono documentato anche sulla devozione mariana del Papa, che è una devozione grandissima. Ho cercato di capire come e quando è nata in lui, come si è sviluppata. Ed ho trovato dei dati che mi hanno molto colpito.
Ecco, se permetti, vorrei mandarti qualche pagina di ciò ho scritto su questo aspetto della vita di Wojtyla, e sono certo che sarà gradita a te e anche alle persone che in genere si soffermano a curiosare in questo “Angolo” che tu mi hai dedicato.
Cominciò ad amare la Madonna da bambino, guidato dalla propria madre, Elena, che, come tutta le donne polacche, sentiva in modo fortissimo questa devozione.
Nell’aprile del 1929, quando aveva nove anni, rimase orfano della madre. Fu cresciuto dal padre, Karol senior, che continuò a trasmettergli, soprattutto con l'esempio, i valori religiosi. Erano soli al mondo. Vivevano insieme, inseparabili, e dormivano anche insieme. E il Papa ha ricordato di aver visto, più volte, svegliandosi nel cuore della notte, suo padre inginocchiato ai piedi del letto assorto nella recita del rosario, e di non aver mai dimenticato quell'immagine di commovente devozione mariana. Ha imparato quindi dal padre a recitare il rosario ogni giorno e in uno dei suoi libri ha scritto: <<II rosario è la mia preghiera preferita. Preghiera meravigliosa! Meravigliosa nella sua semplicità e nella sua profondità>>.
A Wadowice, quando era studente liceale, si era iscritto al “Sodalizio di Maria”, un’associazione maschile di giovani che si proponevano di diffondere la devozione alla Madonna. E durante il liceo, era stato eletto per due anni consecutivi presidente di quell’Associazione. In occasione del suo ottantesimo compleanno, Giovanni Paolo II ha scritto un libro autobiografico che si intitola “Dono e Mistero”, e in quelle pagine indica la devozione alla Madonna quale fonte della propria vocazione sacerdotale e di tutto quello che poi ne è seguito.
Gli abitanti diWadowice lo frequentavano in gran numero, e ciò non mancava di riflettersi in una diffusa devozione per lo scapolare della Madonna del Carmine. Anch'io lo ricevetti, credo all'età di dieci anni, e lo porto tuttora. Si andava dai Carmelitani anche per confessarsi. <<Fu così che, tanto nella chiesa parrocchiale quanto in quella del Carmelo, si formò la mia devozione mariana durante gli anni dell'infanzia e dell'adolescenza fino al conseguimento della maturità classica>>.
Nel 1938 Karol Wojtyla, sempre assieme al suo papà, lasciò Wadowice e si trasferì a Cracovia per seguire i corsi universitari. A Cracovia in poco tempo divenne il giovane intellettuale più ammirato. Cominciò a frequentare i circoli letterari e teatrali, i salotti artistici, dove si tenevano concerti. Wojtyla, che già a Wadowice si era affermato come attore e come poeta, rivelò a Cracovia ancor più il suo talento. Divenne in quel periodo un attore ammirato, nei salotti recitava le sue composizioni poetiche, che erano ammirate e osannate. Tutti pensavano che sarebbe diventato un prestigioso esponente della letteratura polacca contemporanea.
Appena giunto a Cracovia, Karol cominciò a frequentare la parrocchia del quartiere dove era andato ad abitare. La chiesa era quella di San Stanislao Kostka, gestita dai salesiani. Come era sua abitudine a Wadowice, ogni mattina Lolek faceva una visita in quella chiesa e restava a lungo inginocchiato a pregare.
Era un tipo magro, goffo, curvo, con capelli grigiastri pettinati all’indietro. La sua voce aveva toni acuti, quasi come quella di una ragazza. Qualcuno lo considerava un po’ matto. Gli stessi sacerdoti della parrocchia non avevano una grande considerazione per lui. Invece, Jan Tyranowski era uno spirito illuminato e il giovane Wojtyla lo intuì subito.
