|
Partecipazione di Claudio Baglioni al concerto di Gigi D'Alessio |
«Ora mi vogliono in Inghilterra e Francia»
Federico Vacalebre
Napoli.
Mario Merola e Claudio Baglioni sullo stesso palco, Lucio Dalla che torna nella «sua» piazza («non l’avevo mai vista così piena, bella, vera»), l’applausometro che incorona Alessando Siani a discapito del divo Panariello. E il coro dei duecentomila di piazza del Plebiscito che canta in coro «Non c’è vita da buttare» e «L’amore che non c’è», ma partecipa con tutt’altra intensità quando arrivano «Annarè», «Cient’anne» (naturalmente in duetto col re leone della sceneggiata), «Fotomodelle un po’ povere»)... La piedigrotta pop e glocal di Gigi D’Alessio va persino oltre le aspettative della vigilia, e poco importa che il blasonato Luca Tommasini si sia davvero sforzato poco per le coreografie e che non tutti i «friends» invitati riescano a scaldare il cuore della piazza: le presenze di Anna Falchi, Giorgio Panariello, Luciano De Crescenzo e Carlo Buccirosso (handicappato entrando in scena da una caduta) aggiungono poco o niente, ma il one man show supergeneralista e supernazionalpopolare della star neoromantica è più forte di tutto. Piaccia o meno, il potere consolatorio degli amori cantati da D’Alessio fa centro, nel backstage c’è Lapo Elkann, sponsor e fan, a fargli i complimenti; nei camerini Baglioni riflette: «Ci siamo conosciuti sul piccolo palco di una festa di piazza a Sant’Anastasia, ora ti ritrovo su questo palco-kolossal». L’insostenibile leggerezza dell’essere trova balsamo melodico nell’ugola che non rinnega le sue radici, anzi le reclama con l’orgoglio prima ricordando quel pugno di canzoni che lo resero big del contingente neomelodico, e poi sguazzando nell’oleografia di «Napule», immediatamente ripudiata con «’A città ’e Pullecenella», perla newpolitana di Claudio Mattone egualmente divisa con Dalla, Sal Da Vinci e Gigi Finizio. Dietro l’angolo c’è il rischio dell’autosantificazione, ma Simone Cristicchi («Voglio cantare come Gigi D’Alessio») e Tony Tammaro («Non chiamarmi Annarella»), come anche lo sketch di Siani, immettono salutari germi ironici nella parata di numeri clou: Baglioni, che passa da «Insieme a lei» a «Mille giorni di te e di me» e «’O surdato ’nnammurato»; il videomessaggio di Paolo Bonolis che introduce l’omaggio carosoniano di «’O sarracino»; l’ex Blue Lee Ryan che traduce in inglese «La donna che vorrei» e poi chiede al nuovo amico italiano di «scrivere qualcosa per me: l’Inghilterra ti aspetta». E non è l’unica, anche se sarà la più difficile da espugnare: Gigi l’8 sarà ad Atene, poi partirà per l’Australia, Dubai, il Kenia. E la Emi francese vorrebbe lanciarlo sul mercato d’Oltralpe, tra gli osservatori speciali del concerto partenopeo c’è un dirigente della sede parigina della multinazionale convinto più che mai delle potenzialità dell’operazione. «Tornerò in Italia a metà novembre, per lanciare ”Cuorincoro”, cd e dvd testimonianza di questa serata», racconta D’Alessio, «anche se è davvero difficile immaginare che emozioni come quelle provate venerdì possano essere catturate anche dalla più fedele delle registrazioni dal vivo. Ryan, Merola, Baglioni, il finale in quattro... Lo so che mi accusano di essere retorico, ma ogni arrivo in scena era un nuovo brivido». La soddisfazione più bella? «Quella del giorno dopo: così tante persone felici e contente, arrivate da tutta la Campania, ma anche da Torino, Venezia, Genova, la Svizzera, Bari. La piazza pulita in poche ore. nessun problema di ordine pubblico. Ma non era una città da buttare, Napoli? Non era una sfida persa, una metropoli irrecuperabile al vivere civile? I nostri censori l’avrebbero dovuta vedere come l’ho vista io, dall’alto di quel palco: bella, unita, emozionata. E noi dovremmo provare a mostrare sempre questo volto, non l’altro, che dà ragione ai nostri critici».