NELLA LUCE DEL NATALE

Questo è l’ultimo numero del “Faustino” 2006. Si chiude un anno.     La parola “chiusura”, richiama vicende che finiscono, che terminano, il tempo che passa, la vita che se ne va e fa nascere nell’animo riflessioni un po’ tristi. Costringe a bilanci, e ci si accorge che le cose non si sono  svolte come avremmo sperato. Ci lasciamo alle spalle insuccessi e insoddisfazioni.

Il 2006 tramonta e si presenta il 2007 con un orizzonte grigio. Tutto è poco delineato, dalla cultura alla politica, dall’economia all’organizzazione sociale. Ci sono nazioni in guerra. Popoli che muoiono di fame e di malattie. Grande confusione ideologica sulle tematiche dei valori universali. Avvenire incerto, soprattutto per i giovani. Riflettendo,  ci si sente preoccupati. E’ lo stato d’animo della posizione contingente cui è legato l’uomo in questo mondo. Mai niente di chiaro, di sicuro, di definitivo. Ed è inevitabile che subentri un po’ di tristezza,  una punta di depressione e un vago senso di sconfitta.

Ma, per il cristiano, nel calendario, prima della fine dell’anno, si trova la festa di Natale. L’anno finisce, ma illuminato dal fulgore della vita divina che è entrata nella storia. I bilanci, anche quelli fallimentari, si colorano così di speranza. Le sconfitte diventano solo delle cicatrici che spingono al riscatto. Non finisce niente, ci dice il Natale, ma  ritorna l’opportunità di riprendere il cammino dopo una sosta riflessiva.

Il Natale, con il significato cristiano che racchiude, è una bomba atomica di energia per lo spirito. Il cristiano, con la speranza del Natale, potrebbe essere nella società un bulldozer inarrestabile. Se la storia del mondo viene vista attraverso il filtro del 25 dicembre, niente è più triste, confuso, inutile.

Con l’augurio di guardare il futuro alla luce della stella di Natale, saluto i lettori del “Faustino” e offro loro le riflessioni  del nostro collaboratore Roberto Allegri,  giornalista, scrittore e anche poeta.

Il direttore

Tony Assante

 

 

 

Tepore di attesa

 

L’han messo

in disparte al tempo dell’uva, lasciato

nell’angolo buio della legnaia

a vestir la seta dei ragni.

L’han dimenticato,

il ceppo, isolato,

lontano dai fratelli

impilati sulla catasta.

 

Non s’è fatto cenere

donando calore. Non cibo per la stufa,

non diletto per la cappa del camino.

Neppure rifugio al topo, come

i ciocchi del mucchio al muro.

Con corteccia di polvere, conta il ceppo

i giorni del freddo sognando

di diventar fuoco.

 

Non sa d’essere prescelto

a far da luce al Redentore.

 

Col Natale, ecco s’abbassa

la catasta per contrastar la neve.

Ma è il ceppo a diventare

il centro della Notte.

Posto alla fiamma importante, dura

tutte le ore e porta guida al Bambino,

tepore all’attesa. Tiene il ceppo,

rimane intatto a lungo,

orgoglioso, e sprigiona scintille,

fiero.

 

Destino che cambia

il volto e si fa sorridente.

 

Nel Natale di ogni dove

il separato si riscatta

e si fa candore,

essenza e chiarore

profumo e calore.

 

 

Fiamma di Natale

 

La fiamma del Natale,

perchè non s’accende nel cuore

degli uomini?

Non trova

erba secca di stupore, briciole

di meraviglia a nutrire il fuoco.

C’è solo il vuoto.

I cuori son di pietra

dura che non diventa brace.

 

Il segreto è percorrere

all’indietro

la strada della vita. Prendere

per mano il bimbo

che siamo stati. In ogni

luce di Natale splende

la risata di chi l’animo

l’ha puro.

 

Sono i cori dei bambini

che salvano l’umanità.

 

Allora nella notte

più santa, i rami degli abeti

scintillano e la neve

si fa diamante.

La gioia per la vita

s’alza e spicca il volo.

 

Biscotti con le ali

piume di zucchero.

Senti le note dell’inverno

tra alberi dormienti.

Apriti cuore!

E vi entra il mondo.

Vacilla la paura e cede

la disperazione.

Ad ogni Natale

si riparte da zero.

 

Roberto Allegri