
Predicando con il pianoforte
Gli straordinari e singolari concerti di don Carlo José Seno
di Renzo Allegri -
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di Nicola Allegri
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Il 22 Ottobre, a
Roma, presso
la Sala della Conciliazione nel Palazzo
Lateranense, alla presenza del Cardinale Vicario di Roma, Agostino
Vallini, si è tenuta la solenne cerimonia di apertura della causa di
beatificazione del servo di Dio François-Xavier Nguyên Van Thuân,
cardinale vietnamita, morto il 16 settembre 2002 dopo una lunga
malattia. Aveva 74 anni.
Una figura eccelsa.
Grande testimone della fede del nostro tempo. Proveniva da una
famiglia i cui membri avevano subito molte persecuzioni per la
propria fede. E anche lui, nel 1975, due mesi dopo essere stato
consacrato vescovo, fu arrestato dalla autorità comuniste,
incarcerato e senza alcun giudizio né sentenza, trascorse 13 anni in
carcere, nove dei quali in isolamento.
E’ l’uomo della
speranza e dall’amore. Non perse mai il suo ottimismo cristiano e
non ebbe mai neppure una parola di risentimento contro i suoi
aguzzini. Esempio sublime, ammirato da tutti. La Chiesa di Roma,
dove, dopo la liberazione dal carcere, il cardinale vietnamita
trascorse gli ultimi dieci anni della sua vita, e dove ebbe
incarichi importanti, hanno voluto che la giornata dell’apertura del
processo della sua beatificaione fosse celebrata con particolare
solennità. Una celebrazione eucaristica aale 8.30 del mattino, la
al mattino, la consegna dei “Premi Van Thuân”, giunti alla terza
edizione alla 10.30, l’apertura del processo alle 12 e in serata, un
concerto-testimonianza, ispirato alla vita di questo martire per la
fede, dal titolo “Testimone della speranza”.
Spettacolo
singolare, ideato da un prete lombardo, don Carlo Seno, che prima di
diventare sacerdote, era un celebre pianista. Spettacolo che ha
richiamato l’attenzione su questo “straordinario predicatore con il
panoforte”, la cui storia è bellissima e merita di essere
raccontata.
<<Per seguire la mia
vocazione ero disposto a tutto, anche a sacrificare la musica>>,
dice don Carlo. <<Ma il cardinale Martini, che era arcivescovo di
Milano quando venni ordinato prete, mi suggerì di non abbandonare la
mia passione per il pianoforte. Così, a poco a poco, nacque una
nuova forma di apostolato, attraverso concerti-spettacolo su temi
spirituali o liturgici. La musica aiuta a capire e a creare quell’atmosfera
di emotività che raggiunge il cuore>>.
Cinquant’anni, alto,
slanciato, sorridente, entusiasta sempre, incorreggibile ottimista
con una comunicativa irresistibile, tipica degli artisti, don Carlo
è una di quelle persone che quando si incontrano non si possono più
dimenticare. I suoi “concerti-testimonianza” sono ormai famosi. Il
pubblico accorre sempre numeroso. Ed è costituito soprattutto da
giovani.
Il
concerto-testimonianza ispirato al cardinale vietnamita, don Carlo
lo ha già ripetuto 72 volte in giro per l’Italia. Un altro di questi
concerti, che ha avuto e continua ad avere grande successo, si
intitola “Chiara è la notte”, e si sviluppa intorno alla vicenda
umana di Chiara Luce Badano, ragazza ligure morta a 18 anni per
tumore e beatificata il 25 settembre scorso. “A gonfie vele”, è il
concerto che parla dello Spirito Santo; “A Cielo aperto”, è
incentrato su Dio Padre; “Sognando Sinfonia”, sulla Chiesa: “Su ali
d’Aquila”, sulla Riconciliazione; “Nella tua luce”, sui misteri
luminosi del Rosario; “Il grido di Dio e dell’uomo”, sul tempo
quaresimale, eccetera.
