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Sono
milioni le persone nel mondo che, durante le principali solennità
religiose, seguono, attraverso la televisione e la radio, le
celebrazioni del Papa nella basilica di San Pietro. E sono milioni,
quindi, le persone che ascoltano e apprezzano i canti che
accompagnano quelle cerimonie, eseguiti dal coro più antico che si
conosca, la “Cappella Sistina”.
Il
nome, mitico, richiama subito alla mente quella particolare chiesa
all’interno del Vaticano, dove, da secoli, i Cardinali si radunano
per nominare un nuovo Papa. E anche i capolavori pittorici che ne
impreziosiscono le pareti, opere immortali di Botticelli, Signorelli,
Perugino, Pinturicchio, Ghirlandaio e, soprattutto, gli affreschi di
Michelangelo, in particolare il Giudizio Universale. Ma in quella
cappella è anche cresciuta la “Schola Cantorum” del Papa, quel coro
che da secoli esegue tutte le parti musicali nelle celebrazioni
liturgiche del Sommo Pontefice. Un complesso artistico unico e
prestigiosissimo. E per conoscerlo da vicino abbiamo incontrato il
direttore, monsignor Giuseppe Liberto, siciliano, maestro di musica
di alto valore, che da 12 anni è alla guida della Schola cantorum
del Papa.
<<Si
chiama “Cappella Sistina” in onore di Papa Sisto IV della Rovere,
che, subito dopo la sua elezione a Pontefice, nel 1471, se ne occupò
personalmente organizzandola in modo sistematico>>, dice monsignor
Giuseppe Liberto. <<Il nome completo è “Cappella Musicale Pontificia
Sistina”. Esisteva già molto prima di Sisto IV. Si hanno notizie che
risalgono alla fine del sesto secolo, sotto Papa Gregorio Magno, il
compilatore del canto gregoriano. Ma fu Sisto IV a darle organicità
e una sede stabile. Subito dopo la sua elezione, Papa Della Rovere
fece costruire, all’interno dei Palazzi Vaticani, una cappella,
riservata alle celebrazioni liturgiche papali. E stabilì che le
parti musicali delle celebrazioni fossero eseguite sempre e solo
dalla stessa “Schola cantorum” che prese il nome dal fondatore:
“Cappella Sistina”>>.
Sessantacinque
anni, laureato in filosofia e teologia, diplomato in composizione,
Monsignor Giuseppe Liberto è nato con la musica nel sangue e fin da
giovane ha offerto a Dio questo suo grande talento artistico
usandolo come mezzo di evangelizzazione. Subito dopo la sua
ordinazione sacerdotale, fu nominato direttore della “Schola
cantorum” della Cattedrale di Monreale in Sicilia, la sua diocesi,
dove si affermò non solo come “direttore musicale”, ma anche come
compositore e, nel 1997, Giovanni Paolo II lo volle in Vaticano,
assegnandogli il compito di Maestro Direttore della “Cappella
Musicale Pontificia Sistina”. Incarico eccezionale. Giuseppe Liberto
saliva sul podio che per un secolo era stato occupato da due
celeberrimi Maestri: Lorenzo Perosi, dal 1898 al 1956, e Domenico
Bartolucci dal 1956 al 1997. Ognuno dei due, essendo anche
straordinari compositori, ha lasciato un’eredità compositiva di
prestigio e ora quel prestigio grava sulle spalle di monsignor
Liberto.
<<L’incarico comporta realmente una grande responsabilità>>, dice il
maestro. <<Non solo perché la musica eseguita dalla “Cappella
Sistina” raggiunge oggi, grazie alla radio, alla televisione, ai CD,
ai DVD, ecc., un pubblico incalcolabile, ma soprattutto perché il
suo compito nei confronti dei credenti è del tutto particolare. La
musica della Cappella Sistina non deve mirare solo al risultato
artistico, che è certamente doveroso, trattandosi della “Schola
cantorum” del “centro” della cristianità, che vanta oltre quindici
secoli di tradizione, ma deve soprattutto aiutare chi l’ascolta a
vivere e seguire con spirito di fede le celebrazioni liturgiche del
Papa, e deve quindi diventare essa stessa preghiera. Un compito che
diventa “missione”>>.
Affabile, sorridente, gentilissimo, monsignor Liberto ci introduce
nei Palazzi Vaticani. Passiamo per ampi corridoi, sale enormi piene
di luce e affrescate da leggendari maestri della pittura.
Incontriamo guardie svizzere, monsignori, vescovi, cardinali e tutti
salutano calorosamente il maestro, che risponde con altrettanta
cordialità. Conosce tutti. Le sue parole, i suoi gesti, tutto il suo
portamento sono armoniosi, “musicali”. Dalla sua persona emana una
contagiosa energia positiva e serena.
Ci
fa entrare nella Cappella Sistina. Ci indica la cantoria, a destra
del grande affresco del “Giudizio” di Michelangelo, e dice: <<Ecco,
là è nato il coro che io ora dirigo. Sisto IV iniziò a celebrare le
funzioni liturgiche in questa cappella intorno al 1473 e proprio da
lì il coro eseguiva il suo repertorio. Sono quindi oltre cinquecento
anni che, quando i Papi celebrano tra queste mura, la musica si
sprigiona da quella cantoria>>.
