IL SANTUARIO DI
PADRE
PIO

A San
Giovanni Rotondo c’è una nuova grande chiesa. Un santuario dedicato a San
Pio da Pietrelcina. Una chiesa stupenda, meravigliosa, firmata da Renzo
Piano, il più celebre architetto italiano del nostro tempo. Un’opera
destinata a restare nella storia non solo come straordinaria costruzione,
ma anche come autentico capolavoro d’arte, che rappresenterà nei secoli la
genialità architettonica del nostro tempo.
Con
l’inaugurazione di questa chiesa, primo luglio 2004, si chiude, in un certo
senso, un ciclo dell’esistenza di Padre Pio a San Giovanni Rotondo, il ciclo
temporale, della sua permanenza in quel luogo, dal primo contatto, luglio
1916, alla dedicazione del santuario. Ma si apre il secondo grande ciclo,
quello storico, quello della testimonianza destinata a durare nei secoli:
testimonianza costituita dal santuario, dalle folle dei pellegrini, e dalle
grazie che la gente continuerà ad ottenere per intercessione del santo.
E’ interessante
vedere i cambiamenti incredibili che Padre Pio ha portato, con la sua
presenza, in questa zona del Gargano.
Il
religioso cappuccino giunse per la prima volta a San Giovanni Rotondo nel
luglio del 1916. E precisamente la sera del 28 luglio. Aveva allora 29 anni
ed era molto malato. Si trovava nel convento di Foggia, ma il caldo
opprimente che in quei giorni imperversava sulla Puglia gli toglieva le
forze. Un suo confratello, Padre Paolino, superiore nel convento di San
Giovanni Rotondo, passando per Foggia e vedendo quanto Padre Pio soffriva,
lo invitò a trascorrere qualche giorno lassù, sul Gargano. Il convento di
San Giovanni Rotondo, infatti, si trova a 600 metri sul livello del mare e
quindi, la sera, in genere, è confortato da una brezza salutare. Padre Pio
accettò l’invito e in quel conventino si trovò bene tanto che, rientrato a
Foggia, dopo la breve vacanza, inviò una lettera al Superiore provinciale
chiedendo di poter essere trasferito nel convento di San Giovanni Rotondo,
dove, per il clima mite, la sua salute, sempre cagionevole, poteva trovare
giovamento. Venne accontentato, e il 4 settembre di quell’anno ci fu il
passaggio definitivo del giovane frate in quello che sarebbe poi stato il
suo convento per tutta la vita.
San
Giovanni Rotondo era allora un paese povero, isolato per mancanza di strade
e infestato dai briganti. Il convento sorgeva a circa tre chilometri
dall’abitato, in luogo solitario e brullo, adagiato sul fianco della
montagna rocciosa. Per raggiungerlo non c’erano strade, ma un viottolo.
Pochi giorni
dopo il suo arrivo, Padre Pio scrisse ai genitori una lettera, che con il
trascorrere del tempo risultò profetica. Il Padre scrisse tra l’altro: “Dopo
un lungo viaggio sono arrivato finalmente nella mia reggia di San Giovanni
Rotondo... Sento di rimanere qui tantissimo tempo e di non allontanarmi
mai..”. Intatti, da San Giovanni Rotondo non si allontanò più, neppure da
morto.
Il
giovane Padre Pio pensava di dedicarsi, in quel luogo solitario, alla
preghiera e alla contemplazione. Ma la sua presenza venne subito notata.
Anche se era giovane, godeva fama di santità e alla domenica molte persone,
partendo da Foggia e da altre cittadine pugliesi, affrontavano il viaggio
disagevole per andare a parlare con Padre Pio.
Quando poi, nel
1919, si sparse la notizia che il fraticello aveva avuto il dono delle
stigmate, le visite della gente diventarono valanghe di devoti, folle
incontenibili, tanto da preoccupare le autorità civili, come si ricava da
documenti presso la Reale Prefettura di Capitanata di Foggia. Il luogo non
era attrezzato per ricevere tanta gente e le autorità temevano il
diffondersi di epidemie.
Iniziò così
l’avventura di San Giovanni Rotondo. Cominciarono a sorgere le prime
pensioni, poi qualche albergo. Venne allargato il convento. Nel 1925, Padre
Pio fece costruire un primo ospedale dedicato a San Francesco, che venne
però trascurato e fallì.
Il
Padre vedeva il futuro e diceva a tutti che San Giovanni Rotondo sarebbe
diventata una “cittadella della medicina”. Dopo la seconda guerra mondiale,
iniziò i lavori per la “Casa Sollievo della Sofferenza”, un ospedale per
accogliere gli ammalati con lo spirito del Vangelo. Tutti criticavano quel
progetto affermando che era una pazzia costruire un ospedale sul Gargano,
luogo lontano dalle città e privo di comunicazioni. Quell’ospedale, perciò,
era destinato al sicuro fallimento. Invece, come aveva previsto Padre Pio,
quell’ospedale continuò a crescere ed è diventato oggi una autentica
“cittadella della medicina”, essendo uno dei migliori ospedali europei,
all’avanguardia in tutti i reparti, e anche sede universitaria per le
ricerche scientifiche.
