I REPORTAGE dei FRATELLI ALLEGRI
Nell’anno Internazionale dell’Astronomia, quattro illustri
scienziati danno il loro parere sull’ipotetica esistenza della vita
su altri pianeti.
GLI EXTRATERRESTRI?
SONO DIETRO L’ANGOLO
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DI
Roberto
Allegri - Foto di
Nicola Allegri
L’UNESCO ha decretato il 2009 “Anno Internazionale dell’Astronomia”.
Si celebra perciò in tutto il mondo l’interesse e lo studio per le
stelle, i pianeti, le galassie, gli asteroidi, le comete. E anche
per tutto quello che sta, o potrebbe stare, dietro di essi.
Sì, perché una specie di speranza viaggia con l’immaginazione oltre
le distanze siderali, una speranza che alberga nel cuore della gran
parte di noi “terrestri”, che ha alimentato, e continua a farlo,
romanzi e film a non finire: quella di non essere soli
nell’universo.
Il tema degli extraterrestri è molto delicato. Una delle prime cose
che vengono alla mente sono ovviamente i numerosi avvistamenti dei
dischi volanti, le foto sgranate di strani oggetti nel cielo e di
bizzarre luci che si trovano in internet o sui giornali. Sembra però
che tutto questo sia come immerso in una credibilità un po’ fumosa,
come nebbia, senza punti fermi. D’altra parte, è doveroso dire che
esiste anche un esercito di testimoni pronti a giurare sulla realtà
di ciò che hanno visto. Il fatto è che gli avvistamenti di “strani
oggetti non identificati” non rappresentano una prova scientifica e
quindi i sostenitori della cosiddetta ufologia si scontrano spesso
aspramente con il mondo scientifico che invece pretende dati e prove
concrete.
Ma
davvero la scienza non vuol sentir parlare di extraterrestri?
Davvero il mondo scientifico considera la possibilità di incontrare
forme di vita aliene solamente una semplice fantasia? Non è proprio
così e se lo pensiamo, siamo fuori strada.
Abbiamo voluto incontrare alcuni scienziati ad alto livello, persone
che hanno dedicato la vita, con successo, allo studio rigoroso dei
fatti concreti e che quindi non danno molto credito ai vari
avvistamenti UFO. Però la loro mentalità aperta ci ha fatto capire
come la scienza non sia rigidamente convinta che l’uomo sia l’unico
essere nell’universo. Anzi.
Il dottor Massimo Teodorani è uno dei più brillanti astrofisici del
nostro Paese, laureato in astronomia e con un dottorato in fisica
stellare e della galassia. Ha lavorato per diversi anni col CNR
occupandosi anche del progetto S.E.T.I., una ricerca sulla presenza
di intelligenze extraterrestri nello spazio ed è autore di numerosi
volumi di divulgazione scientifica che stanno riscuotendo un buon
successo editoriale. Lo incontriamo nel suo appartamento di Cesena,
una casa semplice e piuttosto spoglia, stipata però di libri, per la
maggior parte in inglese, le cui copertine mostrano fotografie di
pianeti, galassie, complicati diagrammi e formule matematiche.
Massimo
Teodorani è un tipo schivo e timido e si vede subito che non lo
appassiona incontrare i giornalisti. Ma una volta superate le sue
difese ecco che si scopre un appassionato oratore che si infervora,
gesticola e sgrana gli occhi nel parlare degli argomenti che più
ama.
<<E’ in sé del tutto irrazionale pensare che siamo soli
nell’universo>>, dice scuotendo la testa. <<E ritengo sia veramente
importante studiare con rigorosi criteri scientifici la possibilità
che esistano altri esseri intelligenti. Non solo per farci sentire
meno soli in un cosmo sconfinato. Anche per avere lo stimolo
necessario ad indagare alcuni aspetti dell’universo fino ad ora
ignorati e che si fondano su leggi fisiche ancora da capire. Cercare
forme di vita extraterrestri è una logica aspirazione che nasce dal
nostro desiderio di capire l’universo che ci circonda. Io credo che
l’universo sia stato costruito per la vita e non che la vita sia un
evento casuale. Se un Dio esiste ed è intelligente e sa far buon uso
dell’immenso spazio che ci ha riservato, probabilmente desidera che
l’universo acquisisca coscienza di sé attraverso lo sviluppo
dell’intelligenza di tutte le parti che lo compongono.