<< Tyranowski>>, scrisse in seguito Giovanni Paolo II <<era una persona che si distingueva da tutte le altre. Di professione era impiegato, anche se aveva scelto di lavorare nella sartoria di suo padre. Affermava che il lavoro di sarto gli rendeva più facile la vita interiore. Era un uomo di una spiritualità particolarmente profonda>>. Jan Tyranowski avvicinò il giovane Wojtyla. Non si sa che cosa gli disse, ma tra i due nacque subito un’intesa. Dopo l’invasione della Polonia da parte delle truppe tedesche, la chiesa polacca viveva in grandissime difficoltà. I nazisti avevano arrestato moltissimi sacerdoti. Anche gli otto salesiani che lavorano nella parrocchia di San Stanislao erano finiti in campo di concentramento, tranne uno. Questi, per cercare di tenere viva la fede nella parrocchia, soprattutto tra i giovani, chiese aiuto ai laici e si rivolse anche Jan Tyranowski. Lo strano sarto si dedicava già a una sua piccola iniziativa spirituale tra i giovani, che aveva chiamato “Rosario vivente”. Anzi, in varie occasioni aveva anche parlato con i religiosi della parrocchia di questo suo lavoro, ma senza essere preso in considerazione. Ora però quella sua attività diventava preziosissima e fu pregato di coltivarla con grande diligenza.
Durante l’invasione tedesca, il movimento divenne clandestino. Come tutte le associazioni cattoliche, anche il “Rosario Vivente” fu proibito dai tedeschi. Essi consideravano i gruppi giovanili fertile terreno di complotti. Una volta la Gestapo fece irruzione nell'appartamento di Tyranowski durante una riunione. Nessuno sa che cosa il sarto disse per scongiurare l’arresto di tutti i presenti. Ci fu una lunga discussione, al termine della quale i poliziotti della Gestapo se ne andarono.
Negli anni dell’invasione, il movimento contava circa una sessantina di aderenti, il più giovane dei quali aveva 14 anni, ed erano guidati da quattro capi: uno di essi era Karol Wojtyla. Jan Tyranowski incontrava il gruppo al completo una volta al mese, ma era sempre disponibile a ricevere chiunque avesse avuto bisogno di parlare con lui. Per quei giovani egli era un vero padre spirituale, una guida di grandissimo valore che amavano e seguivano con ardore. I suoi insegnamenti erano elementari. Diceva che bisognava avere idee chiare e concrete sulle verità della fede, e su come si deve agire per metterle in pratica con determinazione. Suggeriva ai suoi giovani di fare l’esame di coscienza tutti i giorni e a tenere, su un quaderno, un controllo scritto quotidiano per verificare le proprie azioni e la fedeltà ai propositi fatti.
Tyranowski era un tipo carismatico. Riusciva a trasmettere entusiasmo. Da lui, Karol Wojtyla apprese certe abitudini di controllo e di disciplina nella vita spirituale, che conservò poi per sempre. <<Imparai così i metodi elementari di autoformazione che avrebbero poi trovato conferma e sviluppo nell'itinerario educativo del seminario>>, ha scritto Giovanni Paolo II. << Tyranowski, che era venuto formandosi sugli scritti di San Giovanni della Croce e di Santa Teresa d'Avila, mi introdusse nella lettura, straordinaria per la mia età, delle loro opere>>. Fu Tyranowski, infatti, a favorire, nel giovane Wojtyla, la conoscenza del misticismo spagnolo e in particolare, appunto, delle opere di san Giovanni della Croce e di Santa Teresa d’Avila. Opere che ebbero, poi, sulla sua formazione spirituale e sul suo pensiero teologico una grande influenza. Ma Tyranowski contribuì molto anche alla “maturazione” della devozione mariana di Karol Wojtyla. Fu lui a suggerire a Karol, in quegli anni di guerra, la lettura delle opere del grande mariologo francese San Luigi Maria Grignion de Monfort, in particolare il famoso “Trattato”, opera che è ancora fondamentale nella storia della mariologia. Quelle letture aiutarono Wojtyla a passare da una devozione mariana istintiva, a quella teologica, che lo accompagnerà per tutta la vita. <<A Cracovia>>, scrisse il Papa <<nel periodo in cui andava configurandosi la mia vocazione sacerdotale, anche grazie all’influsso di Jan Tyranowski, il mio modo di comprendere il culto della Madre di Dio subì un certo cambiamento. Ero già convinto che Maria ci conduce a Cristo, ma in quel periodo cominciai a capire che anche Cristo ci conduce a sua Madre.
