Maddalena Con Renzo Allegri nel 1968
|
|
Ed ecco il racconto che mi fece quel giorno Maddalena Carini e che io
registrai:
<<Nacqui a Bereguardo, in provincia di Pavia, nel 1917. Mi ammalai
presto, all'età di 10 anni: una pleurite seguita da una tubercolosi
ossea. Non riuscii mai a guarire; ogni anno si aggiungevano malattie
nuove a quelle che già avevo: morbo di Pott, peritonite tubercolare,
anemia perniciosa, pericardite ecc. ecc. Passavo da un professore
all'altro, da un ospedale all'altro, peggiorando continuamente. Mia madre
mi era sempre vicina e voleva che guarissi, ma io sapevo che ciò non era
possibile.
<<Dall'età di quindici anni non potei più reggermi in piedi e
camminare. Ero diventata magrissima: pesavo soltanto 30 chilogrammi.
Avevo le gambe così sottili, così magre che mia madre si vergognava che
la gente le vedesse e per renderle un poco meno sgradevoli mi fece, con
le sue mani, un paio di calze di lana molto grossa che indossavo, quando
mi tirava fuori dal letto per mettermi su una sedia o in carrozzella.
<<Mia madre diceva che voleva portarmi a Lourdes, ma c'era la
guerra e non si poteva andare. Io non ci pensavo molto. Le malattie non
mi avevano demoralizzata. Le avevo accettate come una missione di
sofferenza, per la salvezza degli uomini e le sopportavo con entusiasmo e
con fede. Offrivo tutto al Signore ed ero felice anche in mezzo a quelle
atroci sofferenze.
|
<<Mia madre mori prima della fine della guerra. Nel 1947 la mia salute
era ancora peggiorata e allora accettai di andare a Lourdes per adempiere
il desiderio che mia madre aveva sempre avuto. I medici mi concessero con
difficoltà l'autorizzazione necessaria per quel viaggio. Tornai
peggiorata tanto che i medici pronosticarono imminente la mia morte. Dopo
alcuni mesi fui dimessa dall'ospedale perché potessi attendere la fine
nella tranquillità della mia casa.
<<Allora chiesi di ritornare ancora a Lourdes. Tutti i medici si
rifiutarono di compilare il certificato di accompagnamento. Un
professore di Milano, che allora era un celebre nome nel campo della
medicina e professava apertamente idee ateistiche, mi prendeva in giro:
mi diceva che a Lourdes guarivano solo gli isterici. "Ecco, se guarissi
tu ci crederei anch'io", diceva. "Perché in te ci sono delle lesioni
organiche, i tessuti epidermici sono distrutti, alla gamba destra ti
mancano cinque centimetri di osso, ci sono ferite che non si chiuderanno
mai più: questo sì che sarebbe un miracolo".
<< Solo il dottor Antonio Bonizzi si lasciò convincere dalle mie
richieste e compilò il certificato medico necessario per il viaggio,
dicendo però che lo avrei fatto sotto la diretta responsabilità dei
parenti.
<<Partii il 9 agosto del 1948. I miei fratelli e le mie sorelle non si
sentirono di venirmi ad accompagnare, dato il mio stato di gravità, così
venne monsignor Fasani di Pavia.
<<Arrivai a Lourdes gravissima: febbre alta, vaneggiamenti, continue
crisi cardiache. Non vollero portarmi alla grotta. Ma, all'ultimo giorno,
proprio prima di partire, mi feci condurre davanti alla Madonna.
"Madonnina cara, ti ringrazio di avermi aiutata a venire qui, a
trovarti", pregai. "Ti raccomando i miei amici, i miei medici, tutti i
miei parenti".
<<All'improvviso sentii dei forti strappi al cuore, ma molto più
intensi di quelli che sentivo quando mi venivano le crisi cardiache. Mi
sono detta: "Muoio, muoio", ma subito ho sentito una gioia immensa dentro
di me, una cosa che mi rendeva leggera, una felicità da far morire, non è
proprio possibile descrivere quello che ho provato in quel momento. Mi
sono messa a pregare con più fervore raccomandando alla Madonna tutte
le persone che mi erano care; ricordo che ho detto alla Madonna: "Cambia
la testa a quei tali amici di mio fratello che non credono in Dio: bisogna convertirli". Poi l'ho salutata e sono stata portata sul piazzale
dove il vescovo passava per benedire gli ammalati.
<<Quando il vescovo con l'Ostensorio arrivò di fronte a me, sentii di
nuovo gli strappi al cuore seguiti da quella immensa felicità che
sembrava dovesse farmi morire. Mi accorsi con stupore che non sentivo più
i dolori. Ero arrivata a Lourdes con una gran pancia tutta dura e
gonfia, causata dalla peritonite tubercolare, ora la pancia era diventata
normale. Da 15 anni non potevo muovere la gamba destra o la schiena, senza
provare dolori terribili, Invece ora mi sentivo libera in tutti i
movimenti con una gran voglia di balzare in piedi. Ero guarita,
completamente guarita.