Fa
aprire una porticina segreta e attraverso una scaletta ripida e
stretta, saliamo nella cantoria. Da lassù si domina l’intera
Cappella Sistina. Si vedono i capolavori dei grandi maestri da una
prospettiva unica.
Le pareti che delimitano la cantoria brulicano di firme lasciate
lungo i secoli. <<Sono quelle dei cantori>>, spiega monsignor
Liberto. <<Sapevano di far parte della storia e hanno voluto
lasciare un loro segno. Decifrando quei nomi, si potrebbero trovare
sorprese incredibili. Per esempio, uno dei cantori della “Cappella
Sistina” nel 1500 si chiamava Pier Luigi da Palestrina: proprio lui,
il più grande polifonista, autore di capolavori che ancora eseguiamo
e stupiscono il mondo. Ma anche altri celebri musicisti di quel
tempo furono cantori della “Cappella Sistina”. Per esempio, Luca
Marenzio (1553-1599), madrigalista; Cristobal Morales, (1500-1553),
il più importante compositore spagnolo di musica vocale della prima
metà del Cinquecento; Costanzo Festa (1490-1545);
Josquin de Prez (1455-1521), il più famoso compositore della scuola
franco-fiamminga e Gregorio Allegri, un presbitero romano, buon
musicista, vissuto a Roma dal 1582 al 1652, autore di un “Miserere”
a nove voci, divenuto leggendario. Talmente famoso, quel “Miserere”,
che il Papa aveva comminato la scomunica a chi ne avesse diffuso lo
spartito fuori dal Vaticano. Veniva eseguito dalla Cappella Sistina
in San Pietro durante i riti della Settimana Santa, e suscitava
emozioni fortissime. Non solo per la musica, che è abbastanza
semplice, ma anche per il luogo dell’esecuzione, il tipo di liturgia
in cui era inserito, con il Papa e i cardinali prostrati a terra; le
candele e le torce che venivano spente una ad una fino a lasciare la
Basilica al buio totale, come quel buio che era calato su
Gerusalemme alla morte di Gesù. Quel canto, eseguito con
straordinaria maestria, alternando piani e forti, rallentati,
accelerazioni improvvise e filati che sembrano lamenti, diventava
indimenticabile. Del resto, provoca ancora grandi emozioni, e lo
dimostrano le numerose incisioni che sono in commercio e che hanno
un buon mercato.
<<Nel
Cinquecento, nel Seicento, nel Settecento, molti personaggi illustri
raggiungevano Roma per assistere in San Pietro alle cerimonie della
Settimana Santa, celebrate dal papa, e per ascoltare il famoso
“Miserere” dell’Allegri, che veniva eseguito il mercoledì e il
venerdì santo. A questa consuetudine è legato un episodio molto
significativo che riguarda il giovane Wolfgang Amadeus Mozart.
<<Nel
1770, anche Mozart arrivò a Roma, accompagnato da suo padre Leopold.
Mozart aveva soltanto 14 anni, ma il suo genio musicale era già noto
in tutta Europa. Ascoltò il canto del “Miserere” il mercoledì santo
e ne riportò una impressione enorme. Rientrato in albergo,
trascrisse a memoria quanto aveva udito. Tornò in San Pietro il
venerdì e, dopo questo secondo ascolto, perfezionò quanto aveva
scritto. Aveva portato fuori dai Palazzi Vaticani lo spartito di
quel “Miserere” e per questo avrebbe dovuto incorrere nella
scomunica. Ma si racconta che il Papa, informato di quanto era
accaduto, invece di scomunicare il giovane Mozart volle premiarlo
con una prestigiosa onorificenza pontificia>>.
Di
quanti cantori è composta attualmente la “Cappella Musicale
Pontificia Sistina”?
<<Circa 55: venti cantori adulti, che sono dei professionisti,
dipendenti vaticani, e circa 35 ragazzi, i “Pueri cantores”, che
costituiscono la sezione di voci bianche. L’origine dei “Pueri
cantores” del Coro della Cappella Sistina risale al sesto secolo.
Poi, soprattutto nel Rinascimento, erano stati sostituiti dai
cantanti evirati, ma Lorenzo Perosi, all’inizio del Novecento,
riprese la consuetudine antica. I “Pueri Cantores” non erano però
membri a tutti gli effetti della Cappella, venivano utilizzati
all’occorrenza. Solo nel 1956 Domenico Bartolucci, li inglobò come
cantori fissi>>.
Come vengono preparati questi ragazzini a impegni artistici tanto
importanti?
<<Seguono un tirocinio molto severo. Frequentano una nostra scuola
interna, paritaria, dove alle materie dell’obbligo viene aggiunto lo
studio della musica. Ricevono dal Vaticano una borsa di studio
integrale, quindi hanno tutto gratis, lezioni e libri. La scuola è
ad alto livello, con insegnanti preparatissimi e i ragazzi sono
molto seguiti, anche perché ci sono solo dodici alunni per classe.
