
Nel numero scoro del “Faustino” abbiamo ricordato Giovanni XXIII nel
cinquantesimo della sua elezione a Pontefice. Ecco ora il racconto
di un grande prodigio ottenuto per sua intercessione.
<<SONO UN “MIRACOLO VIVENTE”
DI PAPA GIOVANNI>>
Di
Renzo Allegri - Foto
Nicola Allegri
Copyright
© 2007 editorialegliolmi.it
tonyassante.com
<<Sono viva grazie a Papa Giovanni
XXIII. Mi ha guarita nel 1966 e io gli ho dedicato la mia vita>>.
Così dice Suor Caterina Capitani, 64
anni, religiosa nella Congregazione “Figlie della carità di San
Vincenzo de' Paoli”. <<Nel maggio di quell’anno, dopo una lunga
malattia, stavo morendo. Mentre ero in agonia, mi apparve Papa
Giovanni che mi disse: <<Non temere, non hai più niente>>, e sono
immediatamente guarita.
Suor Caterina è una religiosa dal
fisico minuto e fragile.
Attualmente lavora in una Casa di
accoglienza per malati di Aids a Napoli, ma è stata per 40 anni
responsabile di vari ospedali in grandi città italiane. << Tutti i
medici che conoscono la mia storia clinica si meravigliano>>, dice.
<<Sostengono che, per loro, sono un
“fenomeno inspiegabile”. E i medici credenti, che sanno della mia
guarigione prodigiosa, mi definiscono “un miracolo vivente”.
Infatti, da 42 anni sono senza stomaco, senza milza, senza pancreas
e senza altri organi tolti al mio corpo in quindici gravi interventi
chirurgici. Per la scienza medica dovrei essere morta o tirare il
fiato con i denti su una sedia a rotelle. Invece, posseggo una
energia potente. Resisto a qualunque fatica. E il mio segreto è Papa
Giovanni che mi sta sempre vicino>>.
Una
storia, quella di Suor Caterina, che ha veramente dell’incredibile.
Una storia accaduta tanti anni fa, riconosciuta dalla chiesa come un
autentico miracolo, il miracolo che è poi servito per la
beatificazione di Papa Giovanni, avvenuta nel 2000. Ma un miracolo
che si ripete tutti i giorni perché, come affermano anche i medici,
Suor Caterina, nelle condizioni fisiche in cui si ritrova, non
potrebbe essere viva e tantomeno condurre un’esistenza attivissima
come quella che conduce. E mentre tutto il mondo cattolico si
prepara a celebrare, il 28 ottobre, il cinquantesimo anniversario
della elezione di Papa Giovanni XXIII, vogliamo ricordare questa
storia straordinaria.
Tutto comincio nel 1962, quando Suor
Caterina, che aveva allora 18 anni, accusò improvvisi e lancinanti
dolori allo stomaco seguiti da una forte emorragia. Poiché quelle
crisi si ripeterono diverse volte, venne ricoverata. Fu sottoposta
a esami, cure, diete, visite specialistiche: nessun medico riusciva
a dare un nome a quei dolori.
Dopo aver pellegrinato per due anni
da un ospedale all’altro, nel 1964 approdò alla Clinica Mediterranea
di Napoli, che era allora diretta dal Professor Giuseppe Zannini,
direttore dell’Istituto di Semeiotica chirurgica dell’Università di
Napoli, specialista in chirurgia dei vasi sanguigni: una autorità
medica di fama internazionale. Il professore diagnosticò “una forma
di ulcera strana, rara e gravissima” e decise di operare. Trovò che
lo stomaco della suora, all’interno, era completamente ricoperto di
varici, forse provocate da un cattivo funzionamento della milza e
del pancreas, e fu costretto ad asportate lo stomaco al completo, e
anche la milza e il pancreas. L’esofago venne collegato direttamente
a quella parte di intestino chiamato “digiuno”. Fu necessario anche
tagliare la vena aorta e collegarla a quella cava, deviando la
circolazione del sangue. Un intervento delicatissimo, lungo,
d’avanguardia. Le probabilità che Suor Caterina potesse
sopravvivere erano minime.
Seguirono altri due anni di
calvario: blocchi intestinali, collassi cardiaci, svenimenti,
vomito quasi continuo. La suora veniva nutrita quasi elusivamente da
fleboclisi, ma le sue condizioni peggioravano in continuazione.
