Pino Pedano, uno dei massimi ebanisti del nostro tempo, torna ad esporre dopo anni si silenzio

SOLO PER AMORE DI PADRE PIO

Testo: Roberto Allegri  Foto: Nicola Allegri

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Dodici gigantesche sculture lignee, immerse in una surreale atmosfera luminosa che le avvolge e incornicia come in una visione fuori del tempo. E’ ciò che il visitatore può ammirare a Milano, nella celebre chiesa di Santa Maria Annunciata, detta “Chiesa rossa”,capolavoro dell’architetto Giovanni Muzio, dove si trova un sistema di illuminazione ideato, nel 1996, dal mago delle sculture fatte di luce, l’artista newyorkese Dan Flavin. “Porta del Paradiso”, “Speranza”, “Risurrezione”, “Muro di preghiera”, “La Vergine”, “La vittoria” sono alcuni dei nomi delle opere che l’artista Pino Pedano, siciliano di nascita e milanese di adozione, ha realizzato per questa sua ennesima rassegna che si intitola “Luce”. Ma anche un’opera dedicata a Papa Benedetto XVI, un ritratto di Padre Pio, un ricordo di Giovanni Paolo II.
“Un evento”, dicono gli esperti. Ma anche “un grande ritorno” perché, con questa rassegna l’artista siciliano riprende in piano la sua attività creativa dopo anni di silenzio.

Dal 1977 al 1992, Pedano, 60 anni, è stato uno degli artisti italiani più celebrati nel mondo. Quaranta mostre, tra personali e collettive, tenute nelle più esclusive gallerie di Parigi, New York, Tokyo, Zurigo, Basilea, Amburgo, Londra, oltre naturalmente in quelle di varie città italiane. Dalla critica più raffinata era celebrato come straordinario “creativo d’avanguardia”, capace di lanciare tendenze, mode e stili di successo. Poi, nel 1992, Pedano è come scomparso, in un silenzio che è durato quattordici anni. E’ tornato nel 2006 con una mostra dal titolo “La vita nuova” presentando opere che dimostravano come l’artista fosse profondamente cambiato. <<Nella mia vita sono accaduti fatti straordinari e incredibili>>, diceva Padano e ora, in questa nuova mostra, che si intitola “Luce, e che come afferma l’artista, è l’inizio di una serie di opere, svela il significato di quei fatti “misteriosi e incredibili”, e il percorso che egli ha compiuto nel lungo periodo di silenzio e di inattività


<<Questa è una mostra postuma>>, mi dice sorridendo Pino Pedano. <<Perché, in realtà, io sono morto tempo fa. Ero condannato da un male incurabile, ma Padre Pio mi ha salvato e da quel momento io sono solo un operaio, un manovale. Il progetto di tutto quello che faccio e che farò è di Padre Pio, è di Dio. Non mio.>>


<<E’ per questo motivo>>, gli domando <<che le opere di questa mostra hanno titoli che richiamano temi ed eventi religiosi e spirituali?


<<Certo>>, risponde deciso. <<Io sono cambiato, sono un uomo diverso, un uomo nuovo. Dio ha portato una rivoluzione dentro di me, come persona e come artista. Tutto quello che faccio ha un altro significato. Per tutta la mia carriera ho lavorato come un forsennato raggiungendo il successo. Poi è accaduto il miracolo che mi ha fatto aprire gli occhi su un mondo che non conoscevo. E ho cominciato tutto da capo>>.


<<Si spieghi meglio>>.


<<La mia ultima mostra di quel periodo la feci nel ’92 alla Rotonda della Besana a Milano. Fu un evento straordinario ma io ero seriamente esaurito. Mi sentivo sempre stanco, avevo fortissimi dolori allo stomaco e seguitavo a perdere peso. Circa un mese dopo ebbi uno sbocco di sangue e fui ricoverato d’urgenza con una brutta emorragia. Il responso dei medici fu una sentenza: avevo un tumore ai polmoni e un diabete così alto da rendermi inoperabile. Mi restava ancora qualche mese di vita. Ero disperato. Avevo una moglie e tre figli piccoli e mi sembrava di impazzire al pensiero che sarebbero rimasti soli. Ricordo che quella notte, nella mia stanza d’ospedale. piangendo mi misi a pregare. Era una cosa che non facevo da tempo.>>


<<Perché? Lei non è sempre stato credente?>>


<<Lo ero per modo di dire. Dai miei genitori avevo ricevuto un’educazione cattolica e non l’avevo mai ripudiata. Ma non ero certo un praticante. Il fatto è che quando mi ammalai, quando mi dissero che in breve tempo sarei morto, mi aggrappai con forza a Dio. Anzi, per la verità mi rivolsi a padre Pio, che allora non era ancora beato>>.


<<Come mai proprio a padre Pio?
>>


<<Perché fin da bambino ne avevo sentito parlare in famiglia, dai miei genitori e dagli zii. Una volta diventato adulto praticamente mi sono scordato di padre Pio ma invece lui, in qualche modo, mi è rimasto dentro il cuore. Infatti, nel momento di maggior bisogno il suo nome mi venne alle labbra. La sera in cui mi misi a pregare, all’ospedale, tenevo una sua immaginetta tra le mani. Ero sfinito dalla sofferenza, dalla paura e anche intontito dai calmanti che mi avevano dato. Così mentre pregavo mi addormentai. Verso l’alba fui svegliato da una luce potentissima che illuminava la stanza. Era una luce accecante, irreale. E sentivo che mi stava entrando dentro. In quella luce fortissima mi accorsi che c’era padre Pio. Non lo vidi chiaramente perché era impossibile riuscire a tenere gli occhi aperti davanti a quella luce. Però sentivo con assoluta certezza che padre Pio era lì, accanto a me, e provai una gioia straordinaria. Fu una sorta di estasi e non so quanto durò. Ma quando la luce scomparve, io ero guarito. Mi sentivo benissimo, come se non avessi mai avuto alcuno problema.>>