Mentre
era ancora in corso la costruzione della “Casa Sollievo della Sofferenza”,
Padre Pio pensò anche di allargare la chiesetta del convento. Il 31 gennaio
1955, iniziarono i lavori. Padre Pio continuava a ripetere al padre
Superiore di allora: “Mi raccomando, fattela grande”. Il primo luglio 1959
ci fu l’inaugurazione. Toccò a Padre Pio l’onore di tagliare il nastro ed
entrare per primo nella nuova chiesa. E rimase amareggiato. “Ma che cosa
avete fatto?”, disse con tono deluso rivolto ai confratelli: “Avete
costruito una scatola di fiammiferi”. Lui si aspettava qualche cosa di più
grande, certamente vedeva le folle che sarebbero arrivate lassù negli anni
futuri.
Dopo
la morte di Padre Pio, molti dicevano che San Giovanni Rotondo era destinato
a fallire. Infatti, subito il flusso dei pellegrini subì un tracollo. Molti
alberghi e negozi di souvenir dovettero chiudere. Ma la crisi durò meno di
un anno. Poi la gente riprese ad accorrere alla tomba del religioso, e i
pellegrini aumentavano di mese in mese. Qualche anno dopo, i confratelli di
Padre Pio si resero conto che era necessaria una nuova chiesa per accogliere
i pellegrini.
<<Subito,
fin dall’inizio, noi decidemmo di costruire una chiesa ampia, grande, come
l’aveva sempre sognata Padre Pio>>, ci dice Padre Gerardo Saldutto, dice
Padre Gerardo Saldutto, il religioso che ha seguito, come responsabile, la
costruzione del Santuario per incarico dell’Ordine dei Frati Cappuccini.
<<Volevamo una chiesa grande ma che fosse, nello stesso tempo, in sintonia
con lo spirito del nostro ordine e cioè semplice e umile. Non doveva essere
un monumento eclatante, vistoso. E Renzo Piano, da genio qual è, ci ha
perfettamente accontentati. La chiesa ha la forma umile di una conchiglia.
Vista dall’esterno, sembrerebbe addirittura piccola. Invece, è ampia ma di
un’ampiezza sostanziale, che sprigiona calore, cordialità, spiritualità, e
invita alla preghiera>>.
Più
che una semplice chiesa, si tratta di un complesso di strutture. Quello che
si vede dall’esterno, è solo una parte di ciò che è stato costruito. La
punta di un iceberg. Sotto la chiesa propriamente detta, quella che viene
anche chiamata “aula liturgica”, ci sono altre costruzioni: una cripta, che
è una seconda chiesa, la penitenzeria, l’aula delle confessioni, tre aule
per incontri, dibattiti, proiezioni, ampi servizi igienici, locali per
l’accoglienza dei pellegrini, centro informazioni eccetera. Accanto alla
grande “aula liturgica”, ci sono la Cappella dell’Eucarestia e la sacrestia,
che ha una superficie di 550 metri quadrati con capacità di accogliere
contemporaneamente 300 concelebranti
L’aula
liturgica ha una superficie di 5.700 metri e una capacita di 6.500 posti a
sedere. Ma può ospitare anche altre 2.500 persone in piedi, e si arriva
così a dieci mila presenze. Il lato d’ingresso della chiesa comunica con il
sagrato, che ha una superficie di otto mila metri quadrati, capace quindi di
contenere 40 mila persone. La parete divisoria, è costituita da una vetrata
formata da oltre 100 infissi, per un totale di 500 metri quadrati di vetro.
Quando gli infissi, che hanno un’apertura a finestre vasculanti, sono in
posizione orizzontale, permettono, a chi sta sul sagrato, la visione delle
celebrazioni che si svolgono all’interno della chiesa. Il sagrato diventa
così una specie di prolungamento dell’aula liturgica.
Per
realizzare il complesso sono occorse diedi anni di lavoro. E’ stato
necessario scavare 70.000 metri cubi di roccia. Sono stati impiegati 30.000
metri cubi di cemento e 1320 blocchi di in pietra per complessivi 900 metri
cubi. Per rispettare il verde, che padre Pio tanto amavo, intorno alla
chiesa sono stati piantati 2 mila cipressi, 500 pini, 230 querce, 30 olivi,
400 corbezzoli, 550 mirti, 23 mila lavande, 50 mila edere.
Entrando,
ci si trova di fronte a un immagine meravigliosa. La volta dell’immensa
“aula liturgica” è costituita da 22 archi in pietra, che “nascono” da un
unico pilastro, posto accanto all’altare, e si diramano nello spazio andando
poi a delimitare il perimetro dell’aula stessa. Il significato simbolico è
chiaro: l’altare è il fondamento di tutto. Il pilastro, da cui partono gli
archi, sostiene l’intera struttura portante della costruzione. E’ un
pilastro che poggia su un plinto di fondazione del diametro di 26 metri,
profondo sei, che è stato realizzato con un unica gettata in cemento armato,
durata 74 ore e che ha richiesto l’impiego di 350 autobetoniere.
L’arco
iniziale, quello che segna l’ingresso nell’aula liturgica, misura 45,80
metri, è alto metri 15.70: è il più grande arco in pietra che esista al
mondo.
L’interno della
chiesa è impreziosito da opere di altissimo valore, create da artisti di
fama mondiale: Arnaldo Pomodoro, Giuliano Vangi, Floriano Bodini, Nicola De
Maria, Domenico Palladino, Mario Rossello. L’organo, opera della “Fabbrica
artigiana Pinchi” di Foligno, è costituito da 6500 canne, 78 registri, 4
tastiere ed è alto dieci metri. E’ il più grande organo meccanico mai
costruito in Italia.
Renzo Allegri

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