<<Nel maggio 1966 ero alla fine>>,
racconta Suor Caterina. <<Anche i medici si erano arresi. Solo un
miracolo poteva salvarmi. Le mie consorelle pregavano Papa Giovanni,
che, morto da appena tre anni, aveva fama di essere un grandissimo
santo. Anch’io lo pregavo. Avevo soltanto ventidue anni e non volevo
morire. Da una rivista avevo ritagliato una sua immagine sorridente
e la tenevo sempre con me, ma sembrava sordo alle mie preghiere.
<<Il
14 maggio, dopo una grave crisi di vomito, sentii che avevo l’addome
tutto bagnato. Chiesi a una consorella di controllare che cosa fosse
accaduto: sullo stomaco si era aperto un buco, dal quale uscivano
succhi gastrici, sangue e qual poco di succo d’arancia che avevo
bevuto.
<Fu chiamato il medico. Disse che si
era formata una perforazione, la quale aveva causato una fistola
esterna. Da quel momento, tutto quello che ingerivo, usciva da quel
foro. I succhi gastrici corrodevano la pelle, e la zona del mio
stomaco e dell’addome in un paio di giorni era diventata una piaga
viva. In seguito, la perforazione provocò una peritonite diffusa,
con febbre altissima. Date le mie condizioni, un intervento
chirurgico era impensabile. E questa volta era proprio la fine. Mi
diedero l’estrema unzione e attendevo la morte.
<<Il 25 maggio, verso le 14.30,
chiesi alla consorella che mi assisteva, di socchiudere la finestra
perché la luce mi dava fastidio. Mi accontentò. In quella penombra
mi pareva di trovare un po’ di sollievo e mi assopii. Ad un certo
momento sentii una mano che mi premeva la ferita sullo stomaco e una
voce d’uomo che disse: “Suor
Caterina, suor Caterina”. Pensai fosse il professor Zannini. Mi
girai e vidi, accanto al mio letto, Papa Giovanni: sul volto aveva
lo stesso sorriso dell'immagine che portavo sempre con me. Era lui
che teneva la mano sulla mia ferita allo stomaco.
« “Mi hai molto pregato”, disse.
“Molte persone lo hanno fatto. Me l'avete proprio strappato dal
cuore questo miracolo. Ma ora non temere, non hai più niente. Suona
il campanello, chiama le suore, fatti misurare la febbre e vedrai
che la temperatura non arriverà neppure a trentasette gradi. Mangia
tutto quello che vuoi, come prima della malattia: sulla tua ferita
tengo la mia mano”
<<La visione scomparve. Tremavo per
l'emozione. Mi chiedevo se stessi sognando. Mi resi conto che non
avevo più alcun dolore, ma non osavo chiamare le suore per non
essere presa per pazza. Dopo alcuni minuti, decidi di fare ciò che
mi aveva detto il Papa: suonai il campanello. Le suore accorsero. Mi
trovarono seduta sul letto. Mi guardarono trasognate. Non riuscii
più a contenere la mia gioia, e gridai: "Sono guarita. E stato
Papa Giovanni. Misuratemi la febbre, vedrete che non ho più niente".
<<La
madre superiora pensò fossi in preda al delirio che precede la
morte. Mi misurarono la febbre: 36 e 8. “Avete visto?”, dissi con
aria di sfida. “E ora datemi da mangiare perché ho fame”.
<<Da parecchi mesi non riuscivo a
tenere niente nello stomaco. La madre superiora diede ordine di
accontentarmi. Una suora mi portò del semolino che, tra gli sguardi
allibiti delle mie consorelle, ingoiai voracemente. “Ho fame
ancora”, dissi. Mi portarono una minestrina, poi delle polpette, un
gelato e mangiai tutto.
«A quel punto, la madre superiora,
che non era ancora convinta di ciò che stava accadendo davanti ai
suoi occhi, disse: “Adesso dobbiamo cambiarti”, pensando che tutto
quello che avevo mangiato fosse uscito dalla fistola aperta sullo
stomaco. Un’infermiera portò delle garze e dei vestiti puliti. Mi
scoprirono. L'infermiera gridò: "Ma qui non c'è più niente". Le
suore caddero in ginocchio piangendo per la commozione. Fino a poco
prima la pelle del mio stomaco, corrosa dai succhi gastrici, era
tutta una piaga; ora non c'era più niente. Della fistola, nessuna
traccia: la pelle era liscia, pulita e bianca. Ero completamente
guarita.<<Da
allora>>, conclude Suor Caterina <<i guai di quella lunga malattia
scomparvero totalmente. E, pur senza stomaco, senza milza, senza
pancreas, ho continuato a vivere, a lavorare moltissimo, grazie a
Papa Giovanni>>