<<Lo
scopo della mia vita di sacerdote è diffondere la parola di Dio>>,
dice don Carlo. <<Lo faccio prima di tutto nel modo tradizionale,
con la mia vita e la mia attività pastorale, e poi anche utilizzando
l’amore per la musica che Dio ha messo nel mio cuore>>.
Da giovane, don
Carlo Serno era un “enfant prodige” del pianoforte. Diplomato al
Conservatorio di Milano, con perfezionamento al Conservatorio
nazionale superiore di musica di Parigi, era l’astro nascente del
concertismo internazionale, il pupillo di mitici concertisti quali
Vladimir Horowitz e Georges Cziffra. Produttori e Case discografiche
se lo contendevano perché vedevano in lui una vera star del futuro.
Ma poi, improvvisa e inattesa arrivò la sorprendente svolta, il
cambiamento, la vocazione.
Figlio di un
veneziano e di una peruviana, nacque con la musica nel sangue. Suo
padre era un pianista e trasmise a tutti i suoi cinque figli la
propria passione. In particolare, però, a Carlo José che fin
all’infanzia dimostrò di avere doti eccezionali. Infatti, iniziò lo
studio del piano a cinque anni.
<<Studiavo con
passione>>, ricorda. <<Per anni le mie giornate scivolarono via
veloci, tra gli impegni musicali e quelli degli studi classici. Non
avevo tempo per coltivare amicizie, per giocare con i coetanei, per
condurre un'esistenza normale. Ma ero felice. La musica era tutto
per me>>.
Si diplomò al
Conservatorio di Milano nella classe di Alberto Mozzati, ma già
prima del diploma era un concertista affermato. Vinse concorsi,
premi, e andò a perfezionarsi a Parigi, dove insegnava una delle più
prestigiose didatte del nostro tempo: madame Germaine Mounier.
<<Rimasi a Parigi
tre anni>>, racconta. <<Furono anni bellissimi. Madame Mounier mi
suggerì di andare ad alloggiare in un residence per giovani
musicisti, alla periferia della capitale francese. Un luogo
stupendo. Eravamo in cento, fra ragazzi e ragazze, tutti tra i
diciotto e i venticinque anni. Cinquanta francesi, gli altri
provenivano da ogni parte del mondo. Io ero l'unico italiano. Ognuno
di noi aveva un appartamentino elegante, indipendente. In quell'ambiente
internazionale, feci delle amicizie stupende e il mio mondo di
relazioni divenne finalmente più grande.
<<Fin da ragazzo,
quando pensavo al mio futuro, sognavo di sposarmi per formare una
famiglia unita, felice, simile a quella in cui ero nato. Negli anni
in cui vissi a Parigi, avevo l'età giusta per mettere su casa e
desideravo sposarmi. Perciò, fra le ragazze che frequentavo, cercavo
di individuare quella adatta. Ma accadeva sempre un fatto misterioso
e inspiegabile. Quando mi affezionavo a una ragazza, tutto
funzionava a meraviglia. Appena, però, cercavo di dare una certa
serietà alla relazione per pensare al matrimonio, accadeva sempre
qualcosa che rovinava tutto e capivo che quella ragazza non era
adatta a me. Dopo una, due, tre esperienze di questo genere,
cominciai a preoccuparmi. Fu allora che, dentro di me, cominciò a
farsi sentire una voce. Era lontanissima, debolissima, ma
insistente: 'E se il Signore volesse che tu lo seguissi diventando
sacerdote?', mi chiedevo”.
<<All’inizio, quella
prospettiva mi spaventò. Ero credente, cattolico, desideravo servire
Dio in qualsiasi posto, facendo qualsiasi professione, ma non quella
del prete, perché non la sentivo assolutamente come una strada fatta
per me.
