Se
Wagner è il mio fratellone, rustico e sempre pronto a darmi una
spallata per mettersi a giocare, Azucena è una sorella dolce e
premurosa. Con lei a fianco, mi sento sempre protetto e guidato.
E’ una femmina di pastore maremmano abruzzese, ha
otto anni. E festeggiamo tutti e due il compleanno lo stesso giorno,
il 4 maggio. Porta il nome della zingara del Trovatore
di Verdi, un omaggio alla natura nomade della sua razza e alla
dignità del suo temperamento.
Il Pastore maremmano è una razza antichissima. Pare
sia stata selezionata oltre duemila anni fa come fedele compagno dei
pastori. Per questo, il suo pelo bianchissimo. Col mantello dello
stesso colore di quello delle pecore infatti, questo cane robusto e
coraggioso si confondeva col gregge, ed era pronto a scagliarsi
contro chiunque, uomo o animale, minacciasse la proprietà sotto la
loro custodia. Visibile anche di notte, non correva il rischio di
essere scambiato per un lupo e abbattuto dai pastori. Il suo stesso
abbaiare, alto e monotono quasi ad intermittenza, è tipico di chi dà
l’allarme, di chi chiama a raccolta gli altri guardiani per fare
fronte comune contro la minaccia. E la tenacia del Maremmano è
senza paragone: se messo alle strette, può diventare molto feroce.
E’ un cane che vive in armonia con la natura. Me ne
accorgo stando con Azucena. Lei è davvero parte della campagna.
Quando passeggiamo insieme, la vedo trasformarsi passo dopo passo. A
contatto con l’erba, le pietre, i sentieri polverosi la sua
andatura si fa elastica, quasi felina. Insieme agli odori dei campi,
sembra che riesca ad avvertire anche ricordi atavici di bivacchi, di
lunghi tragitti insieme alle pecore, di fredde notti passate in
attenta sorveglianza. A tratti solleva il muso, fissa l’immenso
della valle. Chissà quali pensieri la attraversano. E quando si fa
buio infatti, Azucena diventa più vigile che mai. Dalla mia stanza,
la sento abbaiare al minimo bisbiglio. Dalla finestra vedo la sua
sagoma bianca scattare al minimo movimento sconosciuto.
Per quanto capace di dolcezze infinite, Azucena ha un
carattere spesso ruvido. Come tutti quelli della sua razza, è molto
indipendente, ha un modo di fare serio, tipico di chi lavora sodo e
non ama perdere tempo. Un comportamento che ha dato vita ad mucchio
di leggende sul Maremmano Abruzzese. Ha fama di essere un cane
mordace, nevrile, poco obbediente, selvatico e indomabile come i
lupi con cui un tempo ingaggiava furiosi combattimenti all’ultimo
sangue. La realtà è invece diversa.
Molte
persone, purtroppo, hanno il vizio di voler cambiare gli altri,
sentono il desiderio di plasmare il prossimo secondo le loro comodità.
E lo fanno anche con i cani. Queste persone non andranno mai
d’accordo con un Maremmano. Perché se si vuole un cagnone dal
pelo candido, pronto ad obbedire al minimo comando, che non si
stacchi mai dal suo padrone, che si presti a farsi accarezzare in
ogni momento, è molto meglio pensare subito ad un’altra razza. Il
Maremmano è un cane “originario”, che ha conservato intatta la
fierezza dei suoi progenitori. E’ un duro, come duro era il
mestiere a cui è stato destinato per millenni. Spesso veniva
lasciato solo ad occuparsi del gregge e perciò ha sviluppato
un’indole solitaria. Non è quindi un cane per tutti. Il rapporto
che instaura con il compagno umano è di parità: non si sentirà
mai un sottomesso. Tentare di cambiarlo è perciò inutile. Vorrebbe
dire rovinarlo oppure istigare in lui la rivolta. Va invece trattato
da amico, rispettato nei suoi momenti di apparente distacco dal
gruppo senza costringerlo a smancerie che non gli sono proprie. E’
un cane che gode della presenza dell’uomo, anche senza avere con
lui un costante contatto fisico.
Purtroppo capita che cani di questo tipo vengano tenuti rinchiusi in un
recinto, o peggio legati ad una catena e lasciati abbandonati a se
stessi per lunghi periodi. E poi, pretendendo che trattamenti del
genere non pesino sul loro carattere, vengono liberati di colpo e
messi a giocare coi bambini. Gli incidenti che capitano, e che sono
dovuti solo all’ignoranza, rimbalzano poi sui giornali con titoli
di terrore. Ma altro non fanno se non infangare il nome di un leale
compagno, duro sì ma onesto come le cose di una volta.

Foto di
Nicola ALLEGRI
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