<<Oggi
la Scienza
non è contraria alla possibilità della vita oltre la terra. Se per
“vita extraterrestre” si intende qualunque forma di vita, anche
quella più primitiva come ad esempio i batteri, la scienza attuale
non ha alcun dubbio. Ma se invece si intende una vita intelligente
che cerca di mettersi in contatto con i terrestri, allora la scienza
tiene un atteggiamento più cauto. Anche se non nega che nella nostra
galassia, così come in altre, potrebbero essersi sviluppate civiltà
con un livello tecnologico così avanzato da poter trasmettere dei
segnali a grandi distanze. La scienza segue queste ricerche ed è per
questo che sono nate nuove discipline come l’astrobiologia, che si
interessa dei processi biochimici che portano alla vita nello spazio
interstellare, e la bioastronomia, che si dedica alla ricerca di
pianeti con caratteristiche simili alla terra. Cerca anche segnali
che possono essere stati inviati da eventuali civiltà extraterrestri
con una tecnologia avanzata.>>
Se la scienza sta cercando di captare segnali nello spazio forse
lanciati dagli alieni, significa che non si tratta proprio di un
argomento “tabù”. Ci chiediamo però di quali segnali potrà mai
trattarsi.
<<Se fossero segnali radio noi potremmo registrarli con dei
radiotelescopi attrezzati in maniera tale da analizzare
simultaneamente fino ad un miliardo di canali radio>>, continua
Teodorani. <<Se invece fossero dei segnali laser, potremmo rilevarli
con telescopi ottici equipaggiati con particolari sensori. Il
progetto S.E.T.I. (Search for ExtraTerrestrial Intelligence), che è
in corso da anni anche nel nostro Paese e al quale anch’io ho
partecipato, ha proprio lo scopo di cercare segnali intelligenti
provenienti da pianeti al di fuori del nostro sistema solare. E’
importante sottolineare un fatto: se con le nostre tecnologie non
riusciremo a captare nulla ciò non significherà che gli
extraterrestri non esistono. Potrà voler dire che non usano le onde
radio e il laser per comunicare ma altri sistemi che ancora non
conosciamo.>>
Queste
parole ci colpiscono. Denotano quella speranza di cui ho detto
sopra, il voler credere all’esistenza di “qualcun altro” al di fuori
della terra. E Teodorani ci spiega con chiarezza disarmante cosa sta
alla base di un simile pensiero. <<Al momento siamo in grado di
stimare l’esistenza di centinaia di miliardi di galassie
nell’universo conosciuto. E un numero 1 seguito da venti zeri per
quello che riguarda il numero di possibili pianeti nell’intero
universo. Alla luce di queste cifre, è un po’ irrazionale pensare
che il nostro sia il solo pianeta abitato. Sono stati eseguiti dei
calcoli matematici in base ai quali risulta che è molto probabile
che le civiltà extraterrestri esistano. Per esempio, il
radioastronomo americano Frank Drake propose nel 1961 una formula
matematica che permette un calcolo approssimativo del numero di
civiltà intelligenti che potrebbero esistere nella nostra galassia.
Con questo calcolo, che tiene presente il numero di stelle esistenti
e tutta una complessa serie di fattori, si arriva a stime
ottimistiche dell’ordine di un milione, e a stime pessimistiche
dell’ordine di una sola civiltà esistente. Per quanto riguarda le
civiltà extraterrestri che potrebbero avere la tecnologia necessaria
per inviare messaggi nello spazio, la stima al momento più
realistica prevede che il loro numero oscilli tra 100 e 1000. Alcune
di queste civiltà extraterrestri potrebbero essere molto più
avanzate della nostra, magari anche di un milione di anni. Esse
potrebbero aver anche esplorato tutta la galassia e, valutazioni
statistiche derivate dalle cosiddette “equazioni di diffusione” ci
portano a ritenere che possano aver visitato anche il nostro pianeta
svariate volte. Tuttavia non esistono ancora prove scientifiche
concrete che ciò sia realmente avvenuto. La scienza le sta appunto
cercando.>>
Il
dottor Teodorani ci ha messo una parola in testa, come un chiodo
fisso. Ci pensiamo mentre siamo in macchina diretti verso Bologna.
La parola è “SETI”, Search for Extra Terrestrial Intelligence cioè
“ricerca di intelligenza extraterrestre”. Questo il nome di un
progetto internazionale che coinvolge anche l’Italia. Anzi proprio
vicino a Bologna, a Medicina, esiste una stazione radioastronomica,
gestita dall’Istituto Nazionale di Astrofisica, unica nel suo genere
in quanto ospita la “Croce del Nord”, uno dei radiotelescopi più
grandi del mondo, con una superficie pari a sei campi di calcio e
costituita da oltre duemila chilometri di filo metallico. La grande
antenna di Medicina serve per varie ricerche allo scopo di studiare
tanti tipi di corpi celesti. Ma anche per verificare l’esistenza di
possibili segnali radio emessi da eventuali civiltà extraterrestri.