<<I medici cosa dissero?>>


<<A loro non raccontai niente perché temevo mi prendessero per matto. Dissi solo che mi sentivo meglio. Loro fecero degli esami e non trovarono traccia del cancro. Non riuscivano a capire, erano allibiti. Allora iniziarono a farmi prelievi, lastre, biopsie: davano la caccia al male che non esisteva più. Alla fine dovettero arrendersi. Io chiesi di tornare a casa e fui dimesso. Da allora, del tumore non ho più avuto notizie e sono anche guarito dal diabete>>.


<<Quindi, si ritiene un miracolato di Padre Pio?>>


<<Esatto, è proprio così. Sono un miracolato. Ho riflettuto spesso su quanto mi accadde quella notte e soprattutto sul perché sia accaduto proprio a me, ma non ho mai trovato una spiegazione. Ciò che sento dentro il cuore è che Padre Pio ha voluto farmi un dono, darmi una nuova vita. E per questa ragione ho deciso di testimoniare il vangelo e l’amore di Dio attraverso il mio lavoro. Ecco perché, ora faccio solo opere di ispirazione spirituale, che sappiano richiamare l’attenzione sul mondo dello spirito e sui misteri della Fede. Continuerò per tutta la vita su questa strada, costi quel che costi.>>


<<La sua ultima mostra si intitola “Luce”. La stessa luce che lei vide nella stanza d’ospedale?>>


<<Sì. E’ la luce di Dio, l’unica luce in grado di illuminare la nostra strada. Oggi gli uomini non hanno più punti di riferimento, non hanno guide. Ma Dio è sempre presente e la sua luce può condurre l’umanità fuori da qualsiasi problema. Ma “luce” è anche l’arte di Dan Flavin, il grande artista americano che ha illuminato la chiesa dove si trova la mostra. In un certo modo lui ha voluto passarmi il testimone.>>


<<Perché?>>


<<Dan Flavin è morto solo, abbandonato da tutti e negli ultimi anni della sua vita ha trovato conforto solamente in Dio. La sua ultima opera, quella nella “Chiesa Rossa” dove si trova la mia mostra, l’ha dedicata proprio a Dio. Ma non ha fatto in tempo a vederla realizzata perché è morto prima. E allora io, che dovevo essere morto anni fa, mi ritrovo invece ad esporre la mia arte all’interno di un’opera di Flavin, l’opera che lui non ha mai visto compiuta. C’è un disegno in tutto questo, davvero una sorta di passaggio del testimone. Per questa ragione mi sono buttato anima e corpo nel progetto, lavorando anche venti ore al giorno.>>


<<Un grande impegno>>


<<A volte davvero massacrante. Ma non sono mai stato solo. Ho avuto l’aiuto dei miei figli. E anche quello, sempre presente, di Padre Pio. Ne sono convinto. Una delle opere, intitolata “Speranza”, è una grande croce di pioppo alta più di tre metri e pesante oltre due quintali e mezzo. E l’ho fatta tutta da solo! Non so come sia stato possibile se non pensando che “qualcuno” era al mio fianco. Nella nuova mostra vi è anche la mia prima scultura in bronzo. Un ritratto di Padre Pio sorridente che resterà perennemente all’esterno della Chiesa e che potrà rappresentare un punto di preghiera per chiunque lo vorrà. Il bronzo è stato ricavato da una scultura in legno che ho iniziato quattro anni ma che ho terminato l’anno scorso praticamente da cieco. Un serio problema alle cataratte mi impediva di vedere. Ho finito la scultura con gli scalpelli a mano, orientandomi col tatto. Non avrei potuto farlo se Padre Pio non fosse stato accanto a me.>>


<<Nella nuova mostra c’è anche un’opera dedicata a papa Wojtyla>>.


<<Sì, un’opera gigantesca che vuole ricordare i suoi anni di pontificato e i suoi viaggi nel mondo. Nell’opera c’è una foto del Papa, un primo piano del suo sguardo, scattata da mio figlio il 17 maggio 2004 in piazza San Pietro. Il Papa passò a pochi metri da noi, si girò e ci guardò a lungo. I suoi occhi profondi, di un blu intenso, li sento ancora addosso. Quello ritratto nella foto è uno sguardo forte, che conquista e che insegna. Uno sguardo che sembra dire a tutti gli uomini: “State attenti, perché la vita non è un gioco!”>>


<<Le sue sculture sono esposte in una chiesa e ci sono persone che sentiranno il desiderio di meditare, forse anche di pregare davanti a quelle opere. Che effetto le fa?>>


<<Sono convinto che sia un progetto che parte da lontano. Ricordo che nel 1975 quando feci una importante mostra a Zurigo, alcune persone comperarono una mia scultura per una sala di preghiera in una chiesa. E la stessa cosa avvenne nel 1979 quando esposi a New York. Per me, allora, Dio era lontano, avevo altre cose per la testa. Eppure Lui mi inseguiva, mi stava addosso. Ora la gente mi dice che ha pregato davanti alle mie opere, che si è commossa, che ha pianto. Sono felice ma so anche che non è merito mio. Sono solo una persona che fa delle cose con le mani e basta. L’artefice di tutto è un altro.>>