Abbiamo due classi elementari, la quarta e la quinta, e le tre
medie. Il primo anno, i ragazzini studiano solfeggio e impostazione
vocale. Poi cominciano a essere inseriti nel coro. In pratica,
diventano dei piccoli professionisti. Musicalmente sono seguiti da
monsignor Marcos Pavan, brasiliano, che è un istruttore
straordinario. È una vocazione adulta. Prima di diventare sacerdote,
era avvocato e appassionato di musica. In Brasile ha anche studiato
canto lirico e faceva parte del coro del Teatro dell’Opera di San
Paolo. A Roma era venuto per completare i suoi studi. Lo conobbi nel
1998, e mi resi conto che era un istruttore ideale per i “Pueri
cantores” della Cappella Sistina>>.
L’attività della Cappella Musicale Sistina si esaurisce nel
partecipare alle celebrazioni liturgiche del Papa?
<< No,
abbiamo anche una intensa attività concertistica in Italia e
all’estero. Negli ultimi dieci anni abbiamo effettuato tournée in
Giappone, Ungheria, Malta, Spagna, Croazia, Albania, Germania,
Montenegro, e moltissimi concerti a Roma e in varie città
italiane>>.
Lei
è anche compositore.
<<Il
direttore della Cappella Sistina ha anche il compito di comporre le
musiche per le varie celebrazioni. Come era in passato. Si
riprendono musiche del repertorio antico, ma spesso vengono scritte
appositamente. È un lavoro delicatissimo. Come ho già detto, non si
tratta di comporre musiche per un concerto o per uno spettacolo.
Queste musiche nascono per la liturgia e, nell’esecuzione, vengono
conglobate all’azione liturgica e diventano preghiera della Chiesa.
In genere, per tradizione, questo genere di musica viene chiamato
“musica sacra”. Io amo riservare quell’espressione alla musica che
ha un contenuto “genericamente” religioso. Mentre, per la musica
finalizzata alla liturgia, preferisco usare l’espressione “musica
santa”.
<<Comporre “musica santa” richiede certamente professionalità, ma
soprattutto consapevolezza di essere al servizio dell’azione orante
della Chiesa che celebra il Mistero pasquale di Cristo. La musica
deve aiutare a pregare le persone di oggi. Bisogna quindi trovare il
linguaggio giusto, che sia vivo e non arcaico.
<<Un
ottimo suggerimento per seguire questa strada, l’ho avuto anche dal
Santo Padre Benedetto XVI, che è un grande intenditore di musica.
Ogni anno offriamo al Papa, qui nella Cappella Sistina, un concerto
natalizio. Si tratta di un incontro tra il Pontefice e i componenti
della sua Cappella Musicale. Al termine del concerto, il Papa ci
rivolge sempre un discorso molto affettuoso. Un anno fa ho inserito
nel programma anche due canti natalizi tradizionali: Tu scendi
dalle stelle e Astro del ciel, da me armonizzati in una
forma un po’ moderna. Al termine del concerto, il Papa mi ha fatto i
complimenti. Quasi scusandomi, gli ho detto che, nel complesso dei
vari brani classici, avevo voluto inserire anche quei due canti
popolari. “Bene, la musica viene da lì, dal popolo”, disse il Papa.
“Però”, aggiunsi “li ho armonizzati in forma forse un po’ troppo
moderna”. E lui: “No, no, va bene così. Bisogna guardare avanti,
esprimersi con un linguaggio adatto al tempo in cui viviamo”,
indicandomi, con queste sue parole, la giusta regola che deve
osservare chi compone “musica santa” oggi”>>.
Sono
quasi dodici anni che lei dirige la “Cappella Musicale Pontificia
Sistina”: quanta musica nuova ha composto?
<<Molta. Anche perché in questi anni si sono verificati diversi
avvenimenti religiosi straordinari. Beatificazioni di figure come
Padre Pio, il Grande Giubileo del 2000, la morte di Giovanni Paolo
II, l’elezione di Benedetto XVI, ecc. Per ognuno di questi eventi
bisognava preparare canti appropriati alle varie celebrazioni>>.
Monsignor Liberto ci fa vedere i numerosi spartiti della musica da
lui composta in questi anni. Alcuni sono già stati pubblicati dalla
Libreria Editrice Vaticana, nella collana “Liturgica Poliphonia”.
Tra essi, anche la Missa Pie
Iesu Domine
composta ed eseguita per i funerali di Giovanni Paolo II. Una musica
che fu ascoltata con grande commozione dalla enorme folla presente
in Piazza San Pietro e da oltre tre miliardi di persone collegate
via radio e televisione. Suscitò vivissimo interesse anche da parte
dei critici musicali per la serenità di cui era permeata, in
perfetta sintonia con lo spirito della liturgia che si celebrava, e
con le parole che il celebrante, il cardinale Ratzinger, pronunciò
riferendosi al pontefice defunto: <<Possiamo essere sicuri che il
nostro amato Papa sta adesso alla finestra della casa del Padre, ci
vede e ci benedice>>