Ed è questo l’aspetto che ci affascina e il motivo per cui abbiamo
appuntamento con l’ingegner Stelio Montebugnoli, direttore della
stazione.
La Croce del Nord spunta dalla monotona campagna emiliana come un
miraggio, una sagoma frastagliata velata dalla fischia.
Avvicinandosi, se ne colgono i contorni, qualcosa di enorme, una
parabola gigantesca e poi un’interminabile fila di archi metallici,
uno accanto all’altro a farli sembrare la spina dorsale di un immane
dinosauro. Si ha l’impressione di essere sul set di un film di
Spielberg. <<Invece è realtà ed è un vanto per il nostro Paese>>, ci
dice l’ingegner Montebugnoli. <<Lo specchio dell’antenna che
riflette le onde radio provenienti dallo spazio è fatto da un rete
di fili d’acciaio per un totale di duemila chilometri. Il risultato
è una superficie di 30 mila metri quadrati. E’ in grado di ricevere
segnali anche deboli da sorgenti poste fino a 10 miliardi di anni
luce da noi.>>
Montebugnoli ci mostra la stazione e questa ci appare come
l’alloggio per studenti molto dotati riuniti insieme per confrontare
le proprie ricerche. In qualche modo è proprio così. I ricercatori
della stazione, non molti, vivono quasi isolati, circondati dai
campi cullati dal suono del vento che attraversa i fili della grande
antenna, un lungo e continuo mormorio. <<Un’arpa gigantesca>>,
commenta l’ingegnere. <<Da queste parti il vento soffia tutto l’anno
e i fili d’acciaio dell’antenna vibrano producendo questo suono.
Cambia a seconda dell’intensità del vento, della sua direzione,
degli spostamenti dell’antenna. Una musica di sottofondo che non ci
lascia mai.>>
Entriamo subito in argomento e gli chiediamo il suo parere sugli
extraterrestri. <<Se non ci credessimo, non saremmo qui a
lavorare>>, afferma sorridendo. <<Ma crederci non basta. Il nostro
compito è agire secondo un valido valore scientifico. Questo
significa, per noi che lavoriamo qui alla Stazione, essere pronti a
captare un segnale, un messaggio, che dia evidenza della presenza di
qualcosa là fuori nello spazio. Questo messaggio deve essere diverso
da quelli naturali che vengono captati dai radiotelescopi tutti i
giorni. Deve farci capire senza ombra di dubbio che è partito da una
sorgente artificiale. La nostra idea di fondo è che se gli
extraterrestri vogliono farsi sentire da noi devono inviare un
segnale riconoscibile, tipo un tono, come ad esempio una singola
nota di pianoforte. Un segnale singolo, unico, particolare. E ci
aspettiamo anche che questo messaggio non contenga nessuna
informazione specifica perché sicuramente non saremmo in grado di
capirla. Solo ricevendo tale segnale non naturale capiremmo che
qualcosa o qualcuno di non terrestre esiste nello spazio.>>
Ci domandiamo per un attimo come sarà quel momento, cosa accadrà al
mondo intero il giorno in cui davvero un messaggio proveniente dallo
spazio, con tutte le caratteristiche che deve avere per essere
scientificamente credibile, verrà captato dagli strumenti. Per
adesso, lo scenario emozionale che possiamo immaginare è quello al
quale ci ha abituato Hollywood, quello minaccioso e catastrofico di
“Indipendence Day” e “La guerra dei mondi”, è quello pacifico e
pieno di speranza di “Incontri ravvicinati del terzo tipo”. <<Ci
sono stati risultati fino ad ora?>>, chiediamo a Montebugnoli.
<<Nulla di documentabile>>, ci risponde. <<Abbiamo captato solo
interferenze radio prodotte dall’uomo. La ricerca continua ma si
tenga presente che se non abbiamo ancora ricevuto nulla, non
significa che non esistono gli extraterrestri. Può darsi infatti che
non usino onde radio ma altri sistemi di comunicazione che noi
ancora non conosciamo. E’ necessario restare operativi, progredire
nella ricerca insieme agli altri Paesi per poi confrontare i dati e
creare una rete di “attesa del segnale” complessa ed internazionale.
E’ quello che il S.E.T.I. sta facendo da anni.>>
Proprio in occasione dell’inizio dell’Anno dell’Astronomia
dell’UNESCO, abbiamo incontrato a Parigi il professor Marcello
Fulchignoni, astrofisico italiano tra i più considerati a livello
mondiale. Siamo stati con lui un’intera mattina nell’Osservatorio
Astronomico di Meudon, alle porte della capitale francese, uno dei
più importanti centri di studi astronomici del mondo. Qui, il
professor Fulchignoni dirige un laboratorio denominato “LESIA” cioè
“Laboratoire d’Etudes Spatiales et d’Instrumentation en
Astrophysique” (Laboratorio di Studi Spaziali e di strumentazione di
astrofisica) dove si progettano e si realizzano sonde e strumenti di
ricerca usati poi nelle missioni spaziali.
