Quando
entro in un museo, provo un senso di strano sgomento. Avvicinando
quadri, statue, oggetti che risalgono a molti anni fa, cinquecento,
mille, duemila anni, mi sento intimorito. Li guardo, e penso a tutto
il tempo che è passato, alle generazioni di umani che sono venuti e
scomparsi dopo di essi. Più lontana è la loro origine e più grande
il fascino.
Da ragazzino sono
stato in gita scolastica al Museo Egizio di Torino e ricordo lo
stupore di fronte a quelle statue che risalgono a 2000 e più anni
prima di Cristo. Mi sembra che la statua più antica della collezione
fosse quella della principessa Redi, scolpita al tempo della III
dinastia, nel 2800 prima di Cristo. Guardavo e provavo un grande
desiderio di toccare quella statua, quasi per fare una carezza a
tanta storia.
Simili
emozioni le ho sentite anche non molto tempo fa, andando a
fotografare i fossili ittici di Bolca. Ero sceso in una cava
sotterranea con i fratelli Cerato, Massimo ed Erminio, che sono
grandi esperti di questo genere di fossili, e mentre scattavo delle
foto mi dissero che il pesce fossilizzato che tenevano nelle loro
mani aveva più di 50 milioni di anni.
La frase “50
milioni di anni” mi colpì come la scarica di un flash. Per qualche
attimo sono rimasto immobile, silenzioso, folgorato da quell’immensità
di tempo che mi stava di fronte e mi guardava impietrita.
Laggiù, in quella
cava sotterranea, c’era un grande silenzio. Le luci artificiali che
avevo acceso per le foto proiettavano ombre sinistre. I due fratelli
Cerato, con i caschi e le tute da lavoro, mi sembravano
extraterrestri venuti da un mondo sconosciuto.
Bolca
è un centro sui monti Lessini, in provincia di Verona. Un centro
molto piccolo, ma lo si trova citato in tutte le enciclopedie e in
tutti i libri di paleontologia come se fosse una grande città. E
questo perchè a Bolca si trovano i più ricchi e i più preziosi
giacimenti di fossili del mondo. Fossili di piante, di molluschi, di
rettili e soprattutto fossili di pesci vissuti, appunto, 50 milioni
di anni fa. Bolca è una specie di enorme contenitore di esseri
acquatici fossilizzati, che custodiscono i segreti della storia del
nostro pianeta. Un autentico tesoro culturale e scientifico e per
questo Bolca è stata dichiarata dall’Unesco “patrimonio
dell’umanità”.
<<Qui, in ere
lontanissime>>, dice Massimo Cerato, <<vi era il mare. L’Italia,
allora, 50 milioni di anni fa, era quasi completamente coperta dalle
acque. Bolca era un atollo
corallino con clima e vegetazione tropicali: 30 gradi di
temperatura costante, fiori dai colori stupendi, palmizi,
tartarughe, coccodrilli e pesci.
Poi,
si verificò un evento in parte ancora misterioso: eruzioni
sottomarine di piccoli vulcani che sconvolsero l'ambiente. Il mare si rtiirò, le terre
emersero, la cenere e gli strati di lava coprirono animali e piante
fossilizzandoli e conservandoli, come in una specie di ibernazione.
Gli scienziati sono interessatissimi a questi fossili perché sono
gli unici elementi, giunti fino a noi, che ci permettano di studiare
la vita di quei tempi lontani. I fossili sono stati definiti "la
storia del mondo scritta nella pietra". Bolca, che è il luogo più
ricco di pesci fossilizzati, viene chiamata "la laguna
pietrificata">>.
<<La roccia di
queste montagne>>, aggiunge Erminio <<è composta di strati calcarei
simili a pannelli, alti una quindicina di centimetri, posti uno
sopra l’altro. Ognuno di questi pannelli è il risultato di decine di
strati calcarei, perfettamente uguali, che sembrano le pagine di un
libro. In questo modo, la montagna è una specie di biblioteca
gigantesca. Noi, usando una tecnica inventata dai miei antenati,
sfogliamo le varie pagine dei libri di roccia e spesso, in esse,
troviamo bellissimi e preziosi pesci fossilizzati>>.
I fratelli Cerato
appartengono a un’antica dinastia di contadini della zona che, con
il loro lavoro e le loro intuizioni, hanno salvato un patrimonio
scientifico e culturale di incalcolabile valore.
<<Intorno
al 1550>>, racconta Massimo Cerato <<un mio “bis-bis-nonno” trovò,
per caso, nella roccia di un suo bosco, il fossile di un pesce.
Pensava a un’anomalia della pietra, ma poi ne trovò altri e cominciò
a pensare che, in un tempo assai lontano, in quel luogo ci fosse
stato il mare. Ma qui siamo su una montagna alta quasi mille metri
sull’attuale livello marino e, sentendo le sue fantasticherie, tutti
lo prendevano in giro. Egli, però, continuò a seguire le sue
fantasie, appassionò a quelle ricerche anche i figli e i nipoti. Per
alcuni secoli, i Cerato scavarono la roccia tenendo per loro stessi
i magnifici esemplari di pesci fossilizzati che trovavano, ma poi
cominciarono a interessarsi di questi fossili anche ricercatori
scientifici famosi, e allora si scoprì il grandissimo valore di
questo luogo, unico al mondo>>.
Già nel Settecento
i Cerato erano noti come “pescatori di fossili”. Lo dimostra un
prezioso documento scoperto un anno fa nella Biblioteca Civica di
Verona. Si tratta di una lettera scritta dal grande poeta tedesco
Wolfgang Goethe nel 1783. In quella lettera il poeta tedesco parla
dei fossili di Bolca. Goethe aveva, allora, una trentina d’anni,
viveva alla Corte di Weimar ed era appassionato di studi
naturalistici. Aveva sentito parlare di quei fossili e prese
contatto con uno studioso veronese per farsene mandare degli
esemplari. Nella lettera cita proprio il nome Bolca. Scrive: “le
petrificazioni del famoso monte Bolca”. E subito aggiunge: “E
per dire il vero, esse sono di gran lunga superiori in bellezza a
tutt’altro che finora di questo genere si è veduto”.
Oggi,
la famiglia Cerato è famosa. Il papà di Erminio e Massimo,
Massimiliano, che ha 80 anni, è stato nominato, per i meriti del
lavoro compiuto in questo settore, Cavaliere della Repubblica. Egli
ha anche ideato un Museo che è visitato ogni anno da migliaia di
turisti e soprattutto dalle scolaresche di mezza Italia. Ha il
volto scavato da rughe profonde, la pelle ruvida e scura, le mani
forti e callose, la schiena leggermente incurvata. <<Ho trascorso la
vita nella “pesciara”, nella cava dove si trovano i fossili dei
pesci>>, dice. <<Per tutta la mia esistenza ho scavato fossili.
D’estate sotto il sole, d’inverno con il freddo che paralizzava le
mani>>.
Ora i dolori
reumatici lo tormentano e non scende più nella “pesciara”. Ma ha una
grande esperienza in materia e spesso è consultato da celebri
professori universitari, che vengono a trovarlo anche dall’America,
dall’Australia, dal Giappone per poter parlare con lui. Lo chiamano
“professore”, “maestro”, e lui dice sorridendo: <<Ho solo la licenza
elementare>>. Ma basta guardarlo negli occhi per capire che in quel
suo fragile fisico vive uno spirito ricco di una scienza e di una
saggezza rare, che non si imparano sui libri.