<<Cominciai a piangere di gioia e stavo per mettermi a gridare, ma poi
ho deciso di restare zitta. Mi son detta: "Se grido 'miracolo, miracolo'
e poi magari non è vero, la Madonna fa brutta figura e la gente che ha
poca fede la perde per colpa mia. E' meglio tacere e se la Madonna ha
fatto veramente un miracolo, lo si vedrà".
<<Ritornai in treno, al mio posto, ancora imbarellata. Dovevamo
pernottare sul treno perché, subito dopo la guerra, non c'era ancora la
perfetta organizzazione di oggi. Trascorsi tutta la notte tranquilla, ma
mi era venuta una gran fame che non riuscivo più a dormire. Non mangiavo
da molti mesi a causa della mia malattia. Quando vidi che l'infermiera
stava distribuendo da mangiare, le dissi: "Infermiera, ho fame". "Sì,
sì, le portiamo subito la sua acqua zuccherata", mi rispose.. "No, voglio
mangiare come gli altri", dissi io alzando la voce. L'infermiera mi venne
vicino, mi guardò con aria preoccupata come per dire: "Poverina, ormai
vaneggia, siamo prossimi alla fine". Mi passò una mano sulla
fronte
accarezzandomi e stava per allontanarsi. Non riuscii più a frenare la
gioia che avevo dentro, scoppiai in una allegra risata e gridai: "Voglio
mangiare come gli altri, ho una fame terribile".
<<Mi portarono da mangiare: divorai il primo, il secondo, la frutta.
Attorno a me giunsero, esterrefatti, medici e infermieri. Mi stavano a
guardare ammutoliti, come se si aspettassero di vedermi scoppiare da un
momento all'altro. Allora dovetti raccontare tutto. Tre medici che mi
avevano visitata il giorno prima e che conoscevano bene il mio stato di
salute, mi vollero subito rivisitare e non trovarono più nessuna traccia
delle malattie. All'anca destra avevo una fistola sempre aperta, dentro
alla quale ci stava un paio di metri di garza. Ora, la fistola era
sparita, chiusa, e la garza era tutta fuori. Un medico si inginocchiò per
terra e piangeva. Le infermiere correvano per il treno a raccontare ciò
che era accaduto. Da tutto il treno si levò un devoto canto di
ringraziamento alla Madonna che non finiva più. Arrivata a Milano, scesi
dal treno camminando da sola.
<<Il giorno dopo mia sorella con la mia piccola nipotina andò da quel
professore ateo, che era il mio medico preferito, ad annunciargli ciò che
era accaduto. Fu la mia nipotina che cominciò a dire: "Signor
professore, la zia Maddalena...". "Fatti coraggio, cara", la interruppe
il professore e le accarezzava la testina. "Ora la zia sta meglio di noi”,
continuò il professore. “La sua malattia non sarebbe mai più guarita,
meglio così: ha finito di soffrire. Anche se fosse tornata, non sarebbe
rimasta in vita che pochi giorni". "Ma la zia è tornata e sta bene",
gridò la piccola. "Come?", esclamò sbalordito il professore. "Portatemela
subito qui".
<<Andai a trovare il mio professore. Ero molto affezionata a lui e
avevo tanto pregato per la sua conversione. Quando mi vide si commosse.
Mi visitò a lungo. Poi mi chiamò vicino a sé, mi fece sedere sulle sue
ginocchia, e cominciò a scrivere. Io chiesi: "Signor professore, mi
ordina ancora delle medicine?", "No", rispose "non dobbiamo rovinare
quello che ha fatto la Madonna". Allora gli chiesi: "Professore, mi farà
il certificato da portare a Lourdes perché venga esaminato se la mia
guarigione può essere' dichiarata miracolosa?". "Sì", rispose "ti farò Il
certificato e potete pure citare il mio nome anche sui vostri giornali
cattolici". Quel professore cambiò completamente vita, divenne
credente
e fu di esempio a tutti fino alla morte.
<<Decisi di dedicare tutta la mia vita a diffondere il bene tra gli
uomini, ad aiutare tutti a trovare la verità, la fede, la speranza in Dio.
Anche quando ero ammalata avevo sempre cercato di realizzare questo
compito, ma ora che mi potevo muovere, camminare, volevo che nessuno
restasse senza il mio aiuto>>.
Così ha fatto Maddalena Carini per il resto della sua vita. Soprattutto
attraverso la sua opera “La Famiglia dell’Ave Maria”, riconosciuta dalla
Chiesa, diffusa in molte città italiane.
Renzo Allegri Torna
al Menù di Renzo Allegri
|