<<Quella della vita in altri luoghi oltre la terra è un’ipotesi che
ormai la scienza ha accettato>>, ci dice camminando per il parco
dell’Osservatorio che un tempo era la villa del Delfino di Francia.
<<E non esiste alcun motivo per dubitarne. Mi piace pensare alla
“vita” come ad un fenomeno di campagna e non di città. In campagna
la vita è dispersa, le case sono sparse nel territorio mentre in
città si è tutti uno addosso all’altro. La stessa cosa si può dire
riguardo alla vita extraterrestre. Sicuramente esiste ma va cercata
“in campagna”, cioè più in là, oltre la “città” della nostra
galassia che ormai conosciamo bene.>>
Domandiamo a Fulchignoni se è possibile farsi un’idea di come
dovrebbe essere questa “altra vita” e la sua risposta è immediata.
<<Non è certo semplice dirlo. Però noi scienziati ci basiamo su
questo fatto: gli elementi che danno la vita devono necessariamente
essere quelli che hanno dato luogo al DNA. Tutte le forme viventi
che conosciamo si basano sul DNA e sono davvero infinite. C’è una
elasticità enorme legata a questa cosa che chiamiamo DNA e che
risponde alle diverse sollecitazioni dall’esterno. Qui sulla terra
c’è l’ambiente ideale per avere il DNA e infatti la vita si è
sviluppata in molteplici forme. Ma nessuno può dire che non sia lo
stesso in un altro posto.>>
C’è anche un altro aspetto che vogliamo prendere in considerazione.
Un singolare punto di vista sull’argomento. Cosa accade quando
“scienza” e “fede” convivono nello stesso pensiero? Quale è il
parare di uno scienziato che è anche un religioso, sulla vita
extraterrestre? Chiesa a Scienza vanno di pari passo?
Per avere risposte a queste domande, varchiamo la porte di Castel
Gandolfo a Roma, sede della celeberrima “Specola” cioè
l’Osservatorio astronomico del Vaticano. Padre Guy Consolmagno,
astronomo e gesuita, americano di Detroit, lavora alla “Specola” e
nella stazione astronomica del monte Graham, in Arizona. E’
considerato uno dei maggiori esperti mondiali di meteoriti, sui
quali ha scritto molto. Ma è anche autore di un libro che ha destato
scalpore nel quale mette in relazione la fede cattolica con la
possibilità dell’esistenza di vita extraterrestre. <<L’idea che ci
siano altre razze e altre intelligenze non è contraria al pensiero
tradizionale cristiano>>, ci dice mentre ci fa strada tra i
numerosissimi campioni di meteoriti che formano la collezione della
“Specola”, collezione unica al mondo. <<Non c’è nulla nelle Sacre
Scritture che possa confermare o contraddire la possibilità di vita
intelligente altrove nell’universo. E’ il vero motivo per cui studio
meteoriti, meteore, comete e asteroidi. Se comprendo come i pianeti
si sono formati, sono certo di potermi avvicinare a Colui che, in
ultima analisi, ne è stato responsabile. Sono un uomo di fede e so
che Dio ha creato l'universo. E la mia scienza mi dice come Egli
l'ha fatto. Attraverso l’astronomia ho imparato a conoscere meglio
Dio, a vedere come agisce. Per me, un segno sicuro della Sua
presenza è la totale soddisfazione che mi riempie quando faccio dei
progressi negli studi scientifici: che gioia quando vedo come tutto
si incastra alla perfezione! E’ una gioia non diversa da quella che
provo stando in chiesa la notte di Natale.>>
Padre Guy
prende in mano un pezzo di meteorite, una pietra grande come un
pugno che manda bizzarri riflessi metallici. <<Meteore e meteoriti
contengono composti di carbonio e acqua, le sostanze base da cui ha
avuto origine la vita sulla terra. Si tratta di un entusiasmante
campo di ricerca, proprio perché siamo ancora così incerti su come
tutto sia accaduto. Ma certamente è possibile che vi sia la vita su
altri pianeti, io ci credo veramente. Finora non abbiamo mai trovato
alcuna prova ma stiamo cercando! Inoltre, non posso pensare che Dio
sia così limitato da creare solo sulla Terra. E l’universo potrebbe
benissimo contenere altri mondi con esseri creati dallo Suo stesso
Amore. Lo stesso Tommaso d’Aquino, in fondo, parlava di “molteplici
mondi”.>>