<<Il trattato di San Luigi Maria Grignion de Montfort può disturbare con il suo stile un po' enfatico e barocco, ma l'essenza delle verità teologiche in esso contenute è incontestabile. L'autore è un teologo di classe. Il suo pensiero mariologico è radicato nel Mistero trinitario e nella verità dell'Incarnazione del Verbo di Dio. <<Compresi allora perché la Chiesa reciti l'Angelus tre volte al giorno. Capii quanto cruciali siano le parole di questa preghiera:
Parole davvero decisive! Esprimono il nucleo dell'evento più grande che abbia avuto luogo nella storia dell'umanità. <<Così, grazie a San Luigi, cominciai a scoprire tutti i tesori della devozione mariana da posizioni in un certo senso nuove: per esempio, da bambino ascoltavo “Le ore sull'Immacolata Concezione della Santissima Vergine Maria”, cantate nella chiesa parrocchiale, ma soltanto dopo mi resi conto delle ricchezze teologiche e bibliche in esse contenute. La stessa cosa avvenne per i canti popolari, ad esempio per i canti natalizi polacchi e le “Lamentazioni” sulla Passione di Gesù Cristo in Quaresima, tra le quali un posto particolare occupa il dialogo dell'anima con la Madre Dolorosa. <<Fu sulla base di queste esperienze spirituali che venne delineandosi l'itinerario di preghiera e di contemplazione che avrebbe orientato i miei passi sulla strada verso il sacerdozio, e poi in tutte le vicende successive fino ad oggi>>. Ma chi era veramente Jan Tyranowski?. Come mai si è trovato sulla strada di Karol Wojtyla? Perché il futuro grande Papa fu educato e spiritualmente formato, soprattutto nelle devozione mariana, da un laico? Certamente Jan Tyranowski fu un docile strumento nelle mani di “chi sapeva” quale missione doveva un giorno svolgere quel giovane di nome Karol Wojtyla.
Wojtyla non potè partecipare ai funerali. Era a Roma dove studiava i mistici spagnoli, alla cui conoscenza era stato introdotto proprio da Jan Tyranowski. E, in una commemorazione scritta, affermò: <<Tyranowski era uno di quei santi sconosciuti, celati come una luce meravigliosa in fondo alla vita, a una profondità dove generalmente regna la notte>>. Il sarto Jan Tyranowski fu, quindi, il vero maestro di Karol Wojtyla nella devozione alla Madonna. Lo aiutò a scoprire i veri fondamenti teologici su cui poggia questa devozione, costruendo in lui delle convinzioni solide che non avrebbe mai più dimenticato.
Un giorno, Vittorio Messori, il grande scrittore cattolico che ha avuto l’onore di scrivere un libro insieme a Karol Wojtyla, mi ha detto: <<Il nostro Papa non "crede" nella Madonna. Perchè, beato lui, ha raggiunto lo stadio dell'evidenza, della certezza. Lui “vive” la realtà spirituale come fosse una realtà fisica. Per lui la Madonna è una persona concreta, reale, e pensa a lei come si pensa a un componente della propria famiglia. Karol Wojtyla non è "devoto" della Madonna, è "innamorato" di Maria, nel senso letterale del termine e vive questo sentimento con la massima intensità>>. Renzo Allegri |