Ecco Azucena

di Roberto Allegri

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Se Wagner è il mio fratellone, rustico e sempre pronto a darmi una spallata per mettersi a giocare, Azucena è una sorella dolce e premurosa. Con lei a fianco, mi sento sempre protetto e guidato.

   E’ una femmina di pastore maremmano abruzzese, ha otto anni. E festeggiamo tutti e due il compleanno lo stesso giorno, il 4 maggio. Porta il nome della zingara del Trovatore di Verdi, un omaggio alla natura nomade della sua razza e alla dignità del suo temperamento.

   Il Pastore maremmano è una razza antichissima. Pare sia stata selezionata oltre duemila anni fa come fedele compagno dei pastori. Per questo, il suo pelo bianchissimo. Col mantello dello stesso colore di quello delle pecore infatti, questo cane robusto e coraggioso si confondeva col gregge, ed era pronto a scagliarsi contro chiunque, uomo o animale, minacciasse la proprietà sotto la loro custodia. Visibile anche di notte, non correva il rischio di essere scambiato per un lupo e abbattuto dai pastori. Il suo stesso abbaiare, alto e monotono quasi ad intermittenza, è tipico di chi dà l’allarme, di chi chiama a raccolta gli altri guardiani per fare fronte comune contro la minaccia. E la tenacia del Maremmano è senza paragone: se messo alle strette, può diventare molto feroce.

   E’ un cane che vive in armonia con la natura. Me ne accorgo stando con Azucena. Lei è davvero parte della campagna. Quando passeggiamo insieme, la vedo trasformarsi passo dopo passo. A contatto con l’erba, le pietre, i sentieri polverosi la sua andatura si fa elastica, quasi felina. Insieme agli odori dei campi, sembra che riesca ad avvertire anche ricordi atavici di bivacchi, di lunghi tragitti insieme alle pecore, di fredde notti passate in attenta sorveglianza. A tratti solleva il muso, fissa l’immenso della valle. Chissà quali pensieri la attraversano. E quando si fa buio infatti, Azucena diventa più vigile che mai. Dalla mia stanza, la sento abbaiare al minimo bisbiglio. Dalla finestra vedo la sua sagoma bianca scattare al minimo movimento sconosciuto.

   Per quanto capace di dolcezze infinite, Azucena ha un carattere spesso ruvido. Come tutti quelli della sua razza, è molto indipendente, ha un modo di fare serio, tipico di chi lavora sodo e non ama perdere tempo. Un comportamento che ha dato vita ad mucchio di leggende sul Maremmano Abruzzese. Ha fama di essere un cane mordace, nevrile, poco obbediente, selvatico e indomabile come i lupi con cui un tempo ingaggiava furiosi combattimenti all’ultimo sangue. La realtà è invece diversa.

Molte persone, purtroppo, hanno il vizio di voler cambiare gli altri, sentono il desiderio di plasmare il prossimo secondo le loro comodità. E lo fanno anche con i cani. Queste persone non andranno mai d’accordo con un Maremmano. Perché se si vuole un cagnone dal pelo candido, pronto ad obbedire al minimo comando, che non si stacchi mai dal suo padrone, che si presti a farsi accarezzare in ogni momento, è molto meglio pensare subito ad un’altra razza. Il Maremmano è un cane “originario”, che ha conservato intatta la fierezza dei suoi progenitori. E’ un duro, come duro era il mestiere a cui è stato destinato per millenni. Spesso veniva lasciato solo ad occuparsi del gregge e perciò ha sviluppato un’indole solitaria. Non è quindi un cane per tutti. Il rapporto che instaura con il compagno umano è di parità: non si sentirà mai un sottomesso. Tentare di cambiarlo è perciò inutile. Vorrebbe dire rovinarlo oppure istigare in lui la rivolta. Va invece trattato da amico, rispettato nei suoi momenti di apparente distacco dal gruppo senza costringerlo a smancerie che non gli sono proprie. E’ un cane che gode della presenza dell’uomo, anche senza avere con lui un costante contatto fisico.

Purtroppo capita che cani di questo tipo vengano tenuti rinchiusi in un recinto, o peggio legati ad una catena e lasciati abbandonati a se stessi per lunghi periodi. E poi, pretendendo che trattamenti del genere non pesino sul loro carattere, vengono liberati di colpo e messi a giocare coi bambini. Gli incidenti che capitano, e che sono dovuti solo all’ignoranza, rimbalzano poi sui giornali con titoli di terrore. Ma altro non fanno se non infangare il nome di un leale compagno, duro sì ma onesto come le cose di una volta.

Foto di Nicola ALLEGRI