<<Durante
l'ultimo anno della mia permanenza a Parigi, conobbi una ragazza
stupenda, intelligente, ottima pianista. Sembrava fatta apposta per
me. “Questa è la donna giusta”, mi dissi. Stavamo benissimo insieme.
Vedevo già il mio futuro accanto a lei. Ma poi, dopo alcuni mesi di
perfetto accordo, quando appunto cominciai a pensare al matrimonio,
come sempre si verificarono quelle strane incomprensioni, che
rovinarono ancora una volta tutto. Per un po’ di tempo cercai di
nascondere a me stesso quella triste verità sforzandomi di portare
avanti un rapporto che non stava in piedi. Alla fine, dovetti
arrendermi. E allora la voce misteriosa che mi chiamava verso
un'altra meta si fece molto più forte e nitida.
<<Tornai in Italia
preoccupato. Ancora una volta mi rivolsi a Dio e lo pregai con tutto
me stesso di illuminarmi. “Ora mi preparo per un concorso pianistico
importante”, dissi nella mia preghiera a Dio. “Deve essere quello
che darà una svolta definitiva alla mia vita. Dammi, Signore, un
segno per farmi capire quale deve essere la mia strada”.
<<Mi preparai a quel
concorso con grande impegno. Mi sentivo forte e sicuro come non lo
ero mai stato, neanche quando avevo vinto altri concorsi più
impegnativi e prestigiosi. Invece, fui eliminato alla prima prova.
“Questa è la risposta che ho chiesto a Dio”, mi dissi. Ormai, era
tutto chiaro. Dio mi chiamava, voleva che gli dedicassi la vita.
<<Passai lunghi mesi
riflettendo e soffrendo. Mi consigliai con dei sacerdoti, pregai
molto. Alla fine, decisi: avrei rinunciato a tutto, alla carriera,
alla famiglia, alla musica, per dedicarmi solo a Dio. Feci il mio
ultimo concerto, poi entrai in seminario. Il 26 giugno del 1990 fui
ordinato sacerdote>>.
Gli chiedo: <<Come
nacquero i suoi concerti-testimonianza, divenuti ormai famosi?>>.
<<Come ho detto>>,
risponde don Carlo <<fu il cardinale Martini a dirmi di non
abbandonare la musica. Ma anche il rettore del Seminario, don Luigi
Serenthà, quando mi accolse, mi fece la stessa raccomandazione.
“Sono felice che tu entri in seminario; però, devi portare il
pianoforte. Dio ti ha dato il dono di capire la musica e le qualità
per interpretarla: non devi trascurare i doni di Dio>”.
<<In seminario
continuai ad esercitarmi. Da sacerdote, all’inizio, cominciai con
concerti normali tenuti nelle parrocchie per attrarre i giovani.
Poi, decisi di servirmi della musica a commento di un tema che
trattavo anche con una esposizione verbale e in genere riguardava la
mia esperienza di incontro con Dio. Poi i miei concerti diventarono
tematici, sviluppavano temi liturgici che la Chiesa stava vivendo in
quel periodo, la Pasqua, il Natale, lo Spirito Santo eccetera”.
<<E
via via ho perfezionato questa idea, fino ad arrivare ai concerti
attuali, che sono specie di “catechesi artistiche” dove musica,
recitazione, letteratura, a volte anche immagini si fondono e
concorrono a creare quell’incontro che lega insieme palcoscenico e
platea in un unico anelito, quello della preghiera, della
riflessione, della meditazione su fatti, avvenimenti, concetti.
<<Con me
collaborano anche altre persone. Ci sono due sacerdoti, che
provengono da altre esperienze artistiche, don Paolo Zago e don
Natale Monza, e poi ragazzi, ragazze, insomma abbiamo allargato il
nostro modo di realizzare queste serate-testimonianza per una
riflessione comunitaria. Alcuni di questi concerti sono stati
raccolti in CD e in questo modo la 'Testimonianza' viene diffusa
anche dove io con i miei amici non possiamo